Outward: Definitive Edition: la recensione

Un mondo di gioco vasto, pericoloso e tutto da esplorare. La libertà è totale in Outward, sta a noi farne buon uso.

Il team di sviluppo canadese Nine Dots Studio nel 2019 pubblicò un gioco di ruolo con la chiara intenzione di non cedere alle avance del pubblico di massa, bensì di realizzare un prodotto hardcore, con poche o pochissime concessioni alle comodità cui noi videogiocatori moderni siamo ormai avvezzi: il titolo di quel gioco era Outward. Al tempo tutta una serie di ottime intuizioni riuscì a catturare una buona platea di pubblico, tuttavia ponendo una forte barriera ad un successo ancora maggiore a causa di una realizzazione tecnica talvolta approssimativa. Quell’esperienza survival, frustrante ed appagante al tempo stesso, torna oggi in una Definitive Edition, pronta a sbarcare sulle console di nuova generazione.  Il giocatore verrà letteralmente catapultato nell’universo di gioco con pochissime informazioni sul da farsi e sul come cavarsela. Complice anche una interfaccia ridotta all’essenziale, priva di quelle comodità alle quali ormai siamo abituati. Pochi o pochissimi indicatori, barre di salute, icone e altri ammennicoli. Vestiremo i panni di un sopravvissuto a un naufragio che, tornato al villaggio natìo, si trova a dover ripagare in qualche modo un debito contratto dai suoi antenati con gli abitanti del villaggio stesso (il Prezzo di Sangue). Impareremo già muovendo i primi passi nella spiaggia, teatro del naufragio, che nulla è semplice e scontato in Outward, nemmeno dissetarsi (l’acqua di mare non è il massimo), sfamarsi o trasportare qualche oggetto con noi. Nessuna remora, dunque, da parte dei nostri vicini di casa che non ci daranno il tempo di riprenderci dall’accaduto e ci manderanno in una sorta di esilio finché non riusciremo a saldare il dovuto.

Sostanzialmente il tutorial è inesistente, una volta sbrigata qualche pratica minore (come recuperare uno zaino ed imparare i rudimenti del combattimento), saremo completamente alla mercè di un mondo enorme da esplorare, dove saranno molte le minacce e gli elementi potenzialmente mortali. Giusto per citarne una, appena varcate le soglie del villaggio due briganti ci faranno la pelle senza nemmeno lasciarci proferire parola, chi ben comincia… Perlomeno questa prima esperienza traumatica ci è utile a capire che le morti non sono permanenti, ma ripartiremo (con poca energia e con meno monete) da tutt’altra parte, che sia una grotta, un accampamento o altro. Ci penserà un piccolo espediente narrativo a spiegarci come ci saremo finiti. Ci sarà qualche piccola indicazione qua e la data da passanti, o recuperabile tramite manoscritti, ma in linea di massima tutto è lasciato alla nostra iniziativa ed esplorazione. L’esplorazione stessa è però ibridata con elementi survival che ne denotano fortemente la natura punitiva, quasi da soulslike. La struttura ruolistica, mixata con questa componente survival genera un gioco hardcore che, come si accennava, davvero poco concede ai compromessi. Non solo i bisogni primari (sonno, sete, fame, temperatura ambientale) del nostro personaggio influenzano la sua capacità di sopravvivenza nell’universo di gioco ma anche il peso stesso del materiale trasportato renderà più meno goffi i movimenti anche in combattimento, oltre che nella normale esplorazione.

PUBBLICITÀ
PUBBLICITÀ

ARTICOLI CORRELATI

Prossimo articolo

Lascia un commento

ULTIMI COMMENTI

VIDEO

Ben tornato!

Effettua l'accesso

Crea un account!

Compila i seguenti campi per registrarti

Recupera password

Per favore, inserisci il tuo Username o la tua Email per recuperare la password.

Crea nuova Playlist