Fitness Boxing: Fist of the North Star: la recensione

Rimettiti in forma, con il programma...di Hokuto!

Uno degli aspetti più divertenti del mondo dei videogiochi è l’estrema libertà di sperimentazione che si può raggiungere, con tanta fantasia e un pizzico di coraggio. Questo è dovuto alla leggerezza del mezzo di comunicazione, di per sé orientato al ludus, e quindi alla divertente fuga dalla realtà quotidiana, unita all’elevata carica immaginifica e comunicativa offerta dal potenziale audio-visivo intrinseco all’industria. Ma anche a un bagaglio di cultura generale molto ampio, che è in grado di attingere a un bacino di icone, idiomi e crismi stilistici davvero immenso. Da sempre, infatti, il videogioco ha appunto giocato, tanto con i suoi generi che con le sue dinamiche, quanto con i riferimenti extra-diegetici alle correnti di intrattenimento letterarie, contemporanee ma anche e soprattutto legate a cartoni animati e fumetti. Se poi andiamo a scavare nelle profondità dell’intrattenimento di stampo nipponico, ecco che il connubio si fa ancora più stretto e, nel corso degli anni, ritroviamo moltissimi rimandi sotto tutti i punti di vista (estetico ma anche narrativo; ludico ma anche di appeal) tra manga, anime e produzioni interattive provenienti dal Sol Levante. In ultima analisi, per comprendere come sia possibile ritrovarci oggi a recensire l’opera qui presa in esame, non possiamo che prendere in considerazione anche la forza di Nintendo nel settare standard e indicare direzioni, grazie alla forza tanto delle sue IP quanto della sua attitudine all’originalità, punto di partenza imprescindibile per la generazione di epigoni imitativi presso altre realtà produttive: ed ecco così che, come ai tempi la Touch Generation del dottor Kawashima seppe infondere la scintilla in titoli quali Professor Layton, ecco che ad oggi è innegabile l’incidenza di Ring Fit nel consentire a Imagineer anche solo di…immaginare, appunto, questo titolo: Fitness Boxing: Fist of the North Star!

Ring Fit è stato un prodotto molto interessante e curioso sotto svariati punti di vista: mutuando la tattica commerciale del “Blue Ocean” di Wii Fit alla demografica più ampia e stratificata di Switch (in confronto a una Nintendo Wii estremamente indirizzata verso un pubblico davvero occasionale), ecco che il team interno di Nintendo non abbandona la tematica del fitness, assolutamente ancora oggi sulla bocca di tutti, ma la approfondisce arricchendola di un’estetica nuova, di una cornice narrativa e di dinamiche ludiche legate alla crescita del personaggio, strizzando l’occhio anche agli appassionati di RPG di tutto il mondo. Mettici poi una nuova e curiosa periferica, l’atavico problema della forma fisica soprattutto presso i grandi appassionati di videogiochi un po’ il tutto il mondo e quel pizzico di pandemia e conseguente lockdown che non guastano mai (a prodotti di intrattenimento casalingo, in grado di distrarre e, al contempo, evitare l’obesità dilagante) ed ecco che la ricetta per un titolo di grandissimo successo è servita. Tanta pianificazione, moltissima fantasia e un pizzico di fortuna contestuale, che hanno garantito a Ring Fit di toccare picchi commerciali assolutamente incredibili (parliamo ad oggi di oltre 15 milioni di copie vendute sul globo terracqueo). Non tutte le altre software house sono rimaste a guardare, anzi: tra esse ce n’è stata una in grado di offrire un prodotto forse più tradizionale, sempre legato al dinamismo di interazione fisica offerto dall’accoppiata dei JoyCon, riuscendo con ben due episodi a fila nel tagliare il traguardo del milione di copie vendute, salvo poi lanciarsi in un’operazione più fuori dagli schemi, senza dubbio coraggiosa e, chissà, forse dotata anche di un pizzico di follia: ed ecco così che nasce l’idea di mutuare la struttura ludica del buon Fitness Boxing all’universo diegetico di Hokuto no Ken, da noi occidentali conosciuto con il nome di Ken il Guerriero. Tieniti in forma, seguendo le indicazioni di allenamento dei più famosi personaggi del primo arco narrativo dell’opera di Buronson e Tetsuo Hara, agitando le mani che impugnano i JoyCon separati, per eseguire diverse mosse che ti aiutino a tenerti in forma. Di base, infatti, il gioco segue le stesse dinamiche dei titoli originali di questa casa di sviluppo, cambiandone l’ambientazione e i protagonisti (e con ciò, conseguentemente, il tono): anziché una moderna palestra, vi troverete ad apprendere i rudimenti della Sacra Scuola del Pugno della Stella Polare all’interno di un tempio di arti marziali simil-buddista, circondato dalle rovine di un mondo post-apocalittico. Anziché un personal trainer fresco e alla moda, davanti a voi, in posizione specchiata rispetto alla postura corretta che dovreste tenere con il vostro intero corpo, ci sarà nientemeno che Kenshiro, ultimo erede della Scuola di Hokuto, con il suo abbigliamento di pelle e tessuti strappati e impolverati. Ma l’incedere ludico, soprattutto in modalità allenamento e in fase iniziale, riprende le stesse dinamiche. Impugnando i due controller e posizionandovi in piedi davanti alla TV dovrete eseguire tutta una serie di movimenti, in maniera piuttosto netta e decisa affinché i giroscopi riconoscano senza ombra di dubbio i vostri sforzi, seguendo le indicazioni riportate a schermo, sostanzialmente sempre suddivise in due “strisce” verticali, che stanno ad indicare il JoyCon destro, piuttosto che il sinistro. La icone sono di semplice lettura e coadiuvano in maniera ottimale la lettura del flusso di gioco, aiutato anche dalla colonna sonora, visto che in pratica i colpi devono essere eseguito a tempo con il ritmo dell’accompagnamento sonoro che fa da sottofondo. Il risultato non è propriamente un rhythm game musicale, quanto piuttosto un gioco di cardio e di coordinamento tra l’occhio e il resto del nostro corpo, dovendo eseguire colpi differenti e mescolati tra loro anche sotto forma di combo piuttosto diversificate, quantomeno progredendo lungo i livelli più impegnativi dell’opera.

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