Monument Valley 3: la recensione

Guida Noor, un'apprendista guardiana della luce, attraverso monumenti impossibili, paesaggi mutevoli e tranquilli paesaggi marini per scoprire la Luce Sacra e salvare la sua casa.

Negli ultimi anni il panorama indie ha saputo dimostrare una varietà espressiva sorprendente, contribuendo in modo decisivo al rilancio di generi e formati che sembravano ormai relegati al passato. Dall’inarrestabile ondata di metroidvania e farming simulator fino al ritorno in auge di estetiche come la pixel art e il minimalismo geometrico, i piccoli studi hanno ridisegnato le priorità produttive dell’industria, ponendo enfasi su identità, atmosfere e qualità ludica più che sulla spettacolarità tecnica. Tra questi generi riscoperti, il puzzle ha trovato nuova linfa proprio grazie alla scena indipendente, che ne ha reinterpretato le logiche con una sensibilità artistica inedita. Se il passaggio dalle console portatili al mercato mobile ne aveva messo a rischio la sopravvivenza, oggi l’esperienza puzzle vive una nuova giovinezza, con titoli che brillano anche su device dedicati come Nintendo Switch, valorizzando al meglio interazione tattile, portabilità e contemplazione.

La serie Monument Valley rappresenta uno degli esempi più fulgidi di come il mondo mobile e quello indie possano fondersi per dare vita a opere dal forte impatto estetico ed emotivo. Nata nel 2014 da un’idea dello studio britannico ustwo games, la serie ha fin da subito catturato l’attenzione del pubblico e della critica grazie a una direzione artistica ispirata all’arte impossibile di Escher e a un gameplay puzzle basato sulla manipolazione della prospettiva. Il successo del primo titolo è stato tanto dirompente quanto inaspettato, guadagnandosi premi prestigiosi come un Apple Design Award e il riconoscimento come uno dei migliori giochi mobile di sempre. Il seguito, Monument Valley 2, ha saputo espandere quell’universo surreale, inserendo elementi narrativi più marcati senza rinunciare alla delicatezza e all’eleganza formale. Con il lancio del terzo episodio, per la prima volta disponibile in esclusiva console temporale su Nintendo Switch, la serie approda su una piattaforma dove può esprimere tutto il suo potenziale. Lontano dalle logiche del tripla A, Monument Valley 3 si presenta come un’esperienza contemplativa, accessibile, stilizzata e profonda, perfettamente compatibile con la natura ibrida della console Nintendo, che ne favorisce la fruizione sia in modalità portatile che domestica, in sessioni brevi o più estese.

Monument Valley 3 riprende e rinnova l’estetica onirica e geometrica che ha reso celebre la serie, portando il giocatore in un nuovo viaggio tra architetture impossibili, colori pastello e ambientazioni sospese tra sogno e simbolismo. Questa volta seguiamo Ro, una giovane apprendista alla ricerca di sé e del proprio ruolo nel mondo, guidata da una figura materna saggia e misteriosa. La cornice narrativa è volutamente minima ma evocativa, costruita più per suggestioni visive e sonore che per una narrazione tradizionale. Il world building mantiene le linee guida ispirate all’arte marocchina e islamica già viste nei capitoli precedenti, con mosaici intricati, minareti fluttuanti e strutture che si piegano alle leggi della percezione. La grande novità arriva con le sessioni ambientate in ambienti acquatici, che introducono nuove dinamiche di spostamento, riflessione e interazione. Il risultato è un ampliamento naturale e armonioso della formula, che continua a far convivere rigore geometrico e poesia visiva.

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