La differenza più grande che balza all’occhio è che, sotto una natura rilassata e rilassante in qualche modo similare, il mondo di Wavetale manca però di svariati elementi nascosti, capaci di caratterizzare in maniera interattiva e significativa le dinamiche di gioco interconnesse all’esplorazione. Innanzitutto, non è presente il complesso e ricco substrato dettato dal motore fisico che caratterizzare così tanto la scoperta di tantissime possibilità di interpretazione che abbiamo invece nell’opera di Nintendo; in secondo luogo, questo va a inficiare sia la varietà che il senso di sfida, sostanzialmente assenti e veri talloni d’Achille di questa comunque intrigante produzione indipendente. Il piacere di scivolare sull’enorme specchio d’acqua, per poi continuare a correre sui piccoli isolotti che, di tanto in tanto, affiorano qua e là è ben presente e costante, durante tutto il corso dell’avventura, ma scarsamente puntellato dagli elementi di combattimento che, invece, avrebbero contribuito a sorreggere l’intera esperienza di gioco. la raccolta di elementi collezionabili, in particolare legati alla “ricarica” delle fonti luminose per allontanare le pericolosa nebbia, è un corollario al movimento libero nello spazio; gli scontri con nemici ed avversari altrettanto: il senso di sfida è basso e la diversificazione che ci saremmo aspettati per continuare a mantenere alto il livello di engagement del fruitore fatica a decollare. Il risultato è una sorta di gioco “alla Journey“, più che alla Zelda, vista l’assenza di enigmi ambientali, il piacere indiscutibile della scoperta di questo affascinante mondo, ma anche la superficialità degli elementi legati a scontri e combattimenti, che risultano fin troppo poco accennati, tanto da risultare piuttosto semplicistici.
Il comparto tecnico è invece di fattura più che discreta, sostenuto per altro da un’ottima direzione artistica. Lo stile adottato è infatti affascinante, fiabesco al punto giusto ma comunque capace di mantenere una certa personalità, senza perdersi nella scontatezza più ovvia; l’utilizzo del toon shading è ben dosato ed esaltato dalla palette di colori che affianca in maniera decisa accostamenti netti, pur andandoli a diluire in qualche modo, grazie anche a passaggi più graduali, ottenuti mettendo a confronto pantoni vicini nella scala cromatica. Questa particolare tecnica di rappresentazione visiva viene messa particolarmente in risalto nelle fasi di esplorazione libera ambientate sulla superficie delle acque, dove l’effetto del liquido viene reso appunto con questa singolare scelta quasi pittorica, per un colpo d’occhio davvero ammaliante. Sotto alle scelte stilistiche si cela poi un prodotto tecnicamente pronto a sorreggere la propria stessa visione: la fluidità (fondamentale per questo tipo di esperienza esplorativa) è sempre costante; la mole poligonale furbescamente minimalista; il comparto delle superfici gestito in maniera intelligente grazie alle tinte pastello nette, sopra descritte. Un altro aspetto poi da applaudire è quello legato alle tante e ben concatenate animazione del nostro avatar, che proprio dell’agilità fa una delle sue caratteristiche principali e che pertanto è giustamente al centro dell’attenzione dei programmatori dell’opera qui esaminata. Il comparto sonoro invece fatica ad elevarsi al di sopra di una striminzita sufficienza, ma nel suo insieme il titolo non solo si regge, ma sa camminare sulle sue gambe.
La recensione
Un titolo affascinante e rilassante, dove il piacere dello spostamento sostanzialmente libero e ininterrotto si unisce però a un livello di sfida e varietà piuttosto contenuti, ricordando forse più Journey che un vero e proprio Zelda.
