Fire Emblem Engage: la recensione

Uniamoci agli eroi del passato per sconfiggere un oscuro male in agguato: strategia e coraggio saranno indispensabili!

Storia curiosa, quella di Fire Emblem: pur rientrando nel novero delle serie Nintendo più longeve, tanto da essere considerata un classico vicino alla tradizione delle produzioni strategiche di stampo giapponese, e pur essendo uno dei brand più attuali nel portafoglio della casa madre, con tanto di adattamento per mobile in grado di bagnare il naso in quanto a popolarità commerciale persino al più blasonato Mario Kart, non è sempre stato tutto così rose e fiori, tra le mura degli uffici di Intelligent System. Vendite troppo spesso limitate al mercato locale, con difficoltà legate prima alla limitata base installata del GameCube e poi alla natura particolare del Wii, la saga passò un brutto quarto d’ora quando, puntando sulle presunte sicurezze commerciali garantite dal DS, propose il remake di uno dei capitoli più amati incappando inaspettatamente anche in quel caso in riscontri mediocri dal punto di vista delle vendite. Ecco che allora la riflessione nel quartier generale di Nintendo si fa sempre più strada: il prossimo capitolo potrebbe segnare la fine della saga perché, qualora anche il progetto per 3DS non fosse in grado di voltare pagina in maniera decisa sotto il profilo economico, la casa madre non avrebbe più motivo di investire in questo pur blasonato brand. Ed ecco così che Intelligent System decide di dare fondo a tutte le sue idee creative e di dare libero sfogo ai tentativi e ai cambiamenti più coraggiosi, infondendo in Awakening quanta più modernità possibile: nel bene e nel male. Ma sempre con lo scopo di rinfrescare il proprio prodotto per il mercato contemporaneo, così da tenere in vita il proprio pargolo, continuando a investire in progetti a marchio Fire Emblem. Direzione artistica più al passo con l’estetica manga/anime odierna; scene animate con maggior cura per la regia; componenti legate a nuove dinamiche di interazione sociale tra le truppe; una maggior cura riservata ad aspetti che in passato erano rimasti forse nelle retrovie, a discapito va detto di una qualità meno raffinata del level design delle mappe e delle pure dinamiche strategiche, da sempre invece al centro dei progetti della saga. Il pubblico del 3DS apprezzò, e non poco, un gioco fresco, forse più leggero ma estremamente curato sotto il versante del ritmo, della narrazione e della grafica: la produzione fu non soltanto in grado di salvare Fire Emblem dall’oblio, ma addirittura di rilanciarlo a pieno titolo tra i franchise di maggior interesse da parte della stessa casa madre, con una Nintendo che autorizzò e promosse (inserendone tantissimi protagonisti nei vari episodi di Super Smash. Bros., dedicando ai soldati dei vari capitoli svariati amiibo, rilasciando ogni versione in contemporanea sui vari mercati mondiali, con tanto di edizioni limitate) diversi progetti a tema, da Echoes: Shadow of Valentia al discusso Fates (che per la struttura addirittura tripartita fu al contempo intrigante e confusionario, e che per character design fu provocante e forse eccessivo, ma che paradossalmente rialzò l’asticella per la qualità delle arene di combattimento in maniera significativa), senza risparmiarsi nemmeno collaborazioni esterne per spinoff più d’azione e, pertanto, capaci di richiamare l’attenzione di un nuovo pubblico verso la saga (grazie ai Warriors realizzati con Koei-Tecmo). Da allora, Fire Emblem è forse cambiato rispetto al passato, trasportando il marchio in una modernità più brillante dal punto di vista estetico, più accessibile sotto il profilo della giocabilità grazie alle diverse modalità e difficoltà studiate dal team di sviluppo e senza dubbio più centrale nelle dinamiche progettuali di Nintendo stessa. Un processo di crescita cementato in maniera poi definita nella generazione poi successiva, a cavallo tanto dell’hardware Switch quanto di quello mobile.

Il 2017 segna infatti il decollo definitivo per la serie: da un lato, viene lanciato Fire Embem Heroes, titolo per cellulari e affini fortemente basato tanto sulle dinamiche basilari del brand, quanto su alcune caratteristiche tipiche dei progetti per mobile con tanto di microtransazioni e continui aggiornamenti; il titolo prende pian piano strada tra i cuori e i portafogli di molti appassionati, grazie a diversi elementi che ne determinano il successo (tra cui una direzione artistica spesso scintillante, affidata di volta in volta a svariati talenti giapponesi, una struttura poco aggressiva in termini di spesa pur progredendo lungo le diverse avventure proposte; una giocabilità semplificata e mordi&fuggi ma pur sempre soddisfacente; elementi “gatcha” piuttosto gratificanti, grazie all’ampio bacino di personaggi storici offerti dalla serie e un continuo supporto da parte di Intelligent System, che continua ancora oggi a diversi anni di distanza a offrire sempre nuovi aggiornamenti), tanto da diventare il progetto più riuscito di Nintendo su hardware non proprietari; oltre un miliardo di dollari guadagnati dal suo lancio (come segnalavamo a giugno dello scorso anno), staccando notevolmente il progetto secondo in classifica (che porta il ben più blasonato nome di Super Mario), chinando la testa solo al fenomeno globale Pokémon GO, in collaborazione con Niantic e The Pokémon Company. Dall’altro viene ufficialmente presentata al mondo Nintendo Switch, rilasciata poi nel marzo dello stesso anno, e proprio Fire Emblem è tra i brand centrali tanto dell’evento, quanto del progetto a medio e lungo termine per la console di maggior successo di sempre della casa di Kyoto: nel corso della presentazione viene introdotto Fire Emblem Warriors, secondo capitolo di collaborazione in salsa Musou per la grande N, dopo Hyrule Warriors, previsto sia per New3DS che ovviamente per Switch, e viene già anticipato un evento dedicato specificatamente al brand, in cui verrà svelato poi il nuovo capitolo principale della saga. Pochi mesi più tardi, infatti, Nintendo annuncerà Three Houses, per poi svelarlo nella sua interezza nel corso dell’anno successivo, immettendolo sul mercato poi nel 2019: un titolo molto ambizioso, sotto tutti i punti di vista, che riesce (complice il grande successo della console, sia sotto il profilo hardware che per quanto concerne il lato software) a raggiungere traguardi importanti sotto il profilo commerciale, diventando il capitolo più venduto di sempre per la saga (con vendite stimate ormai attorno ai 4 milioni di pezzi nel mondo), ampliando ulteriormente il prestigio e la forza del brand presso una fetta di mercato sempre più ampia. A ulteriore testimonianza di quanto ormai Fire Emblem sia colonna portante del business arrivano poi anche Fire Emblem: Three Hopes (ancora in collaborazione con Koei-Tecmo, seguendo un modello simile a Age of Calamity e cioè ancorandone la narrazione e l’universo narrativo a un capitolo specifico della saga, ovviamente l’ultimo episodio principale uscito pochi anni prima) e, soprattutto, Fire Emblem Engage. Un secondo progetto completamente inedito, pubblicato ancora su Nintendo Switch, con uno sguardo rivolto al futuro, uno alle novità introdotte da Heroes e ben dodici rivolti alla tradizione del passato della serie.

L’episodio appena uscito è un titolo particolare, che si distacca molto dal predecessore sotto praticamente tutti i punti di vista. Se da un lato, come vedremo tra poco, la componente ruolistica e quella strategica fanno un passo avanti netto, il tono generale sembra invece propendere per un’atmosfera meno lugubre, tenebrosa e realistica, avvicinandosi invece ai toni della fiaba, seppure sempre intinta nel sangue delle battaglie e nel clangore della guerra. Il protagonista della vicenda, infatti, è la reincarnazione del Drago Divino, ultimo rappresentante di una stirpe sovraumana da sempre dedita alla protezione dei territori abitati dagli umani, in contrapposizione al volere distruttivo del Drago Maligno, contro il quale mille anni addietro l’eroe si scontrò, riuscendo a prevalere di un nonnulla, esiliando il male al di fuori del piano di realtà conosciuto. Sopraffatto dalla fatica e dalle ferite riportate durante gli scontri, rivelatisi vittoriosi anche e soprattutto grazie all’aiuto prezioso degli Emblemi, il protagonista (selezionabile di sesso maschile o femminile a vostro piacimento) si è ritirato in un riposo quasi eterno, nella fortezza del Somniel, isola fluttuante al di sopra delle terre abitate. L’incipit del gioco vede però il risveglio del vostro sacro avatar, in concomitanza con il ritorno degli emissari del male nelle strade e nei villaggi dei vari regni che compongono il mondo di gioco. Le così dette aberrazioni, cadaveri resuscitati dal potere oscuro dei magi al servizio del Drago Maligno, stanno infatti infestando le diverse regioni in cui l’universo finzionale qui rappresentato è formato, arrivando addirittura a varcare i confini sacri del vostro santuario, portando scompiglio tra i Vassalli del Drago Divino e minacciando il destino e la vita della Regina, vostra madre. Un tragico evento, unito alla necessità di recuperare i 12 anelli magici (ciascuno legato allo spirito di un diverso eroe del passato) per prevenire l’invasione del Drago Maligno, daranno il via all’avventura, che vi vedrà discendere nelle vostre vesti umane tra gli abitanti delle varie nazioni, alla ricerca di alleati e alla scoperta di inaspettati nemici. I personaggi sono senza dubbio meno profondi che in Three Houses, così come le vicende narrate, pur accennando intrighi tra i vari paesi coinvolti nella cornica narrativa, non prendono la piega di un canovaccio fatto di intrighi di corte e derivazioni socio-politiche tra le varie nazioni, restando su un livello più semplice (alcuni direbbero anche superficiale), fortemente incentrato sulla leggenda del Drago e sulla sfida tra il Bene e il Male, in maniera più netta e meno complessa di quanto visto e messo in scena nel capitolo precedente. Anche i dialoghi seguono spesso questo approccio più leggero, apparendo in alcuni casi persino un po’ stucchevoli, anche se va altresì detto come invece, grazie a una diversificazione piuttosto curata, molti personaggi riescano a emergere per carattere e caratterizzazione in maniera piuttosto significativa. Non fatichiamo a credere che alcuni tra i nostri lettori possano affezionarsi a figure specifiche di questa nuova avventura, persino più di quanto non sia successo con episodio passati della serie, mentre altri faticheranno a farsi coinvolgere dal dipanarsi delle vicende, al di là degli snodi principali necessari per procedere verso nuove battaglie.

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