Nel panorama del gioco di ruolo occidentale contemporaneo, Larian Studios rappresenta ormai una realtà cardine, capace di passare nel giro di pochi anni da studio indipendente europeo di nicchia a vero e proprio punto di riferimento globale per il genere. Un percorso costruito con coerenza e ambizione, che trova in Divinity: Original Sin e soprattutto in Divinity: Original Sin 2 le sue fondamenta creative e progettuali: titoli che hanno saputo reinterpretare il cRPG classico in chiave moderna, puntando su libertà sistemica, scrittura reattiva e un approccio sandbox allora raramente visto a questi livelli. Il successo planetario di Baldur’s Gate 3 non ha fatto che sancire definitivamente il valore del team guidato da Swen Vincke, rendendo ogni riproposizione del catalogo Larian un’operazione dal forte peso simbolico. In questo senso, l’arrivo di Divinity: Original Sin 2 su Nintendo Switch 2 assume il ruolo di ponte ideale: da un lato consolida la presenza del genere cRPG sull’ecosistema Nintendo, dall’altro alimenta la speranza concreta di vedere, prima o poi, anche Baldur’s Gate 3 approdare sulla nuova piattaforma.
All’interno del panorama dei cRPG, Divinity: Original Sin 2 occupa una posizione di assoluto rilievo, rappresentando uno dei punti di sintesi più riusciti tra l’eredità dei grandi classici anni ’90 e una sensibilità moderna orientata alla libertà del giocatore. Il titolo Larian riprende la tradizione di Baldur’s Gate, Planescape: Torment e Fallout isometrico, ma la rilegge attraverso sistemi profondamente interconnessi, dove combattimento a turni, interazioni ambientali e scelte narrative concorrono a definire un’esperienza fortemente emergente. Il cuore del gioco non è solo nella scrittura o nella costruzione del mondo, ma nella possibilità di risolvere situazioni e conflitti in modi sempre diversi, sfruttando elementi, status alterati e abilità in combinazioni spesso imprevedibili. In questo senso, Divinity: Original Sin 2 ha avuto un ruolo fondamentale nel rilancio del genere, dimostrando come il cRPG potesse tornare centrale anche su piattaforme console, senza rinunciare alla sua complessità. Una lezione che Larian porterà poi all’estremo con Baldur’s Gate 3, ma che trova proprio in questo capitolo la sua forma più pura e, per molti versi, ancora insuperata.

La cornice narrativa di Divinity: Original Sin 2 si sviluppa nel mondo di Rivellon, un continente segnato da conflitti politici, tensioni religiose e dalla presenza della Fonte, un’energia primordiale capace di donare poteri straordinari ma anche di attirare forze distruttive. Il giocatore veste i panni di un “Sorgente”, individuo in grado di manipolare la Fonte e per questo perseguitato dall’Ordine Divino, che vede in tale potere una minaccia all’equilibrio del mondo. Da questa premessa prende avvio un racconto corale, in cui la lotta per il controllo della Fonte diventa il pretesto per esplorare temi di oppressione, fanatismo, libero arbitrio e responsabilità del potere. Rivellon non è solo uno sfondo, ma un mondo reattivo, popolato da fazioni, personaggi memorabili e storie secondarie spesso capaci di competere con la trama principale per intensità e qualità della scrittura. Le scelte del giocatore influenzano eventi, alleanze e destini individuali, rendendo la narrazione profondamente ramificata e personale. È proprio questa capacità di fondere world-building, libertà decisionale e conseguenze tangibili a rendere Divinity: Original Sin 2 un punto di riferimento narrativo nel genere cRPG.









