Novel Rogue è un titolo che nasce dalla collaborazione tra Exe Create, team giapponese noto per i suoi JRPG a basso budget, e KEMCO, editore veterano del settore indie nipponico. Pubblicato il 3 luglio 2025 su Nintendo Switch e altre piattaforme, il gioco propone un’ibridazione curiosa: non è un roguelike puro, né un classico gioco di ruolo, ma un incrocio tra deckbuilder, JRPG e struttura roguelite. Un ibrido che, come tale, porta con sé tanta ambizione ma anche tanto rischio. Fin dai primi minuti si capisce che il titolo non punta all’innovazione sfrenata, ma a un compromesso accessibile tra esplorazione, strategia e progressione. L’intera avventura prende forma all’interno di una Biblioteca Antica, un hub narrativo dove il giovane apprendista Wright viene guidato da Yuisil, una strega enigmatica che preannuncia il suo congedo. La Biblioteca funge da cornice e insieme da trampolino per quattro “libri magici”, ciascuno dei quali costituisce un mondo narrativo distinto, con ambientazione, nemici e stile propri. Questi scenari vanno da regni fantasy in declino a inferni abitati da spiriti, passando per dimensioni celesti e territori contaminati. Abbiamo insomma a disposizione tutto il novero dei cliché di genere in grande spolvero. Ogni libro è strutturato come una mini-campagna con inizio, sviluppo, finali alternativi e protagonisti secondari unici, capaci di portare non solo colore alla storia, ma anche variabili meccaniche nel gameplay.
Il canovaccio narrativo principale non è particolarmente articolato né coinvolgente a dire il vero. La narrazione si sviluppa su due livelli: da un lato l’addestramento nella Biblioteca, dove Wright interagisce con Yuisil e altri NPC; dall’altro le mini-avventure nei libri, suddivise in capitoli e accompagnate da scene introduttive e boss finali. Sebbene la trama principale — Wright che cerca di potenziarsi a tal punto da poter trattenere Yuisil prima che lei se ne vada — sia piuttosto lineare e priva di profonde svolte emotive, è funzionale ad articolare le diverse linee narrative dei libri e conferisce all’insieme uno schema chiaro e coeso. Se la Biblioteca è solo un pretesto, i singoli “libri” riescono invece a stimolare curiosità, spingendo il giocatore a esplorare e rigiocare. Il tutto è raccontato con dialoghi in stile visual novel, arricchiti da ritratti in pixel art ben realizzati, che conferiscono una certa personalità ai personaggi, pur senza renderli davvero memorabili. Il gameplay è il cuore dell’esperienza e si basa su un sistema a turni fondato sulla gestione di un deck di carte da battaglia. Ogni personaggio dispone di un mazzo che si arricchisce nel corso della run, con nuove carte, potenziamenti e reliquie che influenzano passivamente la partita. Wright, il protagonista, è affiancato da comprimari diversi a seconda del libro, ognuno dotato di abilità peculiari che contribuiscono alla costruzione della strategia. Questo a dire il vero risulta piuttosto stimolante, dovendo ad ogni libro ricostruire la propria rete di relazioni e capacità in battaglia. A ogni turno si giocano carte spendendo punti azione: attacchi, difese, effetti condizionati o combo, tutto si gioca nell’equilibrio tra immediatezza e profondità. Le regole sono semplici, ma sotto la superficie si nasconde una discreta quantità di scelte interessanti, grazie alla presenza di sinergie tra carte, bonus situazionali, abilità passive e combinazioni da testare. Non raggiunge la raffinatezza di un deckbuilder purissimo come Slay the Spire, ma riesce a stimolare il ragionamento tattico e a far crescere il piacere della scoperta con ogni nuova partita.
La progressione è gestita in stile roguelite, con un sistema di ricompense persistenti che premia anche le run fallimentari. La valuta principale, l’Ink, consente di potenziare carte o sbloccare nuove reliquie tra una partita e l’altra. Le mappe dei libri sono composte da percorsi ramificati con nodi di diverso tipo: battaglie, eventi, potenziamenti, momenti narrativi. La varietà è sufficiente a mantenere vivo l’interesse, e la scelta del percorso contribuisce a definire lo stile di gioco di ogni run. Gli eventi offrono scelte con esiti incerti e spesso influenzano significativamente la sorte del gruppo. Il bilanciamento tra rischio e ricompensa, sebbene non rivoluzionario, è ben calibrato e spinge a sperimentare. La presentazione visiva del gioco è una delle sue qualità più immediate. La pixel art non è nostalgia fine a sé stessa, ma un linguaggio coerente che caratterizza con cura i personaggi e i mondi. Ogni ambientazione ha una palette distinta, ben riconoscibile, e alcune location, come il mondo infernale o le rovine desolate, riescono persino a evocare suggestioni notevoli. Le prestazioni su Nintendo Switch sono solide: caricamenti rapidi, fluidità costante e assenza di rallentamenti. Anche in modalità portatile l’esperienza risulta fluida e leggibile. Il comparto audio invece resta piuttosto neutro. Le musiche svolgono il loro compito ma non brillano per varietà o ispirazione. Le tracce tendono ad assomigliarsi, e la mancanza di temi riconoscibili indebolisce un po’ l’atmosfera, specie in un gioco che fa dell’immaginazione dei mondi uno dei suoi punti di forza.
Il sistema di progressione funziona, pur nella sua semplicità. Le nuove carte sbloccabili, la possibilità di modificare strategie e l’accesso a finali alternativi nei libri spingono a tornare più volte sullo stesso contenuto. Le variabili quotidiane e gli eventi casuali aggiungono una certa imprevedibilità, senza mai diventare caotiche. La difficoltà cresce in modo graduale, offrendo una curva di apprendimento accessibile ma non banale. Tuttavia, col passare delle ore, si inizia ad avvertire una certa ripetitività: alcune carte risultano più efficienti di altre, rendendo alcune build preferibili e altre trascurabili. Questo riduce la voglia di sperimentare a lungo termine, specialmente per chi cerca profondità strategica autentica. A questo va aggiunto che talvolta la mole di testo da leggere a schermo risulta fin troppo massiccia, eccessiva, ridondante. Anche la storia principale, inizialmente accettabile come semplice contesto, finisce per mostrare i suoi limiti. Il rapporto tra Wright e Yuisil non si sviluppa in modo significativo, e i dialoghi, pur ben scritti, non riescono a generare un vero coinvolgimento. I personaggi secondari nei libri funzionano meglio, ma restano confinati ai rispettivi episodi. È un gioco che preferisce l’ampiezza alla profondità, e questo si riflette tanto nella narrazione quanto nella costruzione del mazzo e delle sfide.
La recensione
Nel complesso, Novel Rogue è un progetto riuscito nelle sue ambizioni moderate. Non mira a ridefinire il genere, ma propone una formula accessibile, visivamente gradevole e ben strutturata. Il suo valore sta nell’equilibrio tra leggerezza e varietà, nella capacità di offrire un’esperienza coerente anche senza picchi particolari. È il tipo di gioco che si presta bene a sessioni brevi ma frequenti, ideale per spezzare la routine o accompagnare un viaggio. Più una compagnia silenziosa che un racconto indimenticabile, ma una compagnia piacevole.