Kamiwaza: Way of the Thief: la recensione

Se il Bushido è la via del Samurai, quale sarà il percorso del Ladro? Scopritelo con la nostra recensione!

Dal punto di vista ludico, una volta approdati a Mikado vi troverete alle prese con diverse missioni all’interno delle quali dovrete portare a compimento furti e rapine, possibilmente senza farvi vedere o, quantomeno, catturare da guardie o altri delinquenti sparsi per le aree di gioco. Se la mappa è sostanzialmente composta da 9 grandi quartieri, certo è improprio parlare di open world, laddove è invece più congruo utilizzare il termine di mappe per descrivere le diverse aree di gioco a vostra disposizione. Ciascuna propone di solito sia ambientazioni in esterna che aree invece interne, con la libertà di movimento necessaria per muoversi a piacimento tra le strade della zona o le stanze di alcune delle costruzioni in essa raccolte, con una discrezionalità piuttosto spiccata lasciata alle decisioni in tempo reale da parte del giocatore stesso. Durante il breve, ludico e interattivo tutorial iniziale verrete introdotti nelle dinamiche più importanti del titolo, tanto a livello di controlli e azioni possibili per il vostro avatar, quanto in termini di correlazione tra esso e il contesto di gioco: in pratica, dovrete cercare di muovervi furtivamente per mettere a segno latrocini veri e propri, possibilmente cercando di non farvi scoprire ed evitando così ogni tipo di scontro; una volta raggiunta un’area all’interno della quale siano posizionati oggetti intesi come possibile bottino, dovrete avvicinarvi ad essi e trafugarli tramite la pressione di un tasto (Y), eventualmente reiterando l’azione qualora alcuni di questi memorabilia necessitassero di maggior sforzo per essere infilanti nella vostra saccoccia per la refurtiva (come se avessero una barra di energia, da azzerare progressivamente continuando a “colpirli”). Se alcuni di questi oggetti fossero apparentemente fuori dalla vostra portata, potrete appoggiare la sacca per terra e caricare un calcio, col quale lanciarla contro pareti i oggetti, causandone così la caduta e poterli, conseguentemente, raccogliere (a patto di aver ri-equipaggiato la vostra preziosa sacca sulle spalle). Nel momento in cui però uno o più degli altri personaggi che popolano l’area dovessero per caso rilevare la vostra presenza, niente paura: premendo uno specifico tasto di azione nel momento giusto il vostro avatar potrà eseguire un’azione di furto repentina che da un lato stordirà l’avversario e, dall’altro, vi consentirà anche di depredarlo dei suoi beni più preziosi, consentendovi sia di proseguire verso la vostra meta, che di evitare lo scontro diretto. Una volta completato il saccheggio, potrete poi tornare verso la vostra abitazione/quartier generale e decidere se utilizzare il bottino per acquistare le medicine necessarie alla vostra figlia adottiva, piuttosto che investirle per aiutare i poveri del quartiere: è qui, in questa delicata fase di scelta continua, che forse si insinua il valore più alto e originale del gioco, che tra dinamiche “overpowered” come quella dello scippo rapido (che finisce per impoverire l’approccio stealth, altrimenti senza dubbio più interessante) e una crescita del personaggio che solo nell’azione della arrampicata (acquisibile dopo un certo punto del gioco e piuttosto utile ed intrigante, riuscendo a garantire la possibilità di scalare le pareti di due abitazioni limitrofe, ampliando in maniera “metroidiana” l’esplorazione dei quartieri) trova una reale giustificazione, pecca altrimenti di una certa ingenuità complessiva.

Una ingenuità che è palese sotto il versante tecnico, come per altro è anche lecito aspettarsi da una semplice remaster di un titolo per PlayStation2, ma che in ogni caso fa storcere comunque un po’ il naso: i modelli poligonali sono davvero poveri e spigolosi, le texture monocromatiche, le animazioni datate. Soltanto il lavoro svolto sulla risoluzione e a tratti sull’illuminazione riescono a rendere il gioco fruibile ancora oggi, all’alba di un 2022 che (ammettiamolo) è poco clemente con le produzioni che identificano gli albori della grafica 3D completamente poligonale. Anche il frame rate non è propriamente sempre fluido, trasmettendo la sensazione di un titolo piuttosto scattoso anche e soprattutto nella gestione della telecamera in ambiente totalmente tridimensionale. I difetti, per altro, non si limitano soltanto all’aspetto puramente di programmazione, ma riguardano anche scelte di dinamiche di gioco, figlie di un’epoca ormai superata: la natura ibrida da aree chiuse e aperte, l’intelligenza artificiale deficitaria delle guardie nemiche, il backtracking forzato verso il quartier generale ogni qual volta un bottino venga trafugato completando la missione, poteri particolari dell’avatar fin troppo spiccati rispetto all’approccio stealth che sarebbe, teoricamente, al centro di tutta la proposta ludica finiscono per non convincere fino in fondo, pur mantenendo il titolo un non so che capace di ammaliare il fruitore: la cornice narrativa fortemente sentimentale, infatti, non passerà del tutto inosservata a chi avrà la forza di proseguire nel racconto, scovandone anche i risvolti sorprendenti e inaspettati.

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La recensione

6 Il voto

Una struttura datata pesa forse più del comparto tecnico comunque obsoleto: chi avrà comunque la curiosità di proseguire l'avventura di Ebizo, però, scoprirà sprazzi di divertimento, inseriti in un contesto narrativo a tratti toccante.

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