L’industria videoludica, così come quella cinematografica e letteraria, ci ha praticamente preparato ad ogni tipo di apocalisse, ma quella degli zombie sembra essere un filone non accenna a tramontare. C’è qualcosa di intrinsecamente affascinante nell’apocalisse zombi: il caos primordiale, la lotta disperata per la sopravvivenza, la possibilità di regredire a uno stato essenziale in cui contano solo i riflessi, il sangue freddo e un’arma funzionante. In questo scenario si inserisce Zombies Overloaded, titolo arcade sviluppato da Vinterm Games, piccolo studio indipendente con alle spalle alcune esperienze nel campo del mobile gaming e progetti di nicchia. Pubblicato su Nintendo Switch da Brainium, il gioco si presenta come un twin-stick shooter dal ritmo frenetico, ispirato dichiaratamente agli arcade classici ma con un’estetica e un approccio che strizzano l’occhio a produzioni leggere e dal budget contenuto. L’impostazione di Zombies Overloaded è quella di una sfida continua all’interno di ambienti chiusi, due per la precisione, chiamati “No-Escape” e “Cornered”. Lo scopo è sopravvivere il più a lungo possibile all’interno di queste stanze, respingendo ondate crescenti di non-morti con armi che appaiono casualmente (dal raggio laser al lanciafiamme) e power-up che permettono di migliorare le proprie possibilità di resistenza (super velocità, stamina e via dicendo). Ogni cinque ondate entra in scena un boss, dotato di caratteristiche proprie e di una presenza scenica più marcata, a voler variare una formula altrimenti molto semplice. L’idea alla base è chiara: un loop rapido, immediato, dove si entra e si spara, si viene travolti e si ricomincia. Una struttura che richiama inevitabilmente la grammatica di certi titoli pensati in prima battuta per il mercato mobile, e non è un caso che la sensazione generale rimandi a esperienze già viste su smartphone, sia per estetica che per design.
Il gameplay non si allontana mai da questa impostazione basilare. Non ci sono mappe da esplorare, non esiste una progressione narrativa, nessun livello da sbloccare, nessuna curva di apprendimento che suggerisca una crescita reale del giocatore. Si punta, si spara, si raccolgono le ossa (valuta in-game), si potenziano tre parametri principali — danno, velocità e salute — e si continua fino a soccombere. In alternativa, per chi cerca una variante, è presente una modalità chiamata “Pacifism Mode”, in cui non è possibile utilizzare armi e tutto si basa sull’abilità nel movimento e sulla capacità di schivare gli assalti delle orde nemiche. È un’idea che potrebbe suonare interessante, ma che nella pratica non aggiunge una reale profondità all’offerta complessiva. Si tratta più di una variante accessoria che di una modalità in grado di rinfrescare la formula. Dal punto di vista visivo, l’impressione dominante è quella di un progetto ancorato a una generazione precedente. La grafica è essenziale, con sprite bidimensionali poco rifiniti, animazioni basilari e un’interfaccia che tradisce l’origine low budget. Gli effetti speciali sono minimi, l’impatto visivo delle armi modesto e anche i boss, pur tentativi di offrire un’identità visiva distinta, faticano a lasciare il segno. Gli ambienti sono poveri di dettagli, e l’insieme tende rapidamente a diventare monotono. I modelli dei personaggi giocabili, personalizzabili tramite skin sbloccabili, non riescono a rendere l’esperienza più variegata, e finiscono con il risultare semplici aggiunte cosmetiche prive di reale valore sul piano ludico. Il ritmo serrato e la possibilità di entrare e uscire rapidamente dalle partite sono certamente in linea con il DNA arcade che il gioco rivendica, ma anche qui emergono i limiti. La varietà delle armi, pur presente, è resa meno efficace dalla casualità con cui appaiono, e dalla mancanza di un reale bilanciamento. Alcune risultano troppo potenti rispetto ad altre, e ciò può trasformare una run in una questione di fortuna più che di abilità. Il level design, limitato a due sole stanze, non propone mai variabili strutturali o sfide ambientali. Il tutto si riduce a una prova di resistenza basata su riflessi e movimenti circolari, nella speranza che l’arma apparsa sia sufficientemente efficace da reggere l’ondata successiva.
Uno degli aspetti più deboli è proprio la ripetitività. La mancanza di nuove ambientazioni, nemici o meccaniche nel corso delle partite contribuisce a far emergere ben presto una sensazione di déjà vu. In un panorama in cui gli shooter top-down abbondano e dove titoli come Nuclear Throne, Enter the Gungeon o Geometry Wars hanno definito standard elevati, Zombies Overloaded risulta un’esperienza modesta e priva di mordente. È vero che il gioco include classifiche online e achievement da sbloccare, ma questi elementi non bastano a sostenere una struttura così ridotta e ripetitiva, che manca di una reale motivazione al miglioramento o alla scoperta. L’impressione complessiva è quella di un titolo che potrebbe avere un senso solo per un pubblico molto specifico: quello che cerca un passatempo veloce, senza troppe pretese, a un prezzo contenuto. La semplicità estrema, l’assenza di tutorial elaborati o di curve di apprendimento impegnative può anche rappresentare un vantaggio per chi desidera semplicemente entrare nel vivo dell’azione senza troppi preamboli. Ma è una formula che mostra i suoi limiti nel giro di pochi minuti. L’assenza di varietà, di stimoli nuovi e di una direzione artistica riconoscibile rende l’esperienza piatta e presto dimenticabile. In definitiva, Zombies Overloaded è un titolo che fatica a distinguersi in un mercato affollato. Nonostante qualche idea potenzialmente interessante, come i boss unici o la modalità pacifista, il gioco non riesce mai a superare lo stadio di prodotto derivativo. La grafica modesta, la meccanica ripetitiva e l’assenza di contenuti realmente innovativi lo ancorano a una dimensione minore, in cui l’unico vero punto di forza resta il prezzo. Una produzione che si lascia giocare, sì, ma che difficilmente lascerà traccia. Se l’intento era offrire un’esperienza arcade frenetica e accessibile, lo scopo è stato centrato solo in parte. Mancano l’ispirazione, l’originalità e la cura che oggi persino i titoli indie più semplici sanno offrire.
La recensione
Il giudizio complessivo, tenendo conto dell’impostazione, dell’ambizione limitata e della fascia di prezzo, si colloca su una sufficienza stiracchiata. Non è un disastro, ma nemmeno un gioco che si possa consigliare senza riserve. Una piccola parentesi arcade che scivola via, come tante altre, nel mare indistinto delle produzioni minori che si accontentano di replicare formule già note.