Xenoblade Chronicles 2: la recensione

Monolith Software ritorna con un'opera imponente e affascinante, carica di stile, avventura, combattimenti e tante, tante emozioni. Assolutamente da non perdere!

Monolith Software è ormai entrata a far parte dell’immaginario collettivo degli amanti di Nintendo, grazie alle proprie opere memorabili. Dopo l’acquisizione negli ormai lontani anni del Wii, infatti, e un primo prodotto sperimentale in salsa action (Disaster: day of crysis), il team principale si è dedicato a poche ma incredibili produzioni per le home console della casa di Kyoto (lasciando il team secondario a progetti su portatile): Xenoblade Chronicles ha segnato l’inizio di un’epoca per Nintendo, affiancando in pianta stabile (come dimostrato dall’uscita del capitolo “X” su Wii U) l’anima JRPG a quella adventure di Zelda e a quella platform di Mario. E suona incredibile, ma è proprio questo trittico di produzioni first party a segnare il primo anno di vita di Switch: Breath of the Wild al lancio, Odyssey a inaugurare la stagione autunnale, il tutto inframmezzato dal focus multipplayer dell’estate (Mario Kart, Splatoon, Arms e Pokkén) trovano infatti la loro degna conclusione verso la fine dell’anno con Xenoblade Chronicles 2. Un anno che, ci scommettiamo, verrà ricordato molto a lungo per aver settato il successo commerciale e di critica dell’ammiraglia della grande N.

Xenoblade Chronicles 2 riprende la formula tanto cara al team di sviluppo e a noi appassionati, proponendo un classico gioco di ruolo giapponese arricchito da quelle caratteristiche di free roaming in splendide ambientazioni su vasta scala, sublime monster design, sistema di combattimento stratificato e centinaia di ore di intrattenimento. Rispetto però all’ultima incarnazione vista su Wii U, il gioco proposto per Switch tende a riabbracciare anche altri aspetti, propri del primo capitolo: un canovaccio narrativo molto più stringente e serrato, la presenza di un protagonista definito e non personalizzabile e una direzione artistica fatta di colori più vibranti. Come testimoniato anche dalla scelta di tornare a una numerazione progressiva nel titolo del gioco da parte di Monolith stessa, infatti, l’ultima esclusiva per l’ammiraglia della casa di Kyoto si pone come vero e proprio erede spirituale dell’antesignano visto su Wii; non un seguito diretto, quindi, privo perciò di legami diegetici diretti e per questo giocabile da chiunque fosse interessato, indipendentemente dall’aver avuto già esperienza con il brand. In un universo dove l’Architetto creatore della vita ha esiliato gli esseri viventi dal paradiso chiamato Elysium, posto in cima all’Albero della vita al centro del creato, il mondo è costituito da un infinito mare di nuvole, nel quale sopravvivere sarebbe impossibile. Impietosito dalla condanna fin troppo severa inflitta alle sue creature, il divino decise di mandare in loro soccorso i Titani, colossali creature dalle dimensioni gargantuesche sulle quali la vita ha potuto prosperare. Ed ecco così quindi che Alrest si compone di svariate creature immense, ciascuna abitata da diverse razze di esseri viventi in simbiosi o sfruttamento dei loro giganteschi ospiti. Sì, perché le fazioni sono separate e spesso in guerra e ciascuna basa la propria tecnologia o il proprio modo di vivere sul rapporto con i Titani stessi. Guerre e battaglie che imperano, soprattutto tramite l’utilizzo delle Gladius, delle armi viventi richiamabili dai forti di spirito evocandole da cristalli altrimenti inerti sparsi per Alrest: questi esseri, dalle forme sia antropomorfe che zoomorfe, prendono corpo anche sotto forma di strumenti di combattimento (da spade a lance, passando per asce o cannoni), ed entrano in simbiosi tramite uno scambio di etere con i proprio portatori. La loro forza è ben superiore a quella dei normali esseri umani e ciascuno deciderà se mettersi al servizio di una fazione o dell’altra, alla ricerca del proprio obiettivo

Recensione Xenoblade Chronicles 2 #LegaNerd

E’ in questo contesto che si muovono sia Rex che Pyra, anche se entrambi non sono né Gladius né Driver (portatori) comuni. Anzi, Rex in origine altro non è che un mercante, sempre alla ricerca di tesori abbandonati sul fondo del mare di nuvole per puri scopi commerciali, che suo malgrado incrocerà presto il suo percorso con quello della Aegis, la Gladius suprema dai poteri sconfinati e sul cui passato gravano misteriose ombre. Senza entrare troppo nel merito di un canovaccio narrativo che si dipana con un ottimo ritmo sin dalle prime battute, facendo impallidire sotto il profilo del racconto l’impostazione più diluita dell’episodio per Wii U, sappiate che sarà difficile non appassionarsi ai personaggi (siano compagni o avversari) che animano questo intreccio, soprattutto per via di tutti gli ovvi e palesi rimandi a misteri del passato e intuizioni sul prossimo cammino frutto di legami nascosti tra diversi elementi (siano essi personaggi, ambientazioni o eventi) che costituiscono la trama di questo splendido dipinto narrativo. La vera natura di Pyra, le sfaccettature della sua personalità, gli obiettivi presunti o reali della malvagia Torna, le reali capacità di Azurda…tutto verrà mostrato sin da subito, ma solo parzialmente, accendendo la miccia della curiosità in tutti voi, desiderosi di continuare a scavare nei meandri di questa avventura sospinti da una solidità forse mai vista nei precedenti episodi. Il tutto gestito forse a tratti con uno spirito più leggero che in passato, con uno stile a tratti anche più moderno e meno introspettivo, ma in realtà pronto a esplodere con la pienezza della profondità tipica degli sceneggiatori Monolith Software, intrisa di tematiche legate alla creazione, al rapporto con le divinità, al contrasto tra il bene individuale e quello supremo e via di paranoie pseudo-filosofiche. Questa volta, però, con l’arricchimento di una gestione nettamente più dinamica e coinvolgente, nella maggior parte dei casi, della regia in fase di cut scene, capaci in più di un’occasione di gasare il giocatore, trascinandolo al centro dell’azione con movimenti di camera, dialoghi e scelte scenografiche degne dei valori di produzione globale dell’opera. 

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