Children of Silentown: la recensione

Nel villaggio non è insolito che la gente scompaia, ma stavolta Lucy è abbastanza grande per poter indagare da sola. O almeno, così crede.

Forse sarete stanchi di sentirci decantare le lodi della scena indipendente, con annessa santificazione dei tool di middleware, delle possibilità di promozione offerte dai social e delle opzioni di autopubblicazione garantite dallo sviluppo senza freni degli store digitali come l’eShop, eppure ogni settimana è buona per trovare nuovi spunti di riflessione sull’argomento, tutti sempre semplicemente positivi. Sia per i creativi che, conseguentemente, per noi consumatori. Questa volta è il turno di un gioco uscito qualche tempo fa, arrivato tra le nostre grinfie soltanto nei giorni scorsi, in concomitanza con un piacevole annuncio da parte del team di sviluppo: il raggiungimento di un traguardo di vendite inusuale, ma accolto a braccia aperte dallo sviluppatore. Oltre 30 mila copie del titolo sono state vendute nel mondo e, se per tante produzioni dai grandi budget, questi numeri sembrerebbero minimi e insoddisfacenti, al contrario per il creatore di questo progetto sono visti come un grande obiettivo, capace di premiare gli sforzi, tanto economici quanto lavorativi di una piccola ma talentuosa realtà di lavoro. Complimenti, gioiamo assieme al programmatore, traendo godimento dalla sua opera.

Il titolo in questione vi metterà nei panni di una giovane ragazza, forse ancora una bambina, di nome Lucy che, assieme alle sue amiche, si ritrova a vivere e crescere in un piccolo villaggio al limitare di un bosco. In questo cupo gioco d’avventura meravigliosamente disegnato a mano dai creatori di Little Briar Rose, in collaborazione con lo studio Luna2, scoprirete presto che Lucy ha paura di questo bosco, proprio come ogni altro bambino del luogo: ogni notte infatti i ruggiti echeggianti dei mostri che apparentemente lo popolano la privano del sonno, tormentando la piccola con continui incubi: nemmeno i suoi sogni infatti sono un posto sicuro dove poter giocare, visto quanto siano disseminati di pensieri negativi, misteriosi personaggi e suoni inquietanti. D’altronde, la scomparsa di persone non è una cosa insolita nel villaggio, anzi è piuttosto ormai quasi una tradizione oscura, ma questa volta Lucy è abbastanza grande per indagare da sola. O almeno così pensa, all’inizio dell’avventura. L’incipit narrativo è interessante, anche per via della grazia con cui il tutto è raccontato, con incedere pacato, un uso sapiente della direzione artistica tanto visiva quanto sonora, e in generale un approccio poetico capace, però, improvvisamente di cambiare tono, di incupirsi anche solo con un lieve movimento di camera, un restringimento della visuale, un incupirsi della luce e un inaspettato e fastidioso rumore, sul fondo. Anche per questo la città ha questo nome: meglio non emettere suoni, di notte dopo il tramonto, per non farsi individuare dai mostri che infestano le tenebre, al contrario sempre preannunciati dai loro versi gutturali e spaventosi. Eppure…eppure i nostri amici scompaiono e nei panni di Lucy non possiamo lasciar correre ancora: questa volta dovremo addentrarci tra i rovi e le fronde notturne, per salvarli.

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