Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin: la recensione

Poche storie: Capcom ci riprova e fa centro con la serie spin-off RPG a base di mostri.

Monster Hunter è uno dei franchise di punta di Capcom, tanto da diventare persino una serie TV in arrivo il prossimo mese su Netflix. Negli anni è risucito ad appassionare milioni di giocatori grazie ad un gameplay personalizzabile ed estremamente profondo. Per alcuni, forse persino troppo. Nonostante diversi accorgimenti per rendere la serie più approcciabile, è risaputo che la curva di apprendimento è piuttosto ripida, il che può scoraggiare i giocatori meno inclini agli action. Se siete sempre stratti attratti dall’universo MH ma spaventati dalla complessità della serie principale, allora Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin potrebbe essere un buon primo passo.

Mettiamo subito però in chiaro una cosa: Monster Hunter e Monster Huntere Stories, per quanto condividano certi aspetti e il mondo di gioco, sono due serie ben distinte. La seconda può essere considerata una serie spin-off di stampo puramente RPG, con tanto di combattimenti a turno e quant’altro. Il primo capitolo è stato pubblicato in Europa su 3DS a fine 2017, in pieno boom Nintendo Switch, tanto da far aver fatto passare il gioco abbastanza in sordina, se non tra i veri appassionati. Capcom ha però deciso di ripuntare sulla serie, e questo seguito prende quello che di buono c’era nel predecessore per poi ampliarlo e migliorarlo con meccaniche inedite.

E’ probabile che alcuni di voi abbiano già avuto modo di fare la conoscenza con il gioco grazie alla ricca demo gratuita scaricabile dall’eShop che copre le prime ore di gioco che fungono un po’ da tutorial, ma che danno già una buona idea di quello che è poi il gioco finale. Il protagonista (personalizzabile a nostro piacimento) vive nel tranquillo villaggio di Mahana, quando appare una misteriosa luce rossa che sembra avere uno strano effetto sul Rathalos sacro, il mostro protettore del villaggio: inseguito da alcuni cacciatori, la creatura si mette in fuga, ma non prima di aver lasciato dietro di sé un uovo. Ovviamente, la nostra storia si incrocerà con questo speciale uovo, in un viaggio che ci porterà ad indagare il misterioso fenomeno della luce rossa e la leggenda di un pericoloso mostro che porta le “ali della distruzione”.

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La trama è piuttosto classica e sebbene in certi punti raggiunga un certo livello di pathos, i numerosi siparietti comici rendono l’atmosfera piuttosto scanzonata. Non mancano comunque personaggi secondari interessanti – tra cui diverse vecchie conoscenze del primo capitolo – grazie anche a un buon lavoro di doppiaggio in inglese (nel caso foste dei puristi, è disponibile anche l’opzione per le voci in giapponese). Nonostante diversi ritorni, questo seguito è perfettamente fruibile anche dai neofiti della serie spin-off, e pure di quella principale, grazie ad una storia che si regge in piedi in maniera autonoma. Il clima per lo più spensierato si fonde bene anche con lo stile anime utilizzato, ricco di colori e un character design molto piacevole, anche nei numerosi intermezzi video. Bisogna però riportare un frame rate decisamente instabile, con rallentamenti frequenti sia in modalità portatile che collegati alla TV. La direzione artistica compensa e parzialmente copre queste carenze sul versante tecnico, le quali non vanno però in alcun modo ad intaccare l’ottimo gameplay.

Il fulcro dell’azione sono sicuramente gli scontri con i mostri, divenuti inspiegabilmente aggressivi dopo la comparsa della luce rossa. Il sistema di combattimento è basato su un principio simile alla morra cinese (ovvero il sempiterno carta, forbice, sasso): l’attacco potenza batte la tecnica, la mossa tecnica batte la velocità, che a sua volta prevale sulla potenza. All’inizio di ogni turno possiamo scegliere quale dei tre scagliare e, nel caso un mostro ci stia puntando (reso tramite una linea sul campo rivolta verso noi), inizia un testa a testa: la parte che ha selezionato una tipologia di attacco che prevale secondo il sistema della “morra cinese”, annulla l’offensiva dell’avversario e può colpirlo indisturbata. In caso di pareggio, entrambi subiscono il danno. Il meccanismo si basa sul fatto che ogni mostro per sua natura tende ad utilizzare un determinato tipo di attacco, quindi conoscere l’avversario consente di avere un buon vantaggio nelle battaglie successive.

Questo aspetto ricorda alla lontana quanto avviene nella serie principale: in quel caso è più questione di imparare gli schemi d’attacco dei mostri, ma in un certo senso anche qui si acquisiscono informazioni che si possono scoprire solo combattendo in prima persona, come la barra della salute, inizialmente affidata solamente dall’atteggiamento dei mostri. Ma anche la loro vulnerabilità a determinate tipologie di armi: non abbiamo la vasta scelta dei Monster Hunter classici, ma anche qui tra, spadoni, archi, corni di caccia e altro c’è una buona varietà da sfruttare appieno a seconda di chi abbiamo davanti. O a cosa stiamo mirando. Alcuni mostri hanno come obiettivo possibile diverse parti del corpo (testa, artigli, coda…), accompagnate ognuna da debolezze specifiche e una loro barra della salute: svuotandola a suon di mazzate, possiamo mettere fuori gioco la parte del corpo corrispondente, il che ci consente di disattivare determinati attacchi nemici oppure garantire un effetto stordimento momentaneo. Inoltre, queste parti rilasceranno anche dei materiali preziosissimi per la forgiatura e il potenziamento di nuove armi e armature.

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Commenti 2

  1. Nuas82 says:

    Ci sto giocando anche io e ammetto che mi sta piacendo davvero molto. Peccato per la pessima ottimizzazione del frame rate, l’avrei gestita diversamente anche a discapito dell’enorme qualità visiva che invece il prodotto finale ha. Giocabilità semplice ma non banale, estetica sopraffina, bella colonna sonora e trama interessante. Non mi vergogno a dire che sto giocando di più a questo che a Rise.

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