Xbox Series S: Borderlands 4: la recensione

Borderlands 4: il caos, l’umorismo e la leggenda dei cacciatori di cripte tornano più esplosivi che mai.

THE OUTER WORLD – Benvenuti a un nuovo appuntamento dedicato alla nostra rubrica intitolata “The Outer World”, una finestra nuova per Switchitalia, con vista sui mondi videoludici che si espandono fuori dalle consuete e familiari mura dell’universo Nintendo. Se volete più dettagli sulla nostra iniziativa, vi rimandiamo all’articolo introduttivo con cui ve la presentiamo, sospinti dalla curiosità esplorativa tipica degli amanti dei videogiochi. Oggi torniamo nelle terre aride e mortali, popolate da personaggi fuori di testa, insomma torniamo nel mondo di Borderlands!

Poche saghe hanno saputo definire e al tempo stesso reinventare il genere looter-shooter come Borderlands. Nato nel 2009 come esperimento di Gearbox Software che mescolava la frenesia degli sparatutto in prima persona a meccaniche da gioco di ruolo e una generazione procedurale di armi quasi infinita, il brand è rapidamente diventato un fenomeno culturale. Il successo del primo capitolo ha aperto la strada a un universo narrativo che ha visto l’arrivo di Borderlands 2 nel 2012, spesso considerato il punto più alto della serie per scrittura e carisma dei personaggi, e di Borderlands: The Pre-Sequel nel 2014, un ponte ambientato tra i primi due episodi. A questi si sono aggiunti spin-off come Tales from the Borderlands, avventura episodica firmata Telltale che ha approfondito il lato più narrativo e umoristico dell’ambientazione, e il recente Tiny Tina’s Wonderlands, reinterpretazione in chiave fantasy che ha ulteriormente ampliato la fanbase. L’impatto del marchio non si è fermato al videogioco: la sua estetica inconfondibile e l’umorismo irriverente hanno ispirato anche produzioni editoriali e, soprattutto, una (non eccelsa a dire il vero) trasposizione cinematografica prodotta da Lionsgate con regia di Eli Roth, pensata per portare su grande schermo i personaggi iconici e l’azione sopra le righe di Pandora. In questo contesto, Borderlands 4 non è soltanto un nuovo capitolo, ma il proseguimento di una vera e propria saga cross-mediale.

Il ritorno di Gearbox con Borderlands 4 rappresenta una sfida complessa: dopo tutto ciò che abbiamo brevemente riassunto, era necessario riaffermare la propria identità nel panorama dei looter-shooter, ormai saturo e ricco di concorrenti agguerriti. L’approdo su Xbox Series X|S avviene con un bagaglio tecnico importante e con la promessa di rinnovare la formula senza tradire lo spirito caotico e ironico che ha reso celebre la saga. La nuova ambientazione sul pianeta Kairos è il primo segnale di un’evoluzione: un mondo aperto più ampio e stratificato, capace di fondere scenari desertici e metropoli sospese nel tempo, con un level design che incoraggia l’esplorazione verticale e sfrutta al massimo le nuove meccaniche di movimento. Su Kairos, pianeta sospeso tra deserti cristallini e città che sfidano le leggi del tempo, Borderlands 4 mette in scena una campagna volutamente non lineare, in cui le missioni principali possono essere affrontate nell’ordine preferito e convergono tutte verso la stessa minaccia: il Cronocustode, un essere enigmatico capace di piegare i flussi temporali e a capo di un Ordine fanatico deciso a impedire l’accesso alla nuova Cripta, leggendario portale di potere immenso. La sua capacità di manipolare il tempo, nonché di possedere le menti degli sventurati malcapitati, costringendoli ai gesti più estremi, diventa il motore di colpi di scena e di scenari che mutano sotto gli occhi del giocatore, con ambienti che si trasformano e linee temporali che si intrecciano. La narrazione resta fedele allo stile della saga: sopra le righe, caotica, popolata da personaggi eccentrici e dialoghi intrisi di sarcasmo e humour nero, spesso punteggiati da battute meta-videoludiche. Ritroveremo un vecchio amico come il robottino CL4P-TP, per gli amici Claptrap, mentre i quattro nuovi Cacciatori della Cripta saranno: Vex, una Sirena che incanala energia phase; Rafa, ex soldato corazzato votato all’offensiva pura; Harlowe, scienziata armata di gadget elementali e controllo del campo; e Amon, guerriero pesante e instancabile in prima linea — portano personalità, un set di abilità speciali ciascuno e dialoghi unici che si intrecciano alla trama, trasformando la storia in uno spettacolo grottesco e imprevedibile, perfettamente in sintonia con l’azione sfrenata che ha reso celebre la serie.

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Sul fronte del gameplay, la grande novità è l’ampliamento delle opzioni di mobilità. Grappling hook, arrampicate, doppi salti, planate e persino sezioni di nuoto allargano le capacità di movimento, dove i combattimenti si sviluppano su più livelli e spingono a sfruttare l’ambiente. Alcuni livelli, davvero ispirati, ci hanno ricordato in alcune dinamiche, non ultima questa dell’azione su più livelli, il mai dimenticato Doom. La possibilità di evocare il veicolo personale in quasi ogni punto della mappa accelera il ritmo, rendendo il viaggio tra le macro-aree fluido e quasi privo di tempi morti. Le armi, da sempre marchio di fabbrica, raggiungono qui una varietà quasi parossistica: migliaia di combinazioni generate proceduralmente che spaziano da fucili a impulsi gravitazionali a pistole che si trasformano in torrette autonome, tutte caratterizzate da effetti speciali spesso esilaranti. Onestamente tanta grazia nel comparto bellico a volte è quasi confusionaria, risultando difficile per il giocatore scegliere effettivamente quale pistola/fucile sia più efficace. Il comparto tecnico mostra i muscoli: il design cel-shading, di taglio talvolta quasi cartoonesco, tipico della serie risulta più definito e ricco di dettagli, con palette cromatiche che variano in base alle zone di Kairos e un uso della luce dinamica che dona profondità ai panorami. Il comparto audio accompagna con una colonna sonora elettronica che alterna momenti ambient a brani più aggressivi durante i combattimenti, mentre il doppiaggio, disponibile anche in italiano, conferma la qualità recitativa con personaggi secondari memorabili.

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