Nel panorama videoludico contemporaneo, la nostalgia rappresenta una delle forze trainanti più potenti: remake, remaster, e revival in chiave indie attingono a piene mani dagli anni d’oro dell’industria. Se l’estetica a 16-bit e la pixel art hanno dominato per anni la scena del retrogaming, con un’infinità di omaggi alle epoche NES e SNES, molto più rari sono stati i richiami all’era poligonale della prima PlayStation. Eppure, per chi ha vissuto quel passaggio cruciale – tra texture grezze, nebbia atmosferica e audaci sperimentazioni tridimensionali – l’epoca PS1 rappresenta un tesoro di suggestioni, talvolta ancora inesplorato. Così, pur rimanendo una nicchia, esiste un piccolo ma devoto pubblico che continua ad alimentare l’interesse verso quell’estetica spigolosa e quei limiti tecnici divenuti oggi cifra stilistica. È in questo contesto che si inserisce un progetto come Spy Drops.
Spy Drops nasce con l’ambizione scoperta di omaggiare uno dei pilastri dell’infiltrazione videoludica: Metal Gear Solid. L’impostazione generale – dalla visuale isometrica leggermente inclinata, al tono narrativo fittamente codificato, passando per le ambientazioni industriali e l’interfaccia volutamente retrò – tradisce il desiderio di rievocare l’atmosfera e il carisma dell’opera di Kojima. Dialoghi via codec, allarmi sonori, pattugliamenti, cassette salvate: ogni elemento sembra gridare nostalgia per Shadow Moses. Tuttavia, il risultato è purtroppo un’imitazione priva di slancio creativo, che non riesce a cogliere né la tensione del gameplay né la profondità dei personaggi dell’originale. Il tentativo di replica si trasforma così in una copia sbiadita e meccanica, priva di quell’ironia tagliente e della cura maniacale che rendevano MGS un’icona. Più che un tributo, Spy Drops appare come un esercizio scolastico mal riuscito.
Laddove Metal Gear Solid bilanciava alla perfezione tensione, strategia e narrazione, Spy Drops fatica persino a costruire un loop ludico minimamente soddisfacente. Il sistema di controllo è legnoso e impreciso, penalizzato da una telecamera incerta che spesso si blocca contro pareti o si posiziona in modo tale da nascondere nemici e ostacoli. L’intelligenza artificiale è quasi inesistente: le guardie seguono pattern tanto semplici quanto incoerenti, passando da cieche marionette a sentinelle dal raggio visivo surreale, spesso reagendo a stimoli casuali o ignorando completamente la presenza del protagonista. A tutto questo si aggiungono glitch ricorrenti, con collisioni instabili, modelli che si incastrano negli elementi dello scenario e una gestione del level design che consente – involontariamente – salti di sezione e exploit che rovinano qualsiasi immersione. La frustrazione supera presto qualsiasi stimolo nostalgico, mentre l’assenza di meccaniche secondarie – come gadget, inventario articolato o approcci alternativi – riduce tutto a un’esperienza piatta, dove le buone intenzioni affondano nei limiti tecnici ed esecutivi.
Dal punto di vista tecnico, Spy Drops si presenta come un prodotto grezzo e privo di rifinitura. Il comparto visivo tenta un omaggio all’era PlayStation 1, con texture slabbrate, ambienti spogli e modelli poligonali volutamente rozzi, ma ciò che potrebbe essere una scelta stilistica si trasforma presto in un alibi per una realizzazione trascurata. Le animazioni sono rigide, ripetitive e spesso scoordinate rispetto all’azione. L’illuminazione è elementare, con ombre statiche e poca attenzione alla profondità delle scene. Su Switch il framerate risulta instabile, con frequenti cali anche nelle sezioni meno movimentate. I tempi di caricamento sono brevi, ma non compensano il senso generale di sciatteria. Non va meglio sul piano audio: musiche monotone, effetti sonori basilari e un doppiaggio amatoriale – laddove presente – peggiorano ulteriormente un quadro già fragile. L’esperienza, nel complesso, dà l’impressione di un progetto incompleto o affrettato, incapace di sfruttare anche solo in minima parte le potenzialità della console.
La recensione
Spy Drops nasce con l’ambizione di omaggiare un’epoca iconica, ma naufraga sotto il peso di una realizzazione sciatta e priva di controllo. Tra glitch, IA mal calibrata e un comparto tecnico ai limiti dell’accettabile, l’esperienza scivola rapidamente dalla nostalgia alla frustrazione. Più che un tributo, sembra una brutta copia: meglio tornare all’originale e lasciare quest’ombra nella penombra dell’eShop.
Non so perche’ ma la copertina miha ricordato ONI …. ve lo ricordate? Gran gioco.