Hitman Absolution: la recensione

L’Agente 47 ritorna su Switch in una versione rinnovata e più fluida che mai.

Hitman Absolution approda su Nintendo Switch in una versione che porta con sé tutto il peso della sua eredità, o meglio della sua lunga storia e, allo stesso tempo, cerca di reinterpretare un capitolo spesso discusso della serie di IO Interactive. Pubblicato originariamente nel 2012, Absolution segnò una deviazione significativa rispetto ai canoni più aperti, per certi aspetti da sandbox dei predecessori, un cambio di rotta che allora fece un certo scalpore, dividendo fan e critica. Il suo arrivo sulla console ibrida di Nintendo offre una nuova occasione per giudicare il gioco con occhi più contemporanei, forti dell’evoluzione successiva del franchise e della straordinaria rinascita inaugurata dalla World of Assassination Trilogy. La versione Switch, presente sugli store da poco più di una settimana, ad un prezzo di fascia intermedia, propone un porting solido, ben adattato e soprattutto arricchito da opzioni che permettono di personalizzare in profondità l’esperienza, una scelta che avvicina il titolo a esigenze moderne pur mantenendo intatto il suo carattere originario. Il porting 2025 non è sviluppato direttamente da IO Interactive, ma da Feral Interactive, lo studio specializzato che ha curato l’adattamento tecnico e l’ottimizzazione per Nintendo Switch.

Per comprendere davvero cosa rappresenti Absolution nel 2025 bisogna tornare a IO Interactive e alla fase particolare in cui si trovava lo studio al momento dello sviluppo. Provenienti da Hitman: Blood Money, considerato da molti l’apice della loro prima era creativa, gli sviluppatori cercarono di esplorare una direzione più narrativa, cinematografica e lineare, ispirandosi al linguaggio dei blockbuster d’azione. Ne derivò un titolo più controllato, più guidato e spesso più chiuso, con livelli pensati per un approccio stealth ma con meno libertà di esplorazione e di approccio lato ludico. A dispetto delle controversie, lo studio investì molto nella rifinitura grafica, nel motion capture e nella costruzione di un immaginario più cupo e personale per l’Agente 47. Questa ambivalenza tra la voglia di sperimentare e l’eredità di una formula amata, è la chiave per leggere Absolution oggi, specie nel contesto di una piattaforma come Switch che si presta a riscoprire titoli del passato con nuova prospettiva.

La storyline è quindi uno degli elementi più caratteristici di questo capitolo. Hitman Absolution adotta una struttura narrativa più densa, seguendo 47 attraverso una fuga disperata, un tradimento interno e un rapporto complesso con la giovane Victoria, fulcro emotivo dell’intera vicenda. Il tono è più noir rispetto agli altri episodi e, per la prima volta, la serie costruisce un percorso quasi di redenzione, con un protagonista meno distante, comunque enigmatico ma più coinvolto a livello personale. La trama cerca di tenere insieme missioni diversificate con un filo conduttore serrato, a tratti volutamente sopra le righe, che dà all’esperienza un ritmo da thriller cinematografico. Absolution abbraccia un’estetica fortemente cinematografica, mescolando il noir moderno a un gusto da thriller hollywoodiano alla Bourne, con un Agente 47 più braccato e umano del solito. Alcuni antagonisti sfiorano il pulp, ricordando certe caratterizzazioni sopra le righe tipiche di un immaginario tarantiniano. Nei livelli più guidati emerge un’impronta vicina allo stealth lineare alla Splinter Cell, mentre le sezioni più aperte mantengono un filo diretto con l’eredità sandbox di Blood Money. Il risultato è un ibrido stilistico coerente, a metà strada tra cinema d’azione e stealth classico.

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