LEGO Bricktales: la recensione

Risolviamo questi rompicapo, un mattoncino alla volta!

I LEGO sono senza dubbio uno dei giocattoli più iconici, diffusi e di maggior successo di sempre ed era inevitabile che trovassero la propria strada anche verso un altro vasto universo di intrattenimento accessibile anche ai bambini, ma ovviamente non soltanto a loro, come quello dei videogame. Ora, ovviamente questo passaggio cross-media non è cosa recente, ma ad oggi ben radicata nell’immaginario collettivo: di lunga data e di ampia durata è stata infatti la (senza dubbio fruttuosa) collaborazione tra lo sviluppatore TT Games, il publisher Warner Bros. Interactive e il licenziante rappresentato dalla casa danese. Per oltre un decennio, infatti, videogiochi a tema mattoncini hanno invaso le nostre console seguendo il format di sviluppo ideato ad hoc per questa tripartita partnership capace di regalarci, tra i tanti titoli a licenza, anche quell’opera originale e divertente che va sotto il nome di LEGO City Undercover (originariamente esclusiva per Wii U e 3DS). Produzioni simpatiche, spesso infuse di sorridente ironia, a metà strada tra gli adventure e gli open world games, dove il richiamo al famoso giocattolo di costruzioni era spesso più estetico e tematico, che realmente ludico, pur proponendo svariati momenti di assemblaggio: assemblaggio però pre-costituito, dove il nostro compito era più legato alla raccolta dei pezzi che alla loro costruzione vera e propria, ma pur sempre capaci di offrire ore e ore di pura distrazione. Eppure, in qualche modo, nessuno di essi era appunto una vera e propria trasposizione videoludica degli elementi cardine del marchio LEGO, per cui accogliamo con interesse e curiosità la fine di quegli accordi contrattuali che hanno immediatamente dato vita ad approcci diversi al tema, grazie alla frammentazione dei diritti di licenza da parte di LEGO, verso una pletora di studi di sviluppo.

Il primo esempio di questa nuova ondata di creatività spendibile in ambito LEGO è Bricktales, che abbiamo avuto la fortuna di provare in versione Nintendo Switch, e in qualche modo risponde proprio a quel senso di incompletezza che le tante e divertenti produzioni TT Games avevano lasciato come retrogusto per gli appassionati dei giocattoli di costruzioni a mattoncino più famosi di sempre. Sostanzialmente, si potrebbe quasi dire che il titolo qui preso in esame sia il primo vero e proprio videogioco LEGO mai realizzato. Ma andiamo con calma, e scopriamo il perché di questa affermazione anche piuttosto estrema o provocatoria. Il presupposto narrativo alla base della nuova avventura è quello di un inventore pazzo, ovviamente rappresentato come uno dei classici omini gialli, capace con il suo estro e la sua creatività di aprire un portale in grado di teletrasportare chiunque lo attraversi verso nuovi mondi e luoghi sconosciuti. Nemmeno a farlo apposta, un piccolo incidente avviene nelle fasi iniziali di gioco, durante le quali il nostro avatar (nipote del simpatico pazzoide) verrà invischiato nel disperato tentativo di recuperare elementi perduti della strana tecnologia del parente, accompagnato da un bizzarro piccolo robot nato sempre dalle sapienti mani del progettista. All’interno di questo particolare parco di divertimento scientifici e tecnologici, quindi, dovremo attraversare il portale per attivare le diverse missioni, nelle quali affrontare i livelli più disparati, superarli e tornare a casa con tanto di “premi”, raggiungendo di volta in volta i vari obiettivi.

L’elemento particolare della struttura di gioco è che questi livelli saranno in pratica dei diorami, ciascuno ispirato a una particolare tematica (ad esempio, come potete vedere qui sopra potremmo ritrovarci in un piccolo mondo caratterizzato in salsa giungla), come se fossero dei piccoli ma particolareggiati set di LEGO (ovviamente). Scoperto il nostro piccolo mondo, non ci resterà che esplorarlo, cercando di percorrerlo fino alla fine per tagliare il traguardo (raggiungendo ad esempio un punto particolarmente elevato, un tesoro nascosto, un collezionabile raro e così via). Andando avanti nell’avventura potremo ritrovarci in ambientazioni acquatiche, piuttosto che lunari; in scenari desertici, alternati ad altri cittadini, e così via, affrontando alcune tra le location più tipiche del mondo dei giocattoli danesi, con una ricchezza senza dubbio ampia e soddisfacente, in termini di differenziazione situazionale. Il problema, ovviamente, è che alcune aree del “gioco” sono andate distrutte e starà a noi (personaggio e companion) riuscire a costruire oggetti e armamentari vari coi pezzi a nostra disposizione, pur di riuscire a proseguire nell’esplorazione e raggiungere il nostro target. C’è un fossato? Niente paura: attivando l’icona specifica potremo iniziare a costruire una passerella. Una piattaforma è pericolante? Nessun problema: con i giusti mattoncini si potranno costruire i giusti sostegni, per reggerla e consentirci poi conseguentemente di attraversarla senza cadere. Ma non finisce qui: a volte il nostro compito di costruttori sarà quello di ricreare antichi artefatti, per risolvere specifici puzzle ambientali, oppure al contrario di distruggere alcuni elementi dello scenario, per raccogliere dei pezzi piuttosto che liberare dei personaggi. Il tutto tenendo presente come i diorami diventino sempre più sfidanti, proseguendo nell’avventura, tanto da arrivare a chiederci di costruire intere parti dello scenario, come fossero dei set LEGO completi, pur di raggiungere i nostri scopi esplorativi. Non mancano inoltre anche alcuni elementi più adventure, legati alla scoperta e alla raccolta di alcuni collezionabili, giocando con le ambientazioni in modo simile a quanto visto in Capitan Toad: Treasure Tracker, giusto per fare un esempio sempre di casa Nintendo, per una quantomeno parziale varietà di ritmo e interazioni.

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