Nel panorama odierno dell’industria videoludica, dominata da un lato da colossi che investono miliardi in produzioni mastodontiche e dall’altro da piccoli team indipendenti costretti a muoversi con budget ridottissimi, risulta sempre più preziosa la capacità di certi studi di occupare quella dimensione intermedia che, fino a una decina d’anni fa, rappresentava la linfa vitale del settore. Parliamo di team capaci non soltanto di garantire solidità produttiva, ma anche di ritagliarsi una nicchia riconoscibile, specializzandosi in generi specifici e offrendo esperienze che non hanno bisogno di stravolgere il mercato per risultare memorabili. Questo posizionamento “AA”, raro ma non estinto, ha la virtù di unire la libertà creativa e la sperimentazione tipica dell’indie con l’affidabilità tecnica e narrativa di produzioni più strutturate. Sono queste realtà a custodire la vera anima dell’industria, mantenendo vivo un equilibrio prezioso, che oggi appare quasi una rarità ma che, quando si manifesta, continua a dare frutti di grande interesse e valore.
Bloober Team nasce a Cracovia, in Polonia, in un contesto produttivo che ha visto il Paese trasformarsi in pochi anni in una delle nuove culle europee del videogioco, capace di proporre esperienze che spaziano dall’indipendente al grande mainstream. Fondato nel 2008, lo studio ha saputo definire con chiarezza il proprio ambito creativo, indirizzandosi verso un genere che lo ha reso immediatamente riconoscibile: l’horror psicologico. Dopo i primi esperimenti meno noti, la consacrazione è arrivata con Layers of Fear (2016), titolo capace di coniugare atmosfere claustrofobiche e narrazione frammentata in una forma di “horror d’autore” che ha attirato l’attenzione di critica e appassionati. A seguire, produzioni come Observer, Blair Witch e The Medium hanno confermato una ricerca costante di equilibrio tra tensione narrativa, simbolismo e una cura visiva al servizio dell’immersione. La definitiva legittimazione internazionale è giunta con la collaborazione con Konami per il remake di Silent Hill 2, operazione tanto delicata quanto attesa, che ha proiettato Bloober Team sotto i riflettori globali. Un lavoro che, pur su commissione, dimostra l’ispirazione e la profonda passione del team per l’horror, confermando una vocazione ormai consolidata a rileggere e innovare i canoni del genere.
Cronos: The New Dawn segna l’apice dell’evoluzione narrativa di Bloober Team, grazie alla libertà creativa concessa dalla propria IP originale. Il gioco è ambientato nel quartiere industriale di Nowa Huta, a Cracovia, ribattezzato “New Dawn”, progettato in epoca comunista come simbolo del progresso socialista e oggi deformato da una catastrofe soprannaturale chiamata The Change. Il protagonista, noto solo come Traveler, è un agente della misteriosa organizzazione denominata The Collective, inviato a estrarre “essenze” di individui scelti viaggiando nel tempo verso la Polonia degli anni ’80, prima che periscano nell’invasione biologica che ha trasformato gli esseri umani in mostruosi Orphans. Il titolo alterna due epoche distinte: una distopia futura in rovina e la realtà industriale del passato, trasfigurata e avvolta in un’atmosfera particolare e alienante, dove la brutalista architettura sovietica si mescola a suggestioni retrofuturistiche fatte di sci-fi materico. Il design visivo trae ispirazione da The Thing, 12 Monkeys, Dark, Resident Evil e Dead Space, conferendo al tutto un look horror corporeo e viscerale saldamente radicato nella memoria collettiva. Diversi i temi della Polonia reale — come il senso di comunità sotto oppressione comunista — che prendono forma in chiave narrativa distorta: Cronos esplora cosa accade se la solidarietà diventa una minaccia, incarnata dalla fusione fisica dei cadaveri non distrutti, trasformandosi in nemici più potenti. Lo studio trasporta volutamente dettagli di realtà in-game — come documenti, ambienti familiari e architetture riconoscibili — esattamente come aveva fatto nei passati Observer e The Medium, per aumentare il senso di immersione. Accanto al Traveler spicca poi la figura enigmatica del Warden, una presenza autoritaria che guida il protagonista dall’hub base tramite indicazioni verbali, contribuendo allo sviluppo delle trame e ai temi filosofici su identità, memoria e sopravvivenza. L’insieme arriva ad offrire intimità, geopolitica, horror e sci-fi, offrendo un’espressione matura e raffinata del terrore videoludico, argomento che ormai Bloober Team padroneggia appieno.
Ottima Recensione…Grazie per il vostro lavoro……messo nella wishlist Virtuale della Switch2 che arriera’ in un dispotico futuro 🙂
AMAZING! Grazie a te…ho cercato di restare oggettivo, evidenziando i limiti strutturali (dati dal budget, ma anche da scelte di design) e tecnici (per me è un buon gioco terze parti nextgen only al day1, ma i bug e i glitch ci sono e a volte sono fastidiosi, anche se almeno con me NON frequenti). Però è uno di quei giochi che, mentre non ci sto giocando, continua a tornarmi in mente, a farmi pensare come poter affrontare quella sezione specifica, a chiedermi quale mistero riuscirò a scoprire leggendo i documenti o procedendo nella storia…davvero davvero IMMERSIVO.
Ottimo! Grazie.