C’è una sensazione che ogni giocatore conosce bene: quella meraviglia che scatta quando un titolo riesce a trascinarti fuori dallo schermo, portandoti in un mondo “altro”, facendoti dimenticare tutto il resto. È la sensazione che nel 2007 Super Mario Galaxy ha regalato al mondo videoludico, e che, tre anni dopo, il suo seguito ha amplificato con una fantasia ancora più sfrenata. Con i suoi pianeti da esplorare saltando persino a testa in giù, Mario riusciva a far girare la testa non solo in senso figurato… dato che a me, ai tempi, regalò anche un pizzico di motion sickness insieme alla meraviglia. Oggi, ritrovare i due capitoli della saga insieme su Nintendo Switch non è solo un ritorno: è un viaggio nel cuore stesso di ciò che rende speciale Mario, e forse il platform in generale. Quando nel 2007 il primo Galaxy fece il suo debutto su Wii, l’impatto fu paragonabile a quello che Mario 64 aveva avuto poco più di dieci anni prima: una ridefinizione del concetto stesso di platform tridimensionale. Non si trattava più soltanto di correre e saltare in ambienti aperti, ma di sperimentare un’intera grammatica nuova, costruita attorno alla manipolazione della gravità e a pianeti che si piegavano e si avvolgevano intorno al giocatore. Oggi, a distanza di quasi due decenni, Nintendo ripropone questi due titoli leggendari in una raccolta unica per Switch (e Switch 2), permettendo a una nuova generazione di avventurarsi tra galassie fatte di mondi dalla gravità capovolta, pianeti dalla fisica stravagante e creature bizzarre.
Il primo Galaxy trovò il suo ambiente perfetto su Wii. L’hardware della console, seppur limitato rispetto alla concorrenza, offriva una nuova modalità che incoraggiava a ripensare il rapporto tra giocatore e gioco: il Wii Remote con la sua capacità di puntare e muoversi nello spazio. Galaxy nacque quindi come perfetta unione tra concept creativo e peculiarità della macchina che lo ospitava. Con Galaxy 2, invece, il discorso si fece più radicale. Nato inizialmente come un’espansione del primo capitolo, finì per trasformarsi in un titolo a sé stante perché le idee erano troppe per essere relegate a un semplice pacchetto aggiuntivo. Con i Galaxy, Nintendo scrisse una delle pagine più luminose della storia del videogioco, con quelli che, ancora oggi, possono essere di diritto inseriti tra i migliori platform di sempre, riconoscendone inoltre l’influenza nei giochi che hanno tentato, con alterne fortune, di catturarne lo spirito. Il primo episodio costruisce la propria identità attorno all’osservatorio di Rosalina, una figura quasi materna che, con i suoi Luma e le sue parabole cosmiche, dona all’avventura un tono inedito per la saga di Mario, più malinconico e, con più di un riferimento al Piccolo Principe. La trama, tuttavia, di base resta quella classica, con Bowser deciso a rapire la principessa Peach e a impadronirsi dell’universo intero. Super Mario Galaxy 2 invece prende quell’idea e la spoglia quasi del tutto di cornici narrative. Via l’osservatorio, sostituito da una mappa più diretta e lineare: al centro resta il puro level design, la sfida, l’inventiva continua.
A livello di gameplay sappiamo bene come coon Super Mario Galaxy, cambino le regole del gioco: la gravità diventa il fulcro attorno a cui ruota tutto il design, trasformando i livelli in pianeti sospesi, sfere minuscole o piattaforme fluttuanti che costringono il giocatore a pensare in verticale, in diagonale, talvolta persino a testa in giù. Non si tratta di un trucco estetico, ma di un’idea che cambia il linguaggio del platform: ogni salto, ogni corsa, ogni rincorsa acquista un peso nuovo perché il terreno sotto i piedi non è mai stabile, non è mai scontato, ma ti attrae in direzioni imprevedibili. Su Switch questa sensazione è rimasta intatta, anzi, in alcuni casi persino più pulita. Se il Wii faceva leva sul Wiimote per integrare comandi a movimento e puntamento, oggi i Joy-Con hanno ereditato quella funzione con un adattamento sorprendentemente naturale. Puntare per raccogliere gli Star Bit o per interagire con l’ambiente risulta immediato, e la portabilità della console dona un fascino inedito. È innegabile che, giocando in modalità portatile il sistema di puntamento tramite giroscopio può sembrare meno preciso rispetto al feeling originario, ma l’esperienza risulta tutto sommato ancora bilanciata.
La differenza tra i due titoli, in termini di struttura, è netta: Galaxy privilegia un impianto più di atmosfera, mentre Galaxy 2 è puro ritmo. Eppure, giocati oggi uno dopo l’altro su Switch, i due titoli si completano a vicenda. Entrambi però ricordano che l’essenza di Mario è da sempre la stessa: un personaggio semplice che salta e corre, immerso in un mondo che continua a reinventare quelle due azioni basilari in modi sempre nuovi. È qui che la serie Galaxy si afferma come uno dei vertici assoluti non solo del brand Nintendo, ma dell’intera storia dei platform. Passando al comparto grafico, è importante distinguere tra la potenza tecnica e la visione artistica. Nel 2007 il Wii era già una
console tecnicamente meno potente della concorrenza, eppure Galaxy riuscì a lasciare tutti a bocca aperta non perché mostrasse texture iperrealistiche o effetti complessi, ma perché offriva un universo coerente, brillante e soprattutto ricco di immaginazione. Mondi piccoli, ma vivi, ben riconoscibili.