The Order of the Snake Scale: la recensione

The Order of the Snake Scale porta il survival horror investigativo su Nintendo Switch con atmosfere oscure e misteriose.

The Order of the Snake Scale debutta su Nintendo Switch dopo essere già approdato in precedenza su PC e console, e l’arrivo sulla piattaforma ibrida di Nintendo segna un’ulteriore espansione del percorso iniziato dallo studio FM Simple Games. Il titolo si presenta come un esperimento che prova ad unire suggestioni da survival horror classico a meccaniche investigative e puzzle, con l’ambizione di fondere il fascino retrò delle telecamere fisse e dei controlli rigidi con una struttura narrativa cupa e intrisa di richiami lovecraftiani. Il tutto con una sorta di aura resa dalla pixel art volutamente vecchio stile. Lo studio indipendente polacco FM Simple Games, con la collaborazione di Sons of Welder e la pubblicazione curata da Ultimate Games, si è posto l’obiettivo di riportare in auge suggestioni prese dall’universo folle di Lovecraft e atmosfere disturbanti attraverso una formula ibrida che richiama i vecchi titoli a telecamera fissa e controlli rigidi, ma cerca anche di innovare inserendo elementi di esplorazione semiaperta e passaggi da sparatutto in prima persona durante le fasi di combattimento. L’ambizione è notevole e si percepisce chiaramente, ma, come vedremo tra poco, non sempre trova una piena corrispondenza nei risultati. L’incipit narrativo vede il giocatore vestire i panni del detective Seth Vidius, incaricato di indagare su un omicidio avvenuto nella cittadina di Happy Rock, una comunità segnata da un regime autoritario e da divieti imposti che fanno da sfondo a presenze occulte e rituali segreti. La trama si muove in territori noti a chi apprezza la letteratura del perturbante: culti misteriosi, orrori che agiscono nell’ombra, tensione crescente nel rapporto tra quotidiano e inspiegabile. L’ambientazione è volutamente distopica e alternativa, costruita su scenari che evocano il mondo invisibile e il mistero, alimentando una paura primordiale legata a forze oscure che sfuggono alla comprensione razionale. Sono elementi che richiamano da vicino le suggestioni del weird e dell’horror cosmico di matrice lovecraftiana, dove l’orrore non nasce tanto da ciò che si vede, quanto dall’inesplicabile che si percepisce sullo sfondo. L’intreccio però non raggiunge mai un vero livello di profondità e rimane più cornice che sostanza, con dialoghi a volte poco incisivi e un worldbuilding che suggerisce molto più di quanto poi effettivamente sviluppi. Se da un lato questa asciuttezza narrativa rende l’avanzamento chiaro e diretto, dall’altro lascia una certa sensazione di occasione mancata.

Il gameplay rappresenta il cuore del progetto e al tempo stesso la sua parte più controversa. L’esplorazione si svolge in ambienti collegati fra loro, con enigmi che scandiscono il ritmo e richiedono attenzione e logica, risultando spesso ben costruiti e appaganti senza mai scivolare nell’ingiustizia o nell’eccessiva semplicità. L’illusione di una libertà più ampia si infrange però sul fatto che la progressione richiede quasi sempre di passare attraverso percorsi obbligati, limitando la sensazione di autonomia. I combattimenti si inseriscono in questo contesto in modo spigoloso: la scelta dei cosiddetti tank controls rende l’esperienza volutamente ancorata ai classici del genere, ma in un mercato moderno rischia di apparire più come un freno che come una virtù. La rigidità dei movimenti e le collisioni non sempre rifinite causano momenti di frustrazione, amplificati dalla possibilità che il personaggio resti bloccato in spazi stretti o angolazioni poco gestite. A questo si aggiunge una gestione del combattimento che raramente trasmette vera tensione, perché la disponibilità di risorse non crea mai un senso di urgenza e sopravvivenza autentico. Il sistema di salvataggio, legato a punti specifici e non a un salvataggio libero, spinge verso la cautela e aumenta la difficoltà percepita, ma può generare più frustrazione che coinvolgimento. Dal punto di vista tecnico e artistico, la resa su Switch evidenzia qualche luce e parecchie ombre. Le ambientazioni cercano di restituire un’atmosfera disturbante attraverso contrasti di luce e scenari oscuri, e in alcuni momenti ci riescono con discreta efficacia, soprattutto nei corridoi angusti e nelle stanze illuminate da lampade deboli. Tuttavia non mancano texture poco curate, scenari ripetitivi e modelli che denunciano limiti produttivi, con una telecamera che a volte penalizza la leggibilità visiva invece di amplificare la tensione. L’audio invece si conferma uno dei punti più convincenti, con musiche cupe e inquietanti e un buon uso degli effetti ambientali per costruire tensione. Alcuni loop musicali risultano però scollegati dagli eventi su schermo e rompono la sinergia con l’azione, mentre la calibrazione dei volumi non sempre è precisa e tende a rendere certi rumori troppo netti, quasi innaturali. Nonostante questi difetti, il comparto sonoro riesce spesso a colmare le lacune visive, restituendo un’atmosfera che, nei momenti giusti, riesce ad afferrare il giocatore.

The Order of the Snake Scale è quindi un titolo dalle molte ambizioni che si scontrano con limiti di realizzazione. La volontà di fondere puzzle e investigazione con l’horror retrò è encomiabile, e in certi frangenti emerge con efficacia, soprattutto nella costruzione degli enigmi e nell’uso del sonoro. Ma i controlli rigidi, la poca coerenza grafica, una narrazione che non osa fino in fondo e un sistema di salvataggio penalizzante ne riducono l’impatto complessivo. Ne risulta un’esperienza consigliabile a chi cerca un ritorno ai survival horror vecchio stile e sa tollerare certe spigolosità, meno indicata per chi desidera un’avventura fluida e moderna. Nel complesso il gioco mostra alcuni spunti interessanti e un’atmosfera che in certi momenti riesce a colpire, ma resta appesantito da limiti tecnici e strutturali che ne ridimensionano sensibilmente le ambizioni, lasciando la sensazione di un progetto che non riesce mai davvero a trovare una forma compiuta.

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La recensione

5.5 Il voto

In definitiva The Order of the Snake Scale resta un titolo che cerca con coraggio di distinguersi, offrendo atmosfere cupe e un’impostazione investigativa che ne definiscono la personalità, ma il risultato finale non riesce a tenere il passo con le intenzioni. Qualche intuizione interessante e momenti evocativi non bastano a compensare una struttura fragile e limiti tecnici evidenti, che lasciano la sensazione di un’esperienza più ambiziosa che riuscita. È un progetto curioso, capace a tratti di affascinare, ma che difficilmente potrà convincere davvero chi cerca un survival horror solido e rifinito.

Valutazione

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