ROAD 96: MILE 0: la recensione

Vesti i panni di Zoe e Kaito per scoprire la verità che il loro paese sta cercando di nascondere: il prequel dell'acclamato Road 96, recensito per voi sulle nostre pagine

Nel corso degli ultimi anni ci sono state alcune produzioni che, seppur nate in maniera indipendente e con poche pretese tanto di budget quanto commerciali, sono poi state in grado di settare nuove direzioni per l’entertainment interattivo dei nostri amati videogame, scavando un solco nel quale molti altri talenti hanno avuto meno timore di cimentarsi, cercando di portare avanti un processo di espressione di sé di cui tutti noi appassionati stiamo ormai beneficiando. Pensiamo al rilancio del genere metroid-vania reso possibile dall’enorme successo di Hollow Knight; alla nuova linfa iniettata ai simulatori agresti, grazie a Stardew Valleny. Ma anche a come siano stati rivitalizzati i titoli narrativi, basati su esplorazione e dialogo, da operazioni come Life is Strange. Giusto per citare alcuni nomi simbolo, tra gli esponenti più in vista in questo genere di business model che, nato umile, ha saputo poi elevarsi a nuova pietra miliare, o quantomeno elemento di paragone per chiunque abbia provato e desiderato cimentarsi in strutture interattive similari. Ed è proprio sul binario reso nuovamente attrattivo anche nello scenario contemporaneo degli acquirenti moderni del titolo Dotnod Entertainment e pubblicato da Square-Enix che si è inserito con altrettanto successo Road 96, già a partire dal 2021, grazie al lavoto a quattro mani tra DigixArt e Plug In Digital, seppur con le dovute differenze del caso.

Road 96  è infatti da molti considerato alla stregua in realtà di un gioco di ruolo, affrontabile per lo più in prima persona, con una vera e propria campagna caratterizzata da un approccio a tratti rogue-like, per via della particolare struttura della progressione del canovaccio, legata alla riuscita positiva o meno di ciascuna missione. Per comprendere al meglio il tutto, però, occorre un piccolo excursus riguardante l’incipit narrativo: ambientato negli anni ’90 in una nazione fittizia chiamata Petria, governata da un regime totalitario controllato da una rude dittatura, il giocatore prenderà il controllo di diversi ragazzi che stanno cercando di abbandonare il paese, superando il confine nord della regione, lungo la Road 96, vera e propria strada verso la libertà. I diversi avatar impersonabili sono autostoppisti che dovranno evitare di essere arrestati, se non addirittura eliminati, dalle forze dell’ordine che pattugliano la regione: ogni volta che un personaggio riesce o fallisce nel suo intento, la “run” termina e il fruitore passa a controllare il personaggio successivo, sempre con lo stesso obiettivo. Ogni tentativo, che sia fruttuoso o meno, può spingere avanti il macro arco narrativo, fino al raggiungimento della conclusione, fissata per il 9 di settembre: il giorno delle elezioni politiche a Petria. Un aspetto interessante dell’opera originaria è che durante ogni missione, il giocatore sarà alle prese con diversi dilemmi e decisioni, che si rifletteranno sulle run successive, andando ad influenzare il flusso di gioco e quello dello svolgimento, in un progetto davvero molto particolare ed organico. Oltre alla ripetizione di diversi viaggi uniti da similitudini di contesto ed obiettivo, un altro aspetto mutuato dai rogue-like è quello delle generazione procedurale dei percorsi e delle “mappe”: ad ogni tentativo, infatti, il personaggio potrà essere in viaggio tramite autostop, a piedi, su autobus o taxi, o persino rubando macchine, per poi doversi fermare randomicamente in posti sempre nuovi e diversi, con la possibilità di esplorarli. In questi momenti sarà possibile andare alla ricerca di risorse, gestire il proprio equipaggiamento e interagire con svariati personaggi. Questi momenti sono forse quelli chiave, in cui attivare sia i minigiochi che caratterizzano la varietà del gameplay dell’esperienza pensata dagli sviluppatori, che i dialoghi attraverso i quali effettuare le vostre scelte, influenzando il progredire del racconto, sia in termini di backstory individuali, che di canovaccio principale.

La struttura del prequel è sostanzialmente la stessa, con un’alternanza di diverse fasi di gioco, come già visto nel primo episodio, vivendo l’avventura attraverso gli occhi di Zoe e Kaito, andando a ridurre leggermente la sensazione rogue-like e insistendo maggiormente (anche per via della longevità ridotta rispetto all’antesignano) su una narrazione più tradizionale. Senza dubbio sarà interessante vedere come le convinzioni dei due ragazzi si scontrino, nell’attrito con il duro mondo che li circonda, così come interessante sarà fare esperienza delle loro vite tramite la lente interattiva dell’esperienza ludica vera e propria, arricchita rispetto al passato da nuove fasi che potremmo definire propriamente “rhythm game“: un elemento nuovo che diversifica il prequel, andando a insistere su un aspetto importante e troppo spesso sottovalutato in tante produzioni: la colonna sonora. Per un “road trip” come questo, invece, la componente musicale assume un ruolo centrale, e assurge a colonna portante del tutto ed è per questo che apprezziamo la scelta dei programmatori di virare anche in questa direzione, mettendo in risalto la mecolanza di brani nuovi e di ritorno, di opere famose e altre originali. Nel complesso, se è vero che la componente ludica di queste fasi non coinvolge in maniera convincente, il feeling trasmesso però dalle canzoni saprà entrarvi dentro e diventare parte del vostro viaggio.  

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