Atelier Sophie 2: The Alchemist of the Mysterious Dream: la recensione

Sophie ritorna, per un nuovo racconto tra alchimia e avventura

Accanto alle battaglie più sfrenate, però, come da tradizione troviamo l’altra anima preponderante di ogni Atelier, basata sulla raccolta e sull’utilizzo dei numerosissimi collezionabili sparsi o comunque ottenibili nelle diverse mappe che compongono il mondo di gioco. Un utilizzo basato sulla loro combinazione nel calderone alchemico, tramite lo sfruttamento di un sistema di elementi e schemi di combinazione che potrebbe ricordare quello di alcuni puzzle game, reso in maniera interessante sia a livello grafico che ludico. Le possibilità di mescolare tra loro tantissimi oggetti diversi, per ottenere elementi di gioco sempre più utili per poter avanzare nel corso dell’avventura, è programmata in maniera davvero sapiente dagli sviluppatori di Gust, poiché è capace di amalgamare a sua volta diversi aspetti di questa produzione, legandoli col file rouge dell’alchimia. Il calderone, infatti, dona significato e valenza alla raccolta dei vari collezionabili, spingendo il fruitore sia all’esplorazione più attenta che ai combattimenti più nascosti, essendo i materiali ottenibili sia tramite l’ambiente naturale e vegetale, che attraverso la sconfitta di diverse creature fatate presenti nelle varie mappe. In più, va notato come le capacità di raccolta di Sophie avranno una progressione graduale, dettata prevalentemente dal suo equipaggiamento (il bastone in nostra dotazione sin dalle prime battute di gioco non sarà sufficiente per catturare le farfalle o pescare i pesci, tanto per fare alcuni esempi), dettando la necessità di forgiare strumenti di gioco in grado a loro volta di ampliare la nostra capacità di raccolta, e così via. Insomma, molti aspetti del titolo sono sapientemente legati tra loro da rapporti di causa/effetto continui, in una catena di contenuti interattivi ben bilanciata.

In ultima analisi, non ci resta che ammirare l’ottimo lavoro svolto dal team anche per quanto concerne il versante tecnico e grafico: il gioco non è un open world e non presenta un’estrema frenesia d’azione a schermo, pertanto ovviamente Gust parte avvantaggiata rispetto a produzioni di più ampio respiro, nel presentare un colpo d’occhio più che gradevole. Ma questo non basta a limitare il plauso che va loro tributato per essere riusciti a proporre con la versione Switch di un gioco multipiattaforma disponibile in contemporanea con le altre versioni uno dei comparti visivi di maggiore impatto, tra quelli disponibili sulla console ibrida della casa di Kyoto. Grazie anche alla direzione artistica fortemente “manga” e a una mole poligonale non elevatissima ma finemente mascherata agli occhi del giocatore, nel suo insieme lo scenario presentato è ottimamente rappresentato da colori vividi e vivaci, numerosi giochi di luce e rifrazione, effetti di sfocatura e profondità di campo capaci di ammaliare sia a schermo TV che, ancor di più, in modalità portatile. Il tutto garantendo comunque tempi di caricamento più che accettabili e una generale fluidità in tutte le diverse fasi di gioco. Se le voci di un coinvolgimento del team di sviluppo nel prossimo progetto di Intelligent System targato Fire Emblem fossero confermati, non ci stupiremmo più di tanto: è innegabile la maestria di Gust nel padroneggiare la resa grafica dei loro giochi per Nintendo Switch.

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La recensione

8 Il voto

Il nuovo capitolo di Atelier convince, ancora una volta: una impostazione forse più classica rispetto alle ultime peripezie di Ryza, in termini di esplorazione ambientale, viene saldamente sostenuta da un sistema di combattimento ancor più riammodernato e da un comparto tecnico tra i più gradevoli di sempre. Da non perdere!

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