Tormented Souls: la recensione

Orrore vecchia scuola per incubi nostalgici

C’era una volta una folta rappresentanza del genere survival horror, fatta di diversi brand dai tratti similari ma, allo stesso tempo, ricchi di elementi caratteristici e distintivi, capaci di trasportare il fruitore in viaggi allucinati dalle tinte oscure, secondo direttive interpretative dei meandri più oscuri della mente umana strutturate per far luce sull’elemento comune e atavico della paura. Dalle allucinazioni mentali di Silent Hill ai demoni paranormali di Alone in the Dark, passando per gli orrori biologici di Resident Evil, a ciascuno il suo terrore preferito. Con il passare del tempo, purtroppo, il filone si è esaurito o quasi, lasciando poche sporadiche serie a trainare questo genere presso il pubblico di massa, con sviluppi dai valori di produzione tipici delle grandi case di sviluppo sempre meno frequenti: i campi di battaglia multiplayer sono diventati di maggior attrazione rispetto ai lugubri corridoi di magioni abbandonate: in fondo le luci della ribalta mal si addicono alle asfittiche e claustrofobiche atmosfere delle menti umane più contorte. Per fortuna, però, la paura è sentimento antico e facente parte in maniera intrinseca della natura umana e, come insegnava Howard Phillip Lovecraft: non è morto ciò che in eterno può attendere e così, complici nuovi autori e maggiori potenzialità di sviluppo e pubblicazione offerte dal panorama odierno del videogame, ecco spuntare diversi progetti capaci di soddisfare i palati degli amanti del terrore. Tra essi, Tormented Souls.

Nel titolo vestiremo in panni di una ragazza che, spinta da una misteriosa fotografia recapitatale a casa, deciderà si spingersi fino a un vecchio e semi abbandonato ospedale per scoprire il mistero che si cela dietro all’enigmatico mandante della missiva. Giunta sul posto, verrà aggredita alle spalle per risvegliarsi dopo un lasso di tempo non meglio specificato, solo per scoprire un’amara verità: a mollo in una vasca da bagno piena di uno strano liquido e collegata a un respiratore, si troverà menomata di un occhio, cavatole durante il sonno indotto. Inoltre, la villa ospedaliera in cui è finita appare piena di macabri dettagli, priva di luce elettrica e popolata da strane e pericolose creature pronte ad attaccarla. Insomma, la protagonista sin dalle primissime battute del canovaccio viene catapultata nel bel mezzo di un vero e proprio incubo, senza spiegazione alcuna e dovrà far ricorso al suo istinto di sopravvivenza per riuscire a proseguire nel corso dell’avventura e non perdere la vita e la sanità mentale, circondata da tanto orrore.

Tormented Souls recensione: un omaggio alla vecchia scuola

Da quel momento il titolo ci permetterà di prendere i comandi del nostro avatar, iniziando l’esplorazione ambientale che sarà il fulcro primario di tutto questo malato viaggio fobico e claustrofobico: il gioco è impostato con un susseguirsi di inquadrature fisse, come nella tradizione del genere, anche se sia il personaggio che la telecamera godranno di un minimo di flessibilità e agilità in più rispetto ai classici del passato. Gli ambienti di gioco sono piuttosto ampi e, soprattutto, articolati: una villa che funge da ospedale con il suo intrico di corridoi e stanze, mezzanini e sotterranei, ripostigli e sottoscale… tutti da indagare con perizia ed attenzione alla ricerca sia di indizi o oggetti necessari per proseguire nel racconto, sia di munizioni od oggetti coi quali potersi difendere dagli assalti delle creature che popolano l’area. Tormented Souls, infatti, offre al giocatore un buon mix tra enigmi ambientali (basati non tanto sulla risoluzione cerebrale di complessi rompicapi quanto sul ritrovamento di elementi interattivi da combinare tra loro secondo un preciso ordine esplorativo al fine di sbloccare porte o serrature) e combattimento (con una sparachiodi per tenere lontani i mostri o, davanti a scarsità di munizioni, anche con un comunissimo piede di porco). Il bilanciamento tra queste due facce della medaglia è più che discreto, con grande enfasi sulla scoperta e sulla gestione di risorse ed equipaggiamento, una sensazione di netta inferiorità della ragazza davanti agli orrori che le si pareranno contro e la necessità di studiare al meglio percorsi e posizione degli avversari per riuscire a tracciare la strada più sicura, che non sempre sarà la più veloce, al fine di evitare il più possibile lo scontro. In questa ottica, in cui l’analisi dei corridoi assume una rilevanza a tratti fondamentale, la gestione della mappa appare un po’ meno ottimizzata di quanto potrebbe essere, ma senza scadere nella frustrazione.

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