Sonic Frontiers: la recensione

Gotta go fast!

Erano altri tempi, ma molti di noi sono cresciuti amando tutti i videogiochi, ma schierandosi per una parte o per l’altra in quella che era una vera e propria faida tra mascotte: il rosso da una parte, l’azzurro dall’altra; la pancetta di un idraulico baffuto contrapposta all’appuntito profilo di un porcospino; Nintendo contro SEGA, nell’eternità lotta ideologica tra la cura del dettaglio e lo sprezzo del pericolo, tra la centellinata maniacale pianificazione del particolare e la coraggiosa ricerca della sperimentazione, tra l’intrattenimento familiare e da salotto e l’adrenalinica e adolescenziale avventura da arcade. Mario e Sonic, a separare due modi di vedersi e di viversi per tantissimi ragazzini cresciuti a pane e controller, a merendine e chip, a su chi di frutta e cartucce. Eppure i tempi cambiano, così tanto e così repentinamente che oggi per molti non farà nemmeno più scalpore vedere il porcospino blu arrivare su console della casa di Kyoto..questa volta con un ulteriore nuovo passo verso la coraggiosa e sprezzante novità di un platform 3D che aspira a caratteristiche da open world: Sonic Frontiers.

In effetti siamo ormai nel 2022; le prime fasi di contaminazione, i primi passi atti a superare quei confini precedentemente più solidi di una cortina di ferro, risalgono addirittura ai tempi del GameCube (o meglio: ai tempi delle enormi difficoltà commerciali del Dreamcast), iniziando un percorso che ha addirittura portato poi a veri e propri crossover tra le due icone (per quanto in salsa sportiva, grazie alla licenza delle Olimpiadi), paradossalmente facendo ritrovare a Sonic quel prestigio in termini di vendite che gli mancava da tempo immemore, proprio grazie all’acerrimo nemico di un tempo. E per quanto soggettivo, è al contempo innegabile come la mascotte di SEGA abbia trovato maggiori affinità negli anni presso gli appassionati della casa di Kyoto, piuttosto che su lidi più tecnologicamente avanzati e seriosi nei toni, come confermano le vendite di diversi capitoli della saga giapponese rilasciati da allora e il generale apprezzamento di opere come Colors (o persino di Rings, precursore dell’epoca d’oro della sperimentazione su Nintendo Wii). E per quanto il porcospino blu pare ormai aver abbracciato una politica totalmente multipiattaforma nei suoi sviluppi, ciò non di meno accogliamo con curiosità la prima opera inedita tridimensionale in arrivo su Nintendo Switch, dopo una gestazione lunga anni.

Sonic Frontiers ha l’ambizione di ridefinire il concetto di platform 3D, quantomeno per quel che riguarda la storia intrinseca del franchise di SEGA: anni di programmazione (per quanto l’arco sia stato ampliato dagli imprevisti del COVID), valori di produzione elevati, sviluppo atto ad includere tutte le possibili piattaforme principali per allargare al massimo il bacino di potenziali utenti, respiro da open world inframmezzato da vestigia platform e momenti di combattimento più action. Insomma, sulla carta svariati ingredienti, in grado di attrarre il pubblico moderno, tanto quanto gli appassionati di vecchia data, con quello che sembrerebbe essere l’equivalente odierno del glorioso Sonic Adventure su Dreamcast. Nel gioco infatti il nostro avatar si troverà spesso in situazioni inedite, girovagando per ambienti piuttosto vasti e liberamente esplorabili, all’interno dei quali sbizzarrirsi sia in termini di corsa e salto liberi, per raggiungere collezionabili o piattaforme specifiche (anche interagendo con alcuni tra gli oggetti tradizionali della serie, come i famosi anelli dorati o i respingenti capaci di lanciarvi in aria, senza dimenticare i boost per aumentare la velocità in maniera incontrollata e le onnipresenti rotaie, su cui grindare), che in termini di combattimento. Identificando infatti dei nemici, potremo avvicinarci per iniziare uno scontro, spesso attivando una sorta di arena attorno agli avversari, che andrà a delimitare l’area di spostamento all’interno della quale potremo dare libero sfogo alle nostre piroette e ai nostri colpi offensivi, per eliminare il nemico. Questa inaspettata vena liberamente esplorativa fa un po’ a pugni con i classici livelli quasi a binari cui eravamo abituati, ricordando davvero il primo salto nella tridimensionalità di tanti anni addietro, in un contesto che potremmo definire open zone, essendo infatti le aree di gioco di questa specie di overworld ampie, ma delimitate e non davvero sempre esplorabili. Anche le battaglie come sopra descritte, con tanto di boss di metà o fine livello, ricordano quasi più le dinamiche ludiche di un adventure, piuttosto che del tradizionale platform, anche grazie a un move set piuttosto pepato, con tanto di albero delle abilità sbloccabili progredendo nella storia, a furia di collezionabili.

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