Quando si pensa ai simulatori videoludici, spesso l’immaginario collettivo corre verso esperienze agricole, di guida o di costruzione, sebbene negli anni abbiamo visto i simulatori più disparati (pecore, ambulanze, becchini e chi più ne ha più ne metta). È dunque interessante notare come studi indipendenti come Games Incubator stiano cercando di ampliare il concetto stesso di simulazione, avventurandosi in territori meno esplorati e apparentemente meno affascinanti, ma proprio per questo più originali. Ship Graveyard Simulator 2 è l’emblema di questo sforzo creativo: un gioco che ci mette nei panni di uno smantellatore di relitti navali, operante in un gigantesco cimitero di navi dove ogni carcassa arrugginita cela una nuova opportunità di guadagno, scoperta e progresso. Segnaliamo che nel pacchetto oltre all’esperienza base troviamo anche il DLC “Warships”, dedicato come suggerito dal nome alle navi da guerra. Sin dai primi minuti è evidente che non ci troviamo davanti a un titolo tradizionale: la struttura ludica è invece basata su un ciclo operativo ben definito, quasi ipnotico, che poggia sull’acquisto dei relitti, la loro esplorazione, lo smantellamento meticoloso delle parti recuperabili e infine la vendita dei materiali raccolti. Questo ciclo si sviluppa gradualmente, permettendo al giocatore di espandere la propria base operativa, potenziare gli strumenti, assumere aiutanti automatizzati e affrontare navi sempre più complesse. Ship Graveyard Simulator 2 si distingue in modo netto dal suo predecessore per una serie di miglioramenti. In primo luogo, la varietà degli strumenti è aumentata: il giocatore può ora utilizzare gru, martelli pneumatici, torce da taglio, strumenti di diagnostica e container per lo spostamento di componenti di grandi dimensioni. Ogni relitto richiede approcci diversi a seconda della sua struttura, dei materiali di cui è composto e delle condizioni in cui si trova. Alcune sezioni possono essere radioattive, e in quel caso entra in gioco il contatore Geiger; altre sono sommerse o difficili da raggiungere, e richiedono il potenziamento di specifici strumenti.
La resa visiva è generalmente accettabile ma non priva di compromessi. Le texture sono semplificate, i modelli poligonali a volte rozzi, e l’interfaccia non è perfettamente adattata al gioco su console. Un calo non da poco conto nella percezione di un titolo che altrimenti si lascia giocare e, a modo suo, riesce a coinvolgere il giocatore. Anche l’audio, in questo senso, contribuisce in modo sostanziale all’atmosfera. Il gioco non fa affidamento su colonne sonore particolari, bensì su effetti ambientali è un audio funzionale, realistico, talvolta un po’ ripetitivo. Ship Graveyard Simulator 2 non cerca di essere altro da ciò che è: un’esperienza metodica, ripetitiva, ma capace di offrire una gratificazione simile a quella che si prova nel portare a termine un lavoro concreto. C’è una soddisfazione quasi fisica nel liberare il ponte di una nave, nello smontare bulloni e pannelli, nello smistare metalli nel centro di riciclaggio o nel vedere il proprio equipaggiamento migliorare pezzo dopo pezzo. Certo, va detto che si tratta di un gioco che si rivolge a una nicchia ben precisa. La varietà, per quanto presente, non è illimitata: i relitti, pur diversi tra loro, condividono alcune strutture e approcci, e dopo alcune ore è inevitabile iniziare a percepire una certa ripetitività. Un aspetto che merita particolare attenzione è la gestione degli strumenti e delle risorse. Non si tratta semplicemente di usare un utensile per smontare un pannello, ma di scegliere quale strumento usare, quando potenziarlo, come investirne i guadagni. Il giocatore è continuamente messo di fronte a micro-decisioni: conviene aggiornare la torcia al plasma o acquistare un nuovo container? Riparare l’attrezzatura usurata o espandere il magazzino? In questo senso, l’esperienza assume anche una dimensione gestionale leggera.
Se però da un lato questa libertà è apprezzabile, dall’altro la mancanza di obiettivi secondari o di un contesto narrativo più marcato può rappresentare un limite per alcuni giocatori. Non c’è una vera progressione in termini di mondo di gioco: l’ambientazione resta sostanzialmente invariata, e le giornate si susseguono identiche, scandite solo dal tipo di nave e dal livello degli strumenti. L’ottimizzazione su Nintendo Switch, come anticipato, è dignitosa ma non eccellente. Il frame rate è generalmente stabile, ma alcune sequenze — soprattutto quando si maneggiano molti oggetti contemporaneamente o si opera in sezioni molto dettagliate delle navi — mostrano rallentamenti evidenti. Il sistema di controllo, pensato originariamente per mouse e tastiera, soffre un po’ nella trasposizione al pad: selezionare oggetti o interagire con le superfici può essere meno immediato di quanto ci si aspetti, e l’interfaccia, sebbene riadattata, resta talvolta macchinosa. Alla luce di quanto detto, Ship Graveyard Simulator 2 è un titolo che valorizza la pazienza, la precisione e la ripetitività operosa, trasformandole in una forma di meditazione industriale. Certo, non è un gioco privo di difetti. La ripetitività è una lama a doppio taglio: per chi entra in sintonia con il loop di gioco, rappresenta il cuore stesso dell’esperienza; per altri può diventare un limite insormontabile. L’interfaccia non è sempre intuitiva, e alcune dinamiche — come la gestione dei collaboratori automatizzati o la logistica dei container — avrebbero meritato un approfondimento maggiore. Anche l’assenza di una vera trama, di un contesto narrativo più articolato o di una progressione ambientale visiva può rendere l’esperienza troppo monotona per chi cerca un coinvolgimento più tradizionale. È un prodotto che sceglie con cura il proprio pubblico, e a quel pubblico si rivolge con onestà e precisione.
In conclusione, Ship Graveyard Simulator 2 è un titolo sincero, che sa cosa vuole offrire e lo fa con determinazione. Non è per tutti, e non cerca di esserlo. Il suo fascino non è immediato, ma cresce nel tempo, come la ruggine che ricopre le navi che ci troviamo a smantellare: lenta, pervasiva, inesorabile. È un gioco che parla a chi sa apprezzare il lavoro metodico, la progressione concreta, la soddisfazione di trasformare una carcassa dimenticata in una risorsa utile. Se sei quel tipo di giocatore, troverai qui ore di concentrazione produttiva e un gameplay sorprendentemente immersivo nella sua semplicità.
La recensione
La valutazione deve tenere conto dell’originalità del concept, ma non può non considerare i limiti tecnici della versione Switch e la natura fortemente ripetitiva dell'esperienza di gioco. Un gioco di nicchia, sì, ma realizzato con cura e coerenza.
Mi piaceebbe sapere quanti soldi guadagnano con questi simulatori! 😉