Once upon a Katamari: la recensione

Il Principe torna a rotolare: assurdo, colorato e irresistibilmente Katamari.

C’era una volta un Katamari, e forse non poteva che iniziare così: come una fiaba cosmica in cui il Principe torna a rotolare tra stelle, epoche e ricordi, raccogliendo tutto ciò che trova sul suo cammino. Once Upon a Katamari non è solo un titolo, è una dichiarazione d’intenti: raccontare una nuova storia di assurda meraviglia nel modo più Katamari possibile. Once Upon a KATAMARI arriva come un piccolo miracolo di coerenza e buon umore: non è il ritorno che stravolge la formula, e per fortuna non lo pretende, ma è invece quello che prende il dono più fragile della serie — la sua capacità di essere simultaneamente assurda, infantile e sorprendentemente intelligente — e lo lucida, lo aggiusta e lo riporta in scena con la cura di chi sa che il punto non è riscrivere la ricetta ma renderla più fragrante. Lo sviluppatore è RENGAME, mentre l’editore è Bandai Namco che ha curato il rilancio e la comunicazione del progetto; naturalmente parliamo di un ritorno pensato per la generazione di piattaforme attuale ma senza assolutamente voler snaturarsi per somigliare a titoli ad alto budget. La serie Katamari nasce da un’idea tanto semplice quanto geniale di Keita Takahashi: una pallina appiccicosa che cresce raccogliendo tutto quel che trova al suo passaggio, e in quella semplicità si sono stipati nel tempo humor, ritmo, design sonoro e un afflato artistico che ha fatto scuola nel mondo dei giochi “strambi ma belli”.

Once Upon a Katamari segna il primo vero ritorno “inedito” della serie su console dopo una lunga pausa, e lo fa senza rinnegare nulla di ciò che l’ha resa iconica. Ritroviamo il Principe, il Re del Cosmo, i bizzarri cugini e la fisica irresistibile del rotolare, ma tutto è incorniciato da una nuova idea portante: il viaggio nel tempo. Non si tratta solo di un espediente visivo, perché ogni epoca attraversata influenza davvero il gioco — cambia gli oggetti che si possono raccogliere, le proporzioni degli ambienti e perfino il tipo di humor, trasformando ogni livello in una piccola vignetta storica in perfetto stile Katamari. Dal punto di vista del gameplay la sensazione è di familiarità immediata: chi ha amato Katamari Damacy e i suoi eredi ritroverà le stesse regole base: rotolare, ingrandire la palla appiccicando gli oggetti più disparati che incontreremo lungo il percorso, superare obiettivi di taglia o conteggio entro un determinato tempo. Per i pochi che non conoscessero il gameplay di Katamari, l’idea è semplice quanto irresistibile: si spinge una sfera appiccicosa che cresce inglobando tutto ciò che tocca, dagli oggetti minuscoli alle montagne. A pensarci bene, il Principe somiglia un po’ a uno stercoraro galattico, solo che invece di rotolare palline di fango cosmico, mette insieme pezzi di mondo con sorprendente eleganza. In ogni caso il lavoro di bilanciamento e rifinitura è evidente. Il gioco offre due schemi di controllo, con la modalità “standard” fedele all’uso congiunto dei due stick analogici e una modalità “semplice” più adatta a chi vuole entrare subito in partita senza troppi ostacoli, e questo è un dettaglio che dimostra la volontà di essere accessibile senza tradire la sfida; inoltre sono stati introdotti potenziamenti (rocket, magnet, timer che ferma il tempo brevemente) che danno momenti di “power fantasy” e spezzano la routine del raccogliere oggetti, mentre la struttura dei livelli mescola obiettivi classici con qualche missione di variazione che mantiene vivo l’interesse. La presenza di oltre cinquanta livelli distribuiti su nove epoche diverse offre una lunghezza e una varietà che funzionano come una playlist di sketch: alcuni momenti sono memorabili per creatività e scrittura di stage, altri tornano più convenzionali, ma la differenza è spesso un buon segno — significa che quando il gioco decide di provare qualcosa di particolare lo fa con risultati molto gradevoli. Novità significative sono la modalità multiplayer competitiva KatamariBall che mette fino a quattro giocatori a competere per realizzare la katamari più grande e convertirla in punti, con opzioni online e offline (si può giocare contro la CPU o contro amici in rete), e un sistema di personalizzazione, elemento che aggiunge quel pizzico di cura estetica e di rigiocabilità che forse mancava.

L’hub della nave spaziale (S.S. Prince) è un passo intelligente verso un senso di progressione più “domestico”: non è solo un menu, è un luogo dove personalizzare, ascoltare la colonna sonora, selezionare missioni e godersi piccoli intermezzi narrativi che tengono insieme il tono leggero del gioco. La grafica segue il percorso che la serie ha sempre amato: essenzialità, colori saturi, forme volutamente semplici e una resa delle texture piuttosto datata. La grafica è coerente con l’ironia del mondo di gioco e con la chiarezza visiva richiesta, tuttavia è innegabile la percezione di trovarsi di fronte a un gioco di un’altra epoca. Anche il sonoro è un protagonista: la colonna sonora è vivace, spesso con toni J-pop o contaminazioni adatte alle epoche, e alcuni motivetti rimangono in testa. Sul fronte della narrazione non aspettatevi nulla di particolarmente articolato: la storia è la classica scusa surreale della serie, il Re che combina un guaio cosmico e il Principe mandato a rimediare. Però in Once Upon a KATAMARI troviamo un espediente carino, ossia piccoli siparietti, cinematics semplici e un filo conduttore temporale che aiuta la progressione. La scrittura mantiene la vena umoristica tipica del franchise e trova qualche guizzo che funziona. Dal punto di vista della sfida, il gioco non è mai eccessivamente punitivo: c’è spazio per chi gioca in modo rilassato e per chi vuole spremere i livelli alla ricerca di percentuali e obiettivi secondari, e il mix di livelli brillanti e altri più “standard” sta a significare che la curva di difficoltà resta ben bilanciata. In fin dei conti il suo maggior pregio è anche il suo maggior difetto: Once Upon a KATAMARI non reinventa nulla, si ripresenta con una nuova veste ma offrendoci bene o male lo stesso pacchetto che conoscevamo. Rimane innegabile però la qualità delle level design e la rifinitura generale In sintesi: Once Upon a KATAMARI è il tipo di gioco che ti fa tornare a casa, accogliendoti con calore e con un bel paio di ciabatte comode. E’ un buon esempio di revival fatto con rispetto per il materiale d’origine e con una leggerezza contemporanea. Se siete fan storici troverete più di un motivo per sorridere; se siete nuovi, qui c’è il miglior biglietto da visita per capire perché la palla appiccicosa ha conquistato tanti cuori.

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La recensione

7 Il voto

Colorato, surreale e irresistibilmente sé stesso, Once Upon a Katamari porta la serie in una nuova epoca senza tradirne lo spirito. Il viaggio nel tempo aggiunge varietà e trovate geniali, mentre il gameplay conserva quella semplicità magnetica che l’ha resa unica. Tra colonna sonora brillante, umorismo demenziale e un multiplayer finalmente divertente, il gioco si conferma un ritorno felice e curato. A onor del vero va evidenziata anche una certa mancanza di novità, nonchè un comparto grafico che segna il passo. Tuttavia il piacere di rotolare rimane notevole.

Valutazione

  • Il voto 0
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