Hyrule Warriors: l’importanza di un progetto al di là delle sue vendite

Gli albori della proficua collaborazione tra Nintendo e Koei-Tecmo, nata nel periodo buio del Wii U

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La partnership in salsa Musou tra Nintendo e Koei-Tecmo inaugurata con il progetto sopra descritto si è rivelata davvero fondamentale per i risultati di mercato di entrambe le case di sviluppo. Non tanto nel periodo buio limitato e limitante del Wii U, quanto però nell’epoca immediatamente successiva. Se c’è stata una terza parte pronta sin da subito a supportare la console ibrida lanciata nel 2017, infatti, quella è senza dubbio stata Koei-Tecmo (assieme a NIS, Bethesda e Square-Enix, probabilmente), anche grazie alla vicinanza creatasi con quella collaborazione importante fortemente voluta da Iwata stesso. Oltre a portare proprio Hyrule Warriors in versione completa e ad avvicinare la neo acquisita Gust all’hardware della casa di Kyoto (con frutti qualitativi e commerciali evidenti per tutte le parti in causa, soprattutto per la serie Atelier), la terza parte responsabile di opere quali Ninja Gaiden si è trovata in una posizione privilegiata per vedersi assegnata la gestione di progetti first party prestigiosi e interessanti, aumentando i propri introiti grazie allo sfruttamento di rinomate IP di Nintendo, che a sua volta si è ritrovata un braccio armato e operativo in più, capace di contribuire in maniera significativa alla costanza di output software che ha caratterizzato l’attuale macchina sin dal suo lancio sul mercato. In particolare l’alleanza si è concentrata su un’altra IP della casa di Kyoto: quel Fire Emblem rilanciato dai progetti per 3DS e in vera e propria rampa di lancio nel biennio 2017/18 tra Switch e piattaforme mobile. L’operazione per cellulari espande l’importanza finanziare del franchise, mentre il primo prodotto dedicato alla nuova console ibrida è proprio un Fire Emblem Warriors, per molti versi simile all’Hyrule Warriors da cui tutto ebbe origine: storia originale, in qualche modo capace di mettere assieme diversi protagonisti estratti da svariati titoli della saga, facendo nascere occasioni di incontro e scontro fresche e inattese, inserendo una grande componente action, per quanto infarcita di alcune classiche trovate strategiche mutuate dal brand originario. Nonostante FIre Emblem non sia una IP commercialmente forte come Zelda, grazie alla rinnovata nomea ottenuta da Awakening in poi, il titolo Koei-Tecmo riesce ad affermarsi e a tagliare anche lui il traguardo del milione di copie vendute già il 26 aprile 2018. Un obiettivo importante, se si pensa come sia avvenuto prima del picco di vendite generato sempre su Switch dal primo episodio realmente “main” rilasciato poco dopo: quel Fire Emblem Three Houses che cementa definitivamente la collaborazione tra le due case, visto che lo sviluppo, sempre supervisionato da Intelligent System, è guardacaso stato affidato proprio alla stessa Koei-Tecmo che, evidentemente, ha saputo sfruttare il know-how del capitolo Musou per accaparrarsi sufficiente credito presso Nintendo, da vedersi affidato un compito senza dubbio di maggior prestigio. Ma, come in molti sapranno, il doppio filo che lega queste tre entità (la casa di Kyoto, i programmatori di Omega Force e il brand strategico esaminato) non si è esaurita qui: qualche anno dopo, infatti, l’enorme successo riscosso dal capitolo principale (3,82 milioni di copie, stando ai dati aggiornati a dicembre 2021), spinge tutti gli attori coinvolti a sviluppare un ulteriore progetto in salsa Warriors, questa volta ufficialmente ambientato nel mondo di Three Houses, fungendone in pratica da prequel/sequel/versione alternativa: Fire Emblem: Three Hopes diventa l’ennesimo Musou crossover con Nintendo a superare il traguardo del milione di copie vendute, già nell’agosto del 2022 a poche settimane dal lancio.

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Il frutto più maturo

Una collaborazione così efficace ovviamente non poteva lasciare da parte il fulcro dal quale partì l’intera iniziativa, ed ecco così che, per riempire i sei anni di intervallo tra Breath of the Wild e Tears of the Kingdom, permettendo al team di Aonuma di concentrarsi totalmente sulla realizzazione del seguito di cui i programmatori avevano chiaramente in testa una visione precisa, senza patemi o pressioni commerciali, Nintendo decide di affidare ancora una volta a Koei-Tecmo uno spinoff della saga, addirittura promuovendolo come un vero e proprio prequel, per quanto narrativamente infarcito di viaggi temporali e filoni di realtà alternativi. Nasce così nientemeno che un progetto sì ibrido in termini ludici, ma adeso alla narrativa e al mondo di uno dei giochi di maggior successo nella storia della casa di Kyoto: Hyrule Warriors – Age of Calamity, infatti, si lega indissolubilmente all’universo diegetico di Breath of the Wild, portando il blasone, così come il peso delle aspettative. Apettative che vengono rispettate: l’enorme successo del capitolo principale non viene disatteso, tanto che questa operazione riesce a riscuotere un enorme feedback dal mercato, piazzando ben 3,7 milioni di unità nelle prime 5 settimane di presenza sul mercato internazionale, arrivando poi a superare anche il traguardo dei 4 milioni, per quelli che sono i dati ufficiali oggi in nostro possesso. Cifre astronomiche per un Musou, tanto da diventare l’esponente più venduto di questa particolare tipologia action tanto cara a Omega Force, e posizionandosi tra i giochi più venduti di sempre da parte di Koei-Tecmo, per enorme soddisfazione da parte di tutte le parti in causa. Una soddisfazione che, maturata appieno su Switch, grazie al successo davvero fuori scala di Breath of the Wild, cresciuta passo passo nel gestire ottimamente il legame tra gli sviluppatori e il brand di Fire Emblem, tramite tre operazioni differenti per budget e ambizioni, ma tutte e tre di grande richiamo commerciale, affonda le radici nel periodo buio del Wii U. Quando furono in molti a storcere il naso, nel vedere mischiarsi The Legend of Zelda con l’impronta adrenalinica dei Warriors, ma di sicuro non Nintendo e Koei-Tecmo: loro ci crederono, e solo pochi anni dopo hanno raccolto i frutti di quelle convinzioni.

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