Jurassic World: Aftermath Collection: la recensione

Giocare al gatto e al topo può anche essere divertente...ma non se siete le prede di un gruppo di Velociraptor!

Dal punto di vista prettamente ludico, il titolo ricorda per molti aspetti Alien: Isolation, visto che il nostro avatar (praticamente mai inquadrato, essendo l’avventura in una prima persona mutuata dalla versione VR e non puntando il gioco sul grande utilizzo di armi od oggetti impugnabili, per cui anche le nostre mani saranno raramente a schermo) si muoverà di soppiatto in un contesto fortemente ostile, cercando di aggiustare svariati elementi ambientali danneggiato dallo stato di abbandono del laboratorio (un po’ come l’astronave alla deriva nello spazio dell’altro titolo di ispirazione cinematografica appena citato). Al posto di un unico ma implacabile nemico alieno, nel casto di questa produzione saranno diversi i nostri avversari, ciascuno con le proprie caratteristiche e in grado di infestare aree diverse della facility, a seconda dei segmenti di gioco proposti avanzando lungo il corso dell’avventura. In alcuni momenti che ci porteranno in aree più ampie e generalmente aperte verso l’esterno, saranno i rettili volanti ad aggirarsi minacciosi sopra le nostre teste; nel caso di infiltrazioni in corridoi più stretti e claustrofobici, il pericolo arriverà sotto forma di velociraptor, mentre in sporadici e scriptati momenti, sarà il gargantuesco Tyrannosaurus Rex a far tremare le pareti…e i nostri denti, dalla paura! A noi sarà affidato principalmente il compito di non farci individuare e di muoverci lentamente e silenziosamente, secondo dinamiche stealth, per raggiungere diversi obiettivi necessari per, ad esempio, riattivare la corrente in un settore, per aprire le porte altrimenti bloccate e accedere all’area successiva, piuttosto che infilarci in un cunicolo d’aerazione troppo stretto per qualsivoglia minaccia giurassica, così da raggiungere una stanza sicura da cui riorganizzare il nostro (sempre striminzito) equipaggiamento. I problemi principali dell’opera derivano presumibilmente dalle sue origini: l’inquadratura e lo studio dei movimenti di camera non riescono a trasmettere quasi mai un reale senso di coinvolgimento e, conseguentemente, minaccia, offrendo un’immagine piatta e ampia delle scene di gioco, probabilmente molto più efficaci se vissute “dal di dentro”, tramite visore; allo stesso modo, il comparto sonoro contestuale risulta poco immersivo, nel fornire indizi e indicazioni diegetiche (elemento invece molto importante in un contesto di questo tipo, nell’ambito della realtà virtuale a sfondo stealth o tensivo); anche interfaccia di comando, controllo e interazione ambientale sembrano presupporre un accessorio diverso dal semplice pad, per muoversi al meglio all’interno del prodotto. In aggiunta, proprio per quanto anticipato in fase di introduzione, avremmo di gran lunga apprezzato l’implementazione dei giroscopi e, chissà, anche del touch screen in modalità portatile, invece il titolo che nasce in ambito VR, controllato con le periferiche ispirate al Wiimote, nell’arrivare su Switch perde qualsiasi particolarità, appiattendosi su un sistema di comandi basilare. Un vero peccato.

Il comparto tecnico di Jurassic World: Aftermath Collection alterna un buon colpo d’occhio, garantito dalla direzione artistica in toon shading che pare introdurci quasi all’interno di un fumetto interattivo, con alcune insicurezze in termini di performance. La soluzione stilistica scelta aiuta infatti a mantenere a schermo un comparto apprezzabile, sia in termini di modellazione poligonale magari non tanto degli ambienti quanto però dei nostri preistorici nemici che di resa delle texture ambientali (piatte, ma per scelta consapevole, con un accostamento di colori decisi e ombre nette che, nonostante la distanza da una riproduzione ottico-retinica, trasmettono in maniera adeguata anche il senso di abbandono, sporcizia e ruggine del laboratorio). I tempi di caricamento però lasciano a volte interdetti, così come la fluidità di movimento, soprattutto nel momento in cui si cerca di controllare la telecamera spostando anche l’avatar nell’ambiente, risulta a tratti fastidiosamente afflitta da scatti piuttosto evidenti. Inoltre, la compenetrazione e l’occlusione del punto di vista della telecamera digitale cozzano troppo spesso in maniera quasi epilettica con le pareti dell’ambiente circostante, soprattutto nei cunicoli e negli anfratti più claustrofobici, spezzando il senso di immersione e la sospensione dell’incredulità in maniera piuttosto frequente. Nel complesso, un prodotto a tratti sotto la sufficienza, per quanto concerne il profilo puramente tecnico.

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La recensione

5.5 Il voto

L'idea di fondo è intrigante, andando a proporre una sorta di Alien: Isolation in salsa giurassica: tensione e coinvolgimento vengono però indebolite sensibilmente sia dal comparto tecnico che da strutture di level e game design chiaramente non ottimizzate per la fruizione al di fuori della Realtà Virtuale per cui il progetto era stato inizialmente concepito

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