Oggi parliamo di un gioco alquanto particolare. Indika è uno di quei giochi che non si dimenticano facilmente, non tanto per la quantità di azione o per la complessità del gameplay, quanto per l’atmosfera surreale e un pò horror che riesce a creare.

Non è il classico titolo da Switch da giocare a spizzichi: qui entriamo in una storia densa, ambientata in una Russia di fine Ottocento, dove la protagonista, una giovane monaca, si ritrova a mettere in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto. Il convento in cui vive è rigido, silenzioso, quasi opprimente, eppure il vero conflitto si svolge dentro di lei. La sua fede vacilla, e a tormentarla c’è una voce che non la lascia mai sola: quella del Diavolo, che la provoca, la sfida, e la accompagna in un viaggio che è tanto fisico quanto interiore. La trama si sviluppa come un percorso di scoperta, ma non nel senso classico. Indika lascia il convento e attraversa paesaggi innevati, villaggi desolati e chiese imponenti, incontrando personaggi che sembrano riflessi dei suoi dubbi. Il confine tra realtà e visione è sempre sfumato: alcune sequenze appaiono come sogni o ricordi, altre sembrano uscite da un racconto grottesco. Il gioco non ti dice mai chiaramente cosa è vero e cosa no, e questa ambiguità è parte del suo fascino. Il tutto poi viene raccontato tramite un tono sorprendentemente ironico: il Diavolo non è solo una presenza inquietante, ma anche sarcastica, pungente, quasi teatrale. Questo contrasto tra sacro e grottesco rende l’esperienza più leggera, senza mai banalizzarla!

Dal punto di vista del gameplay, Indika è essenziale. Non ci sono combattimenti, né sistemi complessi da padroneggiare. Si esplora, si osserva, si interagisce con l’ambiente e si risolvono piccoli enigmi ambientali che però a volte risultano piuttosto affascinanti. È un gioco che chiede attenzione più che abilità, e che premia la curiosità. Alcuni potrebbero trovarlo lento, ma è proprio questa calma e a volte ripetitività che permette alla narrazione di respirare.

Su Switch il gioco si comporta bene: i comandi sono reattivi, e anche se la resa grafica è meno brillante rispetto alle versioni per PC o console più potenti, l’atmosfera rimane intatta. La direzione artistica è uno dei punti forti. I paesaggi russi, innevati e silenziosi, trasmettono un senso di isolamento profondo. La luce è usata con intelligenza: fredda e distante nei momenti di dubbio, calda e inquietante quando le visioni prendono il sopravvento. Non è una grafica che punta al realismo, ma alla suggestione. Ogni tanto poi, ci sono delle sequenze in stile 16-bit, che appaiono come flashback o sogni, aggiungono un tocco nostalgico e straniante, perfettamente in linea con il tono del gioco anche se spiazzante ad un primo impatto.

Quello che sorprende è come Indika riesca a parlare di temi complessi quali fede, identità, libero arbitrio, senza diventare pesante. C’è una leggerezza nel modo in cui tutto viene raccontato, una specie di umorismo nero che rende il viaggio della protagonista più umano. Non è un gioco che cerca di impressionare, ma uno che vuole farti pensare. E ci riesce, anche grazie alla sua brevità: in circa cinque ore, ti lascia addosso una sensazione di inquietudine e bellezza che dura ben oltre i titoli di coda!

La recensione
Indika su Switch è un’esperienza diversa dal solito. Non è pensato per chi cerca adrenalina o sfide tecniche, ma per chi ha voglia di immergersi in una storia intensa, che mescola spiritualità, ironia e visioni surreali. È breve, ma lascia il segno. Qualche limite tecnico c’è, soprattutto nella resa visiva, ma non intacca il cuore del gioco. Sicuramente rimane un gioco originale, evocativo, e capace di farti riflettere senza mai risultare pretenzioso!










