Quando nel 2009 Plants vs. Zombies fece la sua comparsa su PC, ridefinì l’intero concetto di “casual gaming”: un titolo apparentemente semplice, ma costruito con una genialità tale da rendere ogni partita irresistibile. Oggi, con Plants vs. Zombies Replanted, Electronic Arts e PopCap tentano di riportare quella formula seminale su Nintendo Switch 2, ma lo fanno in modo curioso e discutibile: basandosi non sulla versione originale per PC, bensì su quella mobile. Una scelta che fin da subito influenza l’esperienza complessiva, tra interfacce semplificate, asset adattati e una gestione dei controlli non sempre convincente. Rimane però intatto il fascino del concept: una difesa della casa buffa e brillante, dove la tensione strategica si mescola al ritmo ipnotico del loop. Replanted vuole essere un tributo alla storia del franchise, ma finisce per ricordare anche quanto quel gioco, nato per un’altra epoca e un’altra logica di design, resti ancora oggi un piccolo capolavoro nonostante tutto.
Sotto la sua apparenza leggera e caricaturale, Plants vs. Zombies Replanted conserva intatto quel tono ironico e surreale che rese l’originale un’icona del gioco casual intelligente. La “trama”, se così la si può chiamare, resta volutamente minimale: orde di zombie, ciascuno con la propria stramba personalità, assediano la villetta del giocatore, che deve difendersi piantando un esercito di flora bellicosa nel giardino, sul tetto o perfino in piscina. In questa semplicità si cela gran parte del suo fascino: un umorismo visivo costante, fatto di animazioni buffe e di trovate nonsense che strizzano l’occhio ai cartoni animati anni ’90. Ogni pianta e ogni zombie ha un piccolo tocco caratteriale — una smorfia, un dettaglio sonoro, un’espressione goffa — che trasmette immediatamente identità e coerenza interna. La scrittura, seppur minimale, alterna leggerezza e autoironia, mentre il ritmo visivo costruisce una vera narrativa emergente, dove ogni ondata diventa una piccola storia di resistenza domestica. È un mondo assurdo ma coerente, che continua a dimostrare come PopCap avesse trovato, già allora, la formula perfetta tra semplicità, ironia e riconoscibilità.

Dal punto di vista ludico, il titolo EA mantiene intatta la formula che ha reso il titolo un fenomeno globale: un loop di gioco tanto semplice da apprendere quanto difficile da abbandonare. La struttura “tower defense” è resa ipnotica dal ritmo crescente delle ondate e dall’equilibrio perfetto tra azione e pianificazione. Ogni partita è una danza tra decisione e reazione: scegliere la giusta combinazione di piante, gestire il sole come risorsa e adattarsi ai nuovi tipi di zombie che avanzano con trovate sempre più assurde. È un sistema di regole così armonico da stimolare la ripetizione continua, quel “un’altra partita e poi basta” che diventa presto una promessa tradita. Le modalità aggiuntive ampliano il pacchetto: oltre alla campagna principale, ci sono sfide alternative come “Cloudy Day” o “Rest in Peace”, che modificano ritmo e condizioni ambientali, oltre al multiplayer locale e al PvP, piccoli esperimenti che aggiungono varietà pur restando marginali. La progressione resta scorrevole e immediata, sostenuta da un bilanciamento calibrato e da una curva di difficoltà che accompagna senza frustrare. Anche se l’impianto rimane quello di quindici anni fa, la sua capacità di catturare il giocatore — di trasformare un’idea lineare in un meccanismo irresistibile — rimane sorprendentemente intatta.

Sul piano tecnico, Plants vs. Zombies Replanted mostra con evidenza le conseguenze della scelta — per molti, inspiegabile — di basarsi sulla versione mobile del gioco anziché su quella PC originale. Il risultato è un remaster visivamente disomogeneo, con texture poco scalabili, interfacce pensate per schermi verticali e un livello di dettaglio che fatica a valorizzare le potenzialità di Nintendo Switch 2. Alcune animazioni appaiono “allungate” o ridimensionate in modo impreciso, e gli effetti di luce, pur più nitidi, perdono l’eleganza minimalista che caratterizzava l’originale. A questo si aggiungono bug sonori piuttosto diffusi, come musiche che saltano o effetti che si sovrappongono in modo incoerente, peggiorando l’esperienza nelle sessioni più concitate. Il porting soffre anche di problemi di input: i controlli “mouse” integrati per Switch 2 sono imprecisi e macchinosi, mentre il touch screen, pur funzionale, presenta una reattività incostante e un posizionamento non sempre accurato. Tutto ciò contribuisce a un’esperienza che alterna momenti di piacevole nostalgia ad altri di evidente frizione tecnica. Nonostante il frame rate stabile e i caricamenti rapidi, il titolo dà la sensazione di non essere stato realmente ottimizzato per il nuovo hardware — più un adattamento veloce che una celebrazione accurata del classico originale.

La recensione
Nonostante le sbavature tecniche e una base mobile poco adatta al prestigio della serie, Plants vs. Zombies Replanted resta un piccolo gioiello di design ludico, capace ancora oggi di divertire con la sua formula immediata e irresistibile. Il suo loop strategico, ironico e sorprendentemente moderno continua a catturare come nel 2009. È lecito però sperare in patch correttive che risolvano bug audio, input imprecisi e limiti grafici, restituendo al titolo la cura che merita. Perché, anche dopo tanti anni, pochi giochi sanno far sorridere e coinvolgere con altrettanta naturalezza.








