Cult of the Lamb: la recensione

All hail the Lamb! Cioè tutti in ginocchio per idolatrare la pecora divina!

Nemmeno il tempo di recensire il gioco, che Cult of the Lamb è già “million seller“, come riportato sulla nostra home page. Un risultato che testimonia varie cose del mercato dei videogame moderno: da un lato l’enorme bacino di utenza raggiungibile dagli store digitali come l’Shop; dall’altro l’efficacia di mezzi di comunicazione e promozione come quelli dei social; in ultima analisi, le possibilità di sviluppo garantite da strumenti di middleware e da piattaforme sempre più uniformate in termini di programmazione. Tutti questi elementi hanno contribuito a ingrandire a dismisura la penetrazione del panorama indie nel mercato di massa, andando a sostituire quella pletora di produzioni medio-piccole che nel mercato console andava numericamente per la maggiore a cavallo tra gli anni ’90 e i primi 2000. E tra gli attori di questo nuovo gioco hanno preso sempre più posizione sia talentuosi team di sviluppo che intelligenti nuovi publisher ed è proprio in questo ambito che rientra appieno Devolver Digital, un ex piccolo nome dell’ambito indipendente, ormai sinonimo di qualità e, senza ombra di dubbio, richiamo mediatico. Non è un caso il successo di Cult of the Lamb, anche grazie al tam tam pubblicitario con cui il gioco è arrivato al rilascio sul mercato.

Il gioco in questione ci mette senza dubbio del suo, nel farsi notare: in pratica, vestiremo i panni di una tenerissima pecora, sacrificata da bizzarri e ripugnanti mostri, denominati Grandi Antichi in onore della cosmogonia lovecraftiana, convinti che Colui che Aspetta (un loro compare ancor più innominabile, a quanto pare) da loro stessi esiliato al di fuori del mondo dei vivi, possa tornare attraverso il corpo di uno di questi animali. Il nostro protagonista, infatti, è ormai l’ultimo esemplare ancora in vita e, nei primissimi secondi di gioco, non lo sarà già più. Peccato (per gli Antichi) che proprio eliminando l’ultima pecora rimasta, questa venga trasportata nell’Aldilà esattamente al cospetto di Colui che Attende (e che attendendo infinitamente, come sappiamo non può morire): l’essere approfitterà di questa occasione per conferire al nostro avatar i poteri di una sacra (o maledetta?) Corona Rossa, in grado di fornire diversi vantaggi al malcapitato. Primo fra tutti, quello di poter tornare in vita, viaggiando tra il mondo dei defunti e quello dei viventi, senza contare l’arsenale di abilità, equipaggiamento, risorse e influenza verso altri animali di cui da ora in avanti avrà padronanza. Il suo compito? Sconfiggere gli Antichi, sia in scontri all’ultimo sangue (possibilmente il loro) che indebolendone la devozione da parte dei loro accoliti, aumentando le file dei devoti del Culto della Pecora. Da queste pazze premesse antitetiche (la tenerezza di un agnello sacrificale tramutata nella brama di sofferenza altrui, in pratica) prende corpo un’avventura dicotomica sotto svariati punti di vista. Vediamo quali.

Il prodotto consta di due anime ludiche, finemente intrecciate tra loro. Da un lato, le fasi esplorative dei dungeon, sostenute da un forte aspetto di stampo action, con combattimenti fatti di colpi e schivate contro avversari numericamente soverchianti, lungo diverse stanze, al termine delle quali affrontare un boss di fine livello; dall’altro lato la gestione della propria “colonia”, tra accoliti da mantenere e alimentare, aree da coltivare, risorse da arricchire e gestire al meglio delle vostre possibilità. Tutto il titolo continua nell’alternanza tra queste due aree di gioco, visto che al termine di ogni scorribanda verrete riportati (vivi o ri-morti) al vostro accampamento, dove dovrete (e non soltanto potrete) mandare avanti tutte le diverse attività, prima di ri-lanciarvi nella mischia della lotta. Come dicevamo, i due aspetti sono fortemente intersecati tra loro, tra ricompense e obiettivi, visto che ogni dungeon potrà darvi la possibilità di reclutare nuovi adepti (sconfiggendo avversari da convertire o salvando innocenti da accalappiare al vostro credo) nonché raccogliere monete o risorse. Tutto tornerà poi utile una volta rientrati al campo base, dove al contrario potrete investire tutto quanto raccolto (adepti compresi) per la realizzazione di nuovi equipaggiamenti, l’acquisto di nuove armi o lo sblocco di poteri ancora maggiori. Due anime, dicevamo, ma imprescindibili l’una dall’altra, per una produzione ambivalente ma sempre unitaria e coerente.

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