No Place Like Home: la recensione

La dolce vita agreste...dopo l'apocalisse: se non vi ha incuriosito questo incipit, non so cosa possa farlo!

Come in molti di voi sapranno, uno dei generi videoludici di maggior successo e richiamo su una console ibrida, pertanto anche portatile, come Switch è quello dei simulatori di vita agreste: complici gli enormi successi commerciali di titoli come Stardew Valley, capaci di rilanciare un intero segmento tanto da veder rivitalizzati brand come Harvest Moon/Story of Seasons, nonché variazioni sul genere in salsa fantasy o RPG con Rune Factory o il più recente e del tutto inedito Harvestella, sull’hardware di Nintendo abbiamo assistito in questi anni a una vera e propria…fioritura…di produzioni improntate verso queste strutture ludiche, dal ritmo spesso pacato e rilassante, seppur a volte infarcito anche di un pizzico di avventura in più. Ma, dall’altra parte, se c’è invece una tematica che, in realtà da sempre, infarcisce i sogni e le fantasie tanto degli sviluppatori di videogame quanto gli appassionati fruitori questa è senza dubbio quella dell’ambientazione post-apocalittica; che sia post COVID o vittima di infezione zombi, che sia figlio di attacchi nucleari o di invasioni aliene, questo scenario accompagna da sempre il nostro mezzo di intrattenimento preferito, derivato anche dalla letteratura e/o dall’immaginario cinematografico e anche Nintendo Switch non sfugge alle sue grinfie. E quindi era solo questione di tempo prima che i due filoni si incontrassero, lungo un cammino la cui meta finale è il nostro amato eShop.

Nel titolo in questione (No Place Like Home) vi ritroverete a vestire i panni di Ellen Newland, uno dei pochi esseri umani rimasti sulla terra, in visita presso una vecchia fattoria di famiglia solo per trovarla distrutta e scoprire della scomparsa di suo nonno: un evento non poi così inaspettato, visto che appunto il pianeta è ormai diventato una landa desolata: l’umanità ha distrutto la Terra ed è fuggita su Marte! Sconvolta e abbandonata, la nostra protagonista decide però di non darsi per vinta e di rimettere in sesto, passo dopo passo, ettaro dopo ettaro, quanto rimane delle vecchie proprietà, così da iniziare un lungo e faticoso percorso di restaurazione del contesto, in un nuovo dialogo con Madre Natura: starà quindi a voi ripristinare il paesaggio e ricostruire la fattoria di famiglia. Con domande senza risposta che galleggiano nella mente dell’avatar e avventure pronte a dipanarsi dinnanzi a sé, il fruitore dovrà impegnarsi in un’avventura per ritrovare il nonno, salvare gli animali scomparsi della fattoria e aiutare la piccola comunità che saprà riunirsi attorno a questa oasi di speranza. In pratica, dovrete rimettere in sesto quello che una volta era un mondo rigoglioso, ricco di meraviglie e sorprese, ma rimasto ormai devastato e abbandonato dall’umanità, in quella che potremmo definire una semplice ma attuale critica alla società moderna, all’interno della quale sarete armati non di equipaggiamento d’offesa, ma di strumenti prevalentemente agricoli, in un titolo accogliete e rilassante. Il vostro compito primario sarà quello di ripulire i rifiuti lasciati dai vostri simili, fabbricando gli strumenti di lavoro con i materiali riciclati raccolti; dovrete distruggere montagne di spazzatura, ripulendo la vostra casa e la vostra fattoria, facendo così tornare a pascolare sui vostri terreni gli animali, attratti dalla nuova rinascita delle vostre terre. Dovrete trovare i semi nascosti, piantarli per vedere tornare il verde a dominare sul paesaggio, ricavandone anche preziosi ingredienti per succulente ricette. Insomma, il circolo virtuoso sarà il fulcro della parte interattiva gestionale di No Place Like Home. Un lato riuscito, anche se onestamente privo di particolari guizzi creativi, tanto nel loop quanto nell’interfaccia utente, entrambe piuttosto semplici, per non dire banali.

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