Come sappiamo, tra i suoi tanti meriti, Nintendo Switch ha quello di essersi affermata come terreno fertile per la crescita del panorama indie, grazie a una combinazione unica di accessibilità, portabilità e versatilità. Tale humus ha permesso a molti sviluppatori indipendenti di proporre esperienze audaci e sperimentali, trovando un pubblico aperto alla novità e alla creatività. Se c’è una cosa che a DeadToast Entertainment, lo sviluppatore del gioco qui recensito, non manca è la voglia di osare. Lo studio indipendente svedese si era già fatto notare nel 2019 con My Friend Pedro, un gioco in cui un uomo mascherato e guidato da una banana parlante (!) affrontava orde di nemici in acrobatiche sparatorie a rallentatore. Con uno stile visivo fuori dagli schemi, un’ironia macabra e un gameplay ispirato, DeadToast aveva già mostrato il proprio DNA: irriverenza, sperimentazione, ritmo serrato. E così, quando Shotgun Cop Man è stato annunciato, era chiaro fin da subito che non sarebbe stato un platform tradizionale, bensì che avrebbe provato a seguire il solco del suo predecessore. Il titolo già basta da solo per dipingere il tono generale dell’opera: nonsense, violenza grottesca, estetica cupa e gameplay fuori di testa. E, in effetti, il gioco non delude le aspettative, anzi, le prende a calci nel modo più stiloso possibile. La storia raccontata nel gioco è volutamente semplice, quasi pretestuosa, ma non per questo priva di una certa verve. Il nostro protagonista, un poliziotto squadrato armato fino ai denti, è sulle tracce nientemeno che di Satana. Sì, proprio lui. Perché? Poco importa. Non c’è una reale motivazione, non c’è backstory, non c’è redenzione o vendetta. Tanto, chi è che non vorrebbe prendere a mazzate Belzebù? C’è solo una missione folle: raggiungere il diavolo e sparargli addosso tutto ciò che si ha a disposizione. Il tono è volutamente sopra le righe, quasi parodistico. Satana si prende gioco del protagonista all’inizio di ogni mondo con gestacci e provocazioni, e ogni livello è un viaggio surreale in ambientazioni infernali che sembrano partorite da una mente disturbata e creativa allo stesso tempo. Non c’è dialogo, non ci sono spiegoni, ma la narrazione ambientale e l’assurdità delle situazioni bastano a costruire un mondo coerente nella sua follia. Non si gioca Shotgun Cop Man per seguire una trama lineare, ma per immergersi in un’esperienza che sembra una specie di sogno febbrile post-punk. E funziona.
Dal punto di vista del genere, ci troviamo di fronte a un platform 2D d’azione con elementi bullet hell e puzzle ambientali. Ma ridurlo a queste etichette sarebbe quasi ingiusto, perché il suo sistema di movimento lo distingue da qualsiasi altro gioco dello stesso filone. In Shotgun Cop Man non si salta: si vola usando le armi, o meglio il loro rinculo. Ogni arma utilizzata ha un rinculo che può essere sfruttato per muoversi nell’aria. La pistola consente piccoli spostamenti, il fucile a pompa dà un potente balzo, i colpi rimbalzanti permettono manovre creative. Si possono usare più colpi fino ad esaurimento delle cartucce nel tamburo (6 per la pistola, 3 per il fucile), e mixare i colpi per spostarsi nella maniera desiderata all’interno dello spazio di gioco. L’intero gioco ruota attorno a questa meccanica: il rinculo è movimento, il movimento è sopravvivenza. Ogni livello è un labirinto di trappole, nemici, laser, lame rotanti e piattaforme mobili che può essere superato solo padroneggiando le leggi della fisica e dell’inerzia. Le armi si ricaricano solo quando si è fermi a terra, costringendo a pianificare ogni colpo, ogni salto a razzo, ogni ricarica. Non si spara solo per uccidere, ma per spostarti. Questo trasforma ogni stage in un piccolo enigma dinamico, dove riflessi e ragionamento si fondono in un balletto caotico e meraviglioso. Il gameplay, quindi, è il cuore pulsante di Shotgun Cop Man, e anche il suo principale punto di forza. I livelli sono brevi, spesso completabili in meno di un minuto, ma non per questo facili. Anzi. L’alta difficoltà è parte integrante dell’esperienza: si muore spesso, si ricomincia al volo, si prova ancora. La frustrazione è mitigata dalla velocità del respawn e dalla voglia costante di migliorare. È un gioco che spinge al “retry”, come un Super Meat Boy o un Celeste, ma con un sistema di controllo che richiede un approccio completamente diverso. Le varianti introdotte di mondo in mondo mantengono alta la varietà: nuovi tipi di nemici, ostacoli mobili, sezioni a gravità inversa, ambienti che si disgregano sotto i piedi. Alcuni livelli includono boss o miniboss, ma è nella traversata pura che il gioco dà il meglio di sé. La soddisfazione di superare un quadro particolarmente ostico, dopo decine di tentativi, è tanta.
Visivamente, il gioco adotta uno stile grafico molto marcato: fondo nero assoluto, sprite squadrati e rossi, ambientazioni ridotte all’essenziale. È una scelta estetica coraggiosa e divisiva. C’è chi potrà trovare questo stile troppo minimalista, ma è innegabile quanto riesca a essere funzionale al gameplay. Tutto è chiaramente leggibile, non ci sono distrazioni, ogni elemento è immediatamente riconoscibile e distinguibile. Le animazioni sono volutamente rigide, quasi meccaniche, ma in linea con la natura bizzarra del protagonista e del mondo che lo circonda. Non si cerca la bellezza, ma la coerenza con un’estetica brutale e diretta. Shotgun Cop Man è quindi un esperimento rischioso ed innovativo. Il personaggio si muove al centro di un level design intelligente, vario e sfidante. L’accessibilità dei comandi, unita a una curva di difficoltà ben calibrata, permette a chiunque di iniziare e divertirsi, ma solo chi si impegna potrà padroneggiare davvero tutte le sue sfumature. L’umorismo grottesco, il design minimale ma riconoscibile e la coerenza estetica lo rendono un prodotto autoriale, compatto e sincero. Tuttavia, la longevità non è altissima: la campagna principale può essere completata in 3-4 ore, anche se il completismo può spingere a rigiocare più volte i livelli per ottenere il massimo punteggio. Alcuni mondi tendono a ripetere schemi già visti, e in mancanza di una narrazione più strutturata, l’interesse può calare se non si è totalmente coinvolti dal gameplay. Inoltre, il suo stile visivo e sonoro potrebbe risultare troppo cupo o monocromatico per alcuni, specialmente se giocato in sessioni lunghe.
La recensione
Shotgun Cop Man è uno di quei giochi che non cercano di piacere a tutti. Ha un’identità forte, una meccanica di base originale e una realizzazione tecnica compatta e centrata. Non sarà il platform definitivo, né il titolo indie dell’anno, ma è senza dubbio un’esperienza da provare per chi cerca qualcosa di nuovo, folle e impegnativo. DeadToast Entertainment ha confermato di avere una visione molto chiara di ciò che vuole creare: giochi indie, provocatori, stilisticamente marcati, che non si prendono troppo sul serio ma che sanno esattamente dove colpire. Letteralmente e metaforicamente.
Non amo molto i platform …ma questo Spacca! anzi Spara! 😉