Grand Theft Auto: The Trilogy – The Definitive Edition: la recensione

Tre pesi massimi riuniti in una remaster che non rende appieno giustizia al marchio GTA.

Ci sono opere videoludiche che con il passare del tempo sono riuscite a travalicare i confini del medium di appartenenza per diventare fenomeno culturale, creando un groviglio indistricabile di citazioni e influenze più o meno esplicite con il mondo cinematografico, fumettistico, musicale. E’ il caso della saga Grand Theft Auto (GTA) che nei primi anni 2000, passando dalla visuale dall’alto di GTA II all’esplorazione 3D in terza persona di GTA III, ha di fatto creato un genere che può vantare molteplici tentativi di imitazione, nessuno però in grado di rimanere impresso nella memoria dei videogiocatori come le avventure di Tommy Vercetti o di CJ.  Open world immensi tutti da esplorare consci che ovunque si poteva nascondere un collezionabile, un easter egg o un minigioco. Chi ha vissuto quel periodo dall’inizio ricorderà con un pizzico di nostalgia i giri in auto sulla strip di Vice City, gli outfit ultra tamarri della gang di Groove Street o le serate negli strip club di Los Santos. La storyline principale che diventa quasi un vezzo tra una rapina e l’altra, il tutto condito da personaggi iconici, una narrazione in grado di attingere a piene mani dai classici gangster movie ed una colonna sonora semplicemente sublime.

Un mondo che è poi arrivato ai giorni nostri con il capitolo IV ed il V, nella fervente attesa di un GTA VI nativo per la nuova generazione di console. Ciononostante i primi episodi mantengono quell’aura di romanticismo data sicuramente dal senso di novità provato ai tempi ma probabilmente anche dalla nostra tendenza innata a mitizzare le esperienze del passato. Se ancora non si fosse capito il sottoscritto è letteralmente innamorato di GTA, un amore rinfocolato all’annuncio della Grand Theft Auto: The Trilogy – The Definitive Edition, ma anche un amore ferito e tradito alla prova dei fatti da questa riedizione tutto sommato un po’ maltrattata da Rockstar Games.  

Quando si ha tra le mani del materiale così prezioso serve la consapevolezza che non solo si sta maneggiando un videogioco, ma si ha a che fare anche con il vissuto e le memorie dei videogiocatori di vecchia data, materiale estremamente instabile e pronto ad esplodere se non trattato con la dovuta cura. In questa sede non ha senso recensire uno per uno questi tre titoli, dato che si tratta di indubbi capolavori da recuperare, quanto invece soffermarsi su come è stata gestita questa riedizione. Già dal primo avvio abbiamo la chiara e brutta sensazione che qualcosa purtroppo non sia andato per il verso giusto.

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Commenti 1

  1. pinkfloyd says:

    Peccato, sembra una porcheria la conversione

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