Rune Factory: Guardians of Azuma: la recensione

Scegli tra due protagonisti, i cui destini sono intrecciati da forze misteriose. Usa i tesori segreti per combattere contro le varie forme di Flagello per riportare gli abitanti, e persino le divinità, alla gloria originale.

In un panorama videoludico sempre più polarizzato tra le produzioni kolossal dei big publisher e l’estro sperimentale dell’indie underground, esiste ancora un manipolo di software house e publisher capaci di mantenere viva la fiamma di quel “mid-tier” produttivo che tanto ha caratterizzato l’età d’oro degli anni 2000. Tra questi, Marvelous rappresenta un esempio raro e prezioso. Con un’identità saldamente ancorata alla tradizione giapponese e una filosofia progettuale votata all’equilibrio tra accessibilità, profondità e visione autoriale, Marvelous ha dato vita e supporto a titoli che, pur lontani dai riflettori delle superproduzioni, hanno saputo conquistarsi un pubblico fedele e trasversale. Basti pensare al successo di Sakuna: Of Rice and Ruin, dove farming e action platform si fondono in un connubio sorprendente, o alla tenace continuità delle serie Story of Seasons e Rune Factory, eredi evolute dello storico Harvest Moon. Senza dimenticare Daemon X Machina, mecha game coraggioso e stilizzato, o le numerose localizzazioni di progetti eccentrici ma di grande fascino, come quelli firmati Grasshopper Manufacture. In questo spazio di mezzo, dove il rischio e la passione ancora si abbracciano, risiede oggi una delle anime più autentiche e riconoscibili del videogioco giapponese contemporaneo.

Nata inizialmente come uno spin-off più avventuroso e dinamico della longeva serie Story of Seasons (ex Harvest Moon), Rune Factory si è progressivamente ritagliata un’identità autonoma, fino a diventare una delle proprietà intellettuali più solide e riconoscibili del catalogo Marvelous. L’idea alla base era semplice ma vincente: coniugare la rilassata routine da farming sim alla Story of Seasons con meccaniche da action RPG in tempo reale, arricchite da dungeon, combattimenti e progressione del personaggio. Il primo capitolo su Nintendo DS aprì la strada a una formula che avrebbe trovato maggiore maturità con Rune Factory 3, capace di raffinare gameplay e narrazione, per poi evolvere ulteriormente con Rune Factory Frontier su Wii e Tides of Destiny su PS3/Wii. Il vero punto di svolta commerciale arrivò però con Rune Factory 4 su 3DS, uno dei titoli più amati e longevi della console, che consolidò la fanbase grazie a una scrittura brillante e un bilanciamento finalmente centrato. Con il successivo Rune Factory 5 su Switch, la serie ha affrontato il salto al 3D completo, pur tra alti e bassi tecnici, confermando però il suo ruolo di pilastro nel portfolio Marvelous, da sempre fortemente legato all’ecosistema Nintendo.

Rune Factory: Guardians of Azuma segna un punto di rottura e al contempo un’evoluzione naturale per la serie, distinguendosi nettamente dai predecessori grazie a un world building completamente rinnovato. Ambientato nella misteriosa regione di Azuma, un territorio inedito ispirato al folklore e all’estetica del Giappone feudale, il gioco introduce una cornice narrativa più coesa e drammatica. Azuma è un mondo ferito, dove la vita è stata corrotta dal Blight, un’infestazione oscura che ha prosciugato l’energia della terra e interrotto l’equilibrio naturale. Il protagonista – o la protagonista, a seconda della scelta tra Subaru e Kaguya – è un Earth Dancer, figura sacra in grado di usare le Mystic Treasures e danze rituali per purificare l’ambiente e contrastare l’avanzata del Blight. Il fulcro del gioco è il villaggio centrale di Tsukuyomi, che funge da hub per l’esplorazione, la coltivazione e le relazioni sociali, e che si espande con il progredire della narrazione. Qui si incrociano personaggi dalle identità ben marcate, ciascuno con background e motivazioni che si intrecciano alle vicende principali. L’elemento mitologico è rafforzato dalla presenza delle Divine Beasts, entità ancestrali da risvegliare e riportare in armonia con l’ecosistema. Il tono narrativo è più solenne rispetto al passato, pur senza rinunciare al calore tipico delle interazioni quotidiane e all’immancabile componente romantica.

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