Aerial_Knight’s Never Yield: la recensione

Detroit: Become Superhuman.

Ogni tanto si sentono le storie di giochi creati interamente da un’unica persona. Oltre a costituire un interessante spunto narrativo da cui partire per raccontare il gioco, è affascinante l’idea di un’unica mente capace di curare ogni aspetto che sta dietro al prodotto finale, spesso (a onor del vero) per vincoli economici: programmazione, grafica, musica… Se pensiamo a giochi come Undertale, Thomas Was Alone, o Gunman Clive, ci rendiamo conto che un’impresa all’apparenza titanica sia effettivamente possibile, pure con ottimi risultati. Ovviamente, per quanto meraviglioso possa sembrare in linea teorica, a conti fatti è fondamentale fare una scrematura, alla ricerca di quei titoli capaci di essere validi anche a livello videoludico, e non solo per l’accattivante fascetta annessa “creato da una persona sola”.

Fin dal suo annuncio su Switch, Aerial_Knight’s Never Yield ha molto puntato su questo aspetto che, bisogna ammetterlo, di solito riesce a fare presa sullo spettatore. Ma il suo sviluppatore, conosciuto con lo pseudonimo di Aerial Knight, è persino andato oltre, tanto da voler mettere il suo nome in bella vista nel titolo stesso. Decisione legittima, non è il primo ad averlo fatto, anche se il rischio di apparire terribilmente autoreferenziali è molto alto: le aspettative aumentano e l’asticella da superare per giustificare una tale scelta si alza di parecchio.

Ad una prima occhiata, il gioco appare esteticamente molto bello, con questo stile comics e “puntinato”, quasi a ricordare i celebri dipinti di Roy Lichtenstein. Anche l’ambientazione in una Detroit futuristica funziona molto, soprattutto per le contaminazioni in stile neon-Tokyo e per l’aver prediletto scorci più periferici e urban. Questa direzione artistica funziona molto bene in velocità, visto che il nostro alter ego sarà in continua fuga da… Beh, ecco… In realtà non è che si capisca proprio così bene. Ci sono droni, esplosivi e volanti di una qualche forza dell’ordine non ben identificata, però gli elementi a nostra disposizione sono minimi. È molto apprezzabile questa “narrazione” per immagini, con brevi scene animate prima di ogni livello, ma il risultato è una non-trama troppo risicata e poco approfondita per poter lasciare il segno. Più che un’apertura a diverse interpretazioni, sembra quasi una scappatoia.

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Molto semplice anche lo schema di controlli, ma in questo caso non è un difetto: un gameplay basato sull’utilizzo delle sole frecce direzionali rende il gioco perfetto a chi non vuole star dietro a troppe combinazioni di tasti vari, che sarebbero solo d’impiccio in un runner. Ad ogni direzione è associato un movimento, a sua volta associato a un colore: freccia su, in rosso, è un salto; in giù, in viola, è una scivolata; a sinistra, in arancione, una capriola in aria per passare in mezzo a due ostacoli. Tra l’altro, anche gli ostacoli sono dello stesso colore del tasto corrispondente, rendendo incredibilmente immediata l’identificazione degli intralci e del tasto da premere.

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