Xbox Series S: Baldur’s Gate III: la recensione

Uno dei Game of the Year più scontati e allo stesso tempo inaspettati di sempre, attende solo che superiate le vostre paure per rivelarsi in tutta la sua magnificenza

THE OUTER WORLD – Benvenuti a un nuovo appuntamento dedicato alla nostra rubrica intitolata “The Outer World”, una finestra nuova per Switchitalia, con vista sui mondi videoludici che si espandono fuori dalle consuete e familiari mura dell’universo Nintendo. Se volete più dettagli sulla nostra iniziativa, vi rimandiamo all’articolo introduttivo con cui ve la presentiamo, sospinti dalla curiosità esplorativa tipica degli amanti dei videogiochi. E’ arrivato il momento di radunare viveri, avvisare i propri cari che sarete irreperibili per un po’ e prepararvi ad un viaggio nel tempo, perché state per scoprire che il vostro bambino interiore è rimasto lì dove lo avete lasciato, in attesa da lungo tempo di combattere una nuova, epica avventura.. a Baldur’s Gate!

Nel dicembre del 1998 il settore videoludico venne scosso da una nuova serie di adattamenti CRPG del capostipite dell’intera categoria dei giochi di ruolo: Dungeons & Dragons. Baldur’s Gate arrivò con la missione di tracciare una linea netta con il passato, ma, forse perché troppo in anticipo sui tempi, restò l’unico ad averla varcata per parecchio tempo, osservando in solitudine moltitudini accalcarsi al margine, senza riuscire a fare l’ultimo passo, seppure a tentare l’impresa si siano susseguiti videogiochi armati di ottima grafica, voice acting, soluzioni di gameplay innovative, bivi narrativi strutturati, sperimentazione e qualità d’intenti. Parliamo di un titolo tecnicamente conforme agli standard di categoria del suo tempo, ma che, anche venendo sorpassato in quell’aspetto da titoli usciti successivamente, restava comunque da solo, assistendo persino al fallimento dei primi open world nel restituire quell’immersività unica, la libertà di scelta e la percezione di un mondo vivo e reattivo con cui sin dai primi minuti il giocatore si trovava a confrontarsi. A furor di popolo, e recensori, Baldur’s Gate riscosse il successo che meritava, ma fu grazie alla cura del dettaglio e alla passione profusa nel suo sviluppo che il titolo raggiunse l’immortalità, comparendo praticamente in ogni classifica dei migliori giochi di tutti i tempi ancora oggi, e non mi stupisce, ripensandoci, che mollai alla prima run pietre miliari del calibro di Neverwinter Nights, Max Payne e Grand Theft Auto: Vice City, per dedicarmi anima e corpo a giocare e rigiocare questo mostro sacro, senza mai guardarmi indietro, pur avendolo scoperto con quasi una generazione di ritardo. Posso affermare con assoluta certezza che a distanza di 23 anni dall’ultimo capitolo della serie, Baldur’s Gate III abbia scavalcato la linea tracciata dal suo predecessore, raggiungendo senza sforzo lo scarno manipolo di eccellenze sull’altro lato. Larian Studio è riuscita in ciò che tanti ritengono impossibile: creare il sequel di un capolavoro del passato accontentando sia la fan base che l’audience contemporanea, e l’ha fatto analizzando a fondo il suo predecessore, pregi e difetti inclusi, investendo quindi non solo in script e meccaniche RPG, ma anche in grafica e voice acting. Con lo sguardo rivolto sia al passato che al futuro, gli sviluppatori di Larian Studio hanno saputo raccogliere il testimone delle migliori produzioni RPG contemporanee, facilitati sicuramente in ciò dall’ottimo lavoro già svolto sull’acclamata serie Divinity: Original Sin, a cui il Game of the Year 2023 deve moltissimo, ma chiaramente non tutto.

Baldur’s Gate III è un CRPG a turni, di stampo classico, che basa le sue meccaniche RPG sull’ultima edizione di Dungeons and Dragons, la quinta, non la più amata forse, ma adatta al caso, più semplice rispetto alle precedenti, infatti, ben si presta all’adattamento videoludico, certamente grazie all’apporto di qualche accortezza e di un paio di delicatissimi rammendi che nulla tolgono all’esperienza di ruolo. In tutto il titolo presenta 5 difficoltà, dalla prima alla terza si ha un incremento sequenziale classico, le ultime due, aggiunte di recente, completano l’offerta con una modalità permadeath e una modalità custom, editabile in ogni dettaglio, e si riferiscono prevalentemente ai giocatori che hanno compreso appieno le meccaniche di gioco e ultimato il titolo in ogni sua parte. L’accessibilità, in termini di approccio al genere, è una delle caratteristiche che stupiscono maggiormente, essendo il genere CRPG a turni ostico ai più, dato che per sua stessa natura si discosta fortemente dall’immediatezza dei tutorial in-game e dall’approccio action del panorama odierno, Baldur’s Gate III riesce tuttavia a sfondare ogni barriera, arrivando ad ogni tipologia di giocatore, dal neofita, avulso persino al videogioco, fino al rodato giocatore (e videogiocatore) di ruolo, come detto. Un plauso va senz’altro attribuito alle numerose difficoltà selezionabili, che consentono al neofita di curarsi poco delle meccaniche di gioco ed essere libero di immergersi quasi esclusivamente nella narrativa del titolo, cosa non da poco, in quanto essa stessa è da considerarsi un vero e proprio elemento di gioco, ma sorprendentemente una delle scelte di game design a remare con più forza nella stessa direzione è il combattimento a turni, infatti se per i giocatori di ruolo può essere apprezzato perché più aderente al rule-set originale di Dungeons & Dragons, per il neofita rappresenta la possibilità di scegliere in tutta tranquillità cosa fare, senza dover padroneggiare l’uso del pad, insomma, in base alla difficoltà selezionata, si può passare da una rilassante esperienza punta e clicca ad una sfida che necessita ragionamento e strategia. L’ultimo elemento che ritengo importante citare in questo ambito è il comparto multiplayer co-op, meravigliosamente cesellato sia nella sua versione online che in quella split-screen, ponendo un accento soprattutto sulla scelta di aggiungere quest’ultima, in quanto consente di accompagnare nell’evoluta esperienza di gaming in oggetto persino chi nella sua vita ha messo mano ai videogiochi solo distrattamente o per noia, permettendo di far affidamento, magari, su un giocatore più navigato con cui condividere una sessione di gioco. Parliamo di una feature dall’alto impatto di sviluppo e dal rendimento incerto, su cui, nell’ambito dei single player co-op, ormai quasi nessuno sviluppatore punta più, ma Larian non si è limitata a liquidarla in favore dei tempi che corrono, ha guardato lontano e ne è stata ripagata. Scartati gli impedimenti iniziali, siamo finalmente liberi di affrontare l’esperienza di gioco nella pratica del game design. In Baldur’s Gate III siamo alla testa di un nutrito gruppo di avventurieri, uniti dalla stessa sorte: la minaccia di un pericolo mortale, in gioco ne controlleremo però effettivamente quattro, selezionandoli a nostro piacimento in funzione delle necessità del caso. Dopo una breve, ma suggestiva cutscene iniziale, ci ritroveremo alle prese con la creazione del nostro personaggio, character builder in pieno stile CRPG, impreziosito da una caratterizzazione estetica ricca di dettaglio, seppure più varia per alcune delle razze selezionabili rispetto alle altre. Si hanno a disposizione per ognuna di esse solo due tipologie di corpo e una manciata di teste, che non possono essere modificati nei loro tratti specifici, ma si possono personalizzare ampiamente mediante piercing, tatuaggi, capigliature, cicatrici e molto altro in funzione della razza scelta (code, corna, sfumature di colore a più livelli, ecc.).

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