Return to Monkey Island: la recensione

Ci sono voluti 30 anni per riportare lo sgangerato vascello di Guybrush Threepwood in acque tranquille. Bentornati a Monkey Island!

«Quindici uomini sulla cassa del morto

yo-ho-ho, e una bottiglia di rum!”

Concedeteci di intonare un bel canto piratesco per festeggiare il ritorno, a distanza di ben 30 anni dall’ultimo capitolo, della saga di avventura grafiche per eccellenza, a voi Return to Monkey Island! Davvero poche volte un brand videoludico è riuscito ad incidere in maniera così profonda nel vissuto e nella memoria di una generazione, nonché nella storia del videogioco stesso e ridefinirne un genere. Per il punta e clicca i titoli legati al mondo di Monkey Island sono stati senza dubbio un termine di paragone importante nonché il punto di ri-partenza capace di catapultarlo verso una nuova era e sdoganarlo ad un pubblico di massa. Il passare degli anni, gli avanzamenti grafici, tecnologici e le nuove piattaforme hanno poi un po’ messo da parte le avventure punta e clicca in favore di generi caratterizzati da un tipo di fruizione più adatto alle console di nuova generazione, più immediati, più impattanti dal punto di vista estetico e del ritmo, relegandolo quasi solo all’utenza “pc-istica”. Non a caso per questo rilancio solo i possessori di Switch saranno gli unici fortunati a potersi gustare quest’avventura rilasciata altrimenti solo per PC.

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Per gli aspiranti bucanieri con poca memoria ricordiamo che la storia intricata dietro al segreto di Monkey Island ha preso vita oltre 30 anni fa grazie alla mente dei creatori Ron Gilbert e Dave Grossman, qui di nuovo al comando delle operazioni dopo aver realizzato il primo ed il secondo capitolo, rispettivamente The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge. Le avventure narrate nella saga seguono l’aspirante pirata Guybrush Threepwood alle prese con il suo nemico giurato, il pirata non-morto LeChuck, e le pene d’amore per la bella Elaine. Return to Monkey Island riprende la storia dalla conclusione di Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge del 1991, prima di salpare per acque tutt’altro che tranquille e ancora più bizzarre. Viene utilizzato l’espediente narrativo del racconto da parte di un maturo Guybrush al proprio figlioletto, una versione mini ma altrettanto sveglia ed impertinente del nostro pirata. Tramite i ricordi, spesso e volentieri un po’ rimaneggiati, Guybrush ci conduce nell’ennesima missione volta a scoprire il mistero di Monkey Island, costretto suo malgrado a fare squadra col nemico di sempre e con nuove e vecchie conoscenze. 

Terrible Toybox aveva tra le mani una sfida memorabile ed estremamente stimolante, da una parte rimanere fedele e coerente con il mondo creato nei primi due capitoli della saga, nonché con il bagaglio di emozioni che si portavano dietro, dall’altro fare comunque tesoro dell’esperienza altrettanto valida del periodo successivo, in particolare il disneyano terzo capitolo. Gli sviluppatori sono stati molto intelligenti nel muoversi su questo sottile limite e tutto sommato possiamo dire che non hanno scontentato nessuno. L’avventura è farcita di riferimenti alle avventure precedenti, di personaggi e ambientazioni che ritornano, ciononostante il gioco rimane estremamente godibile sia da chi non ha mai giocato nulla della saga (male!) che da coloro che invece sono fan sfegatati. Inoltre dalla schermata iniziale possiamo accedere ad una sorta di diario di bordo dal quale, con la consueta leggerezza ed ironia, vengono ripercorse per sommi capi le avventure vissute da Guybrush Threepwood nei capitoli precedenti.

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