Ultra Age: la recensione

Dalla Korea con furore, arriva un action adrenalinico!

Dal publisher Dangen (fattosi conoscere in ambito console e Switch grazie alla sponsorizzazione di prodotti indie di grande ispirazione ludica e artistica, come Cross Code o Iconoclasts in particolare), ecco arrivare dalla Korea un action davvero inaspettato. Contrariamente a molte produzioni di questo respiro (in termini di ampiezza del team di sviluppo e del relativo budget di spesa) il titolo qui preso in esame si discosta molto dalle tipiche scelte indie, preferendo utilizzare l’Unreal Engine 4 per proporre un approccio completamente tridimensionale e dinamiche ludiche capaci di richiamare alla mente le produzioni Platinum Games (o Clover Studio, se preferite!). Poligoni ed effetti particellari, ambienti da esplorare e tanto combattimento ci attendono, quindi, in Ultra Age!

Il nostro avatar atterra a bordo di una navicella in un ambiente apparentemente alieno, sin da subito ostile. Accompagnato da un piccolo robot fluttuante, che funge anche da tutorial iniziale rispetto sia alla nostra natura (il mistero di un essere forse metà organico e metà tecnologico?) che alle nostre capacità di indagine ambientale e combattimento. La missione di recupero di un antico manufatto si tramuta presto in una sorta di allenamento capace di farci prendere dimestichezza con le nostre abilità di lotta, movimento, spostamento e analisi dei dati, guidandoci per mano in maniera dinamica attraverso le prime fasi di gioco. Il primo livello introduttivo, infatti, è sostanzialmente un discreto tutorial, movimentano a mai noioso, in cui vengono introdotte sia le basi del gioco che quelle legate alla cornice narrativa, con tanto di cliffangher finale, capace di spezzare in maniera convincente il primo capitolo dell’avventura.

Ultra Age on Steam

Una volta ripreso possesso del nostro avatar in seguito alla chiusura della cut scene del racconto, ci troveremo a scavare più in profondità in quello che si rivela presto essere un tentativo ingenuo ma volenteroso di mettere in scena tanto il lato ludico quanto quello narrativo di produzioni di più ampio respiro (senza toccare le vette dei valori produttivi di un Devil May Cry o di un Astral Chain, pensate piuttosto a un approccio più contenuto come quello di Nier Automata, tanto per fare alcuni esempi recenti). Riteniamo infatti giusto sgomberare subito il campo da possibili fraintendimenti: il gioco in questione è un indie a tutti gli effetti, lontano per quel che concerne il respiro dell’investimento anche da produzioni medie di grandi publisher, senza tirare quindi in ballo i grandi calibri del genere di riferimento: fatta questa necessaria e dovuta premessa, potrete approcciarvi in maniera più serena al titolo di Dangen, scoprendone anche inaspettate sorprese positive, sotto una patina senza dubbio approssimativa e poco raffinata.

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