THE OUTER WORLD – Benvenuti a un nuovo appuntamento dedicato alla nostra rubrica intitolata “The Outer World”, una finestra nuova per Switchitalia, con vista sui mondi videoludici che si espandono fuori dalle consuete e familiari mura dell’universo Nintendo. Se volete più dettagli sulla nostra iniziativa, vi rimandiamo all’articolo introduttivo con cui ve la presentiamo, sospinti dalla curiosità esplorativa tipica degli amanti dei videogiochi. Questa volta è il turno di una vera e proprio icona: Diablo IV è infatti disponibile da oggi e la nostra redazione ha potuto provarlo per voi, in edizione Xbox Series S!
Ci sono titoli che, sostanzialmente da sempre, contribuiscono a creare l’immaginario collettivo del mezzo di intrattenimento più amato da tutti noi videogiocatori; produzioni che esulano dalle specifiche piattaforme di fruizione o che, al contrario, aiutano a definirle; giochi che nel corso dei decenni cementano la propria immagine presso un ampio spettro di appassionati; progetti che entrano di diritto a far parte del novero di capisaldi, anche se non sempre necessariamente capolavori, dell’industria lungo diverse generazioni, tanto di hardware quanto di consumatori. Super Mario per gli amanti dei platform, Street Fighter per i malati di picchiaduro, Zelda per chi non può far a meno degli adventure…e poi certi titoli da sempre rappresentativi del gaming da PC, ormai debordato ufficialmente anche in ambito console, con le lor atmosfere infernali, il loro sano gradiente di violenza, la loro giocabilità estrema, fatta tanto di un livello di sfida importante, quanto di una necessaria dedizione per assaporarli fino in fondo, succhiandone l’essenza fino al midollo. In questo gruppo possono rientrare senza dubbio diversi titoli, ma ci piace accomunare da un lato DOOM e dall’altro Diablo. Curioso notare come stiano entrambi finendo (anti-trust permettendo) sotto la medesima etichetta Microsoft e altrettanto curioso notare come entrambi i franchise siano sbarcati in pompa magna anche su console Nintendo proprio nel corso di questa generazione, con i porting impossibili di Panic Button sia di DOOM che di DOOM Eternals, ma anche con l’ottima conversione di Diablo III: Eternal Collection e di Diablo II: Resurrected. Quattro esempi lampanti di come il piccolo hardware ibrido della casa di Kyoto possa offrire esperienze di gioco competenti, se messo nelle sapienti mani di sviluppatori esperti ed appassionati, anche per fruire progetti tipicamente pensati per capacità di calcolo più ampie e modalità di fruizione differenti. Ed è con grande piacere che, a pochi giorni dal lancio di un Tears of the Kingdom che si sta proponendo davvero come leggendario, accogliamo anche l’arrivo di un altro di questi pilastri dell’industria: Diablo IV, pronto a rilanciare il brand agli occhi del pubblico di oggi, senza lasciare indietro gli appassionati di lunga data.
In Diablo IV uno dei franchise più storici dello sviluppo videoludico occidentale ritorna, dopo uno iato di diversi anni, riprendendo il filone della narrazione in maniera coerente con quanto precedentemente illustrato ai milioni di fan sparsi per il globo, ma impugnando anche tutta una serie di decisioni piuttosto significative su come proseguire lungo il canovaccio e su come sciogliere determinati nodi narrativi. Il tutto riparte, dopo una splendida introduzione animata davvero splatter ma al contempo affascinante, dagli eventi di Diablo III: il finale del precedente episodio lasciava aperti diversi scenari piuttosto importanti e significativi per la lore dell’universo finzionale ideato anni orsono da Blizzard, legati al fato dei potenti essere demoniaci noti come Primi Maligni, al ruolo del nuovo protagonista Lorath e alle atroci sofferenze patite dall’umanità a causa dei Reapers. L’impatto dei primi in particolare ha avuto evidenti conseguenze nel dare forma e sostanza alle atmosfere non soltanto lugubri, ma gore di Diablo IV, definendone tanto i toni quanto la struttura, con un Sanctuarium open world chiaramente influenzato dalla presenza di queste maligne entità. Un mondo cupo e ostile, con la distruzione a farla da padrone, disseminando le ampie aree di gioco di rovine di templi sacri e religiosi, resti desueti di un’umanità che lotta, disperata, per ricostruire e sopravvivere al centro di un caos imperante. Piccole sacche di resistenza che, speranzose, tentano di riportare la luce in mezzo alle oscure tenebre che hanno avvolto il globo. L’incipit prende corpo circa 50 anni dopo gli eventi di Diablo III, iniziando l’avventura sulle Vette Frantumate, per poi venire risucchiati nel turbinio di disavventure di più ampio respiro che sconvolgeranno l’intero Sanctuarium nella lotta tra il Paradiso Celeste e gli Inferi Fiammeggianti, inframmezzati dal tentativo disperato degli Horadrim di limitare ed esiliare di nuovo la ritrovata e spaventosa Lilith: Lorath, Donan, Neyrelle e Prava nella loro Cattedrale della Luce, alla guida di una fazione militare con davanti a sé un compito inavvicinabile, vista l’apparente supremazia della regine degli inferi, portando avanti un racconto dai contorni semplicemente tragici, facilmente ascrivibile come la più oscura mai raccontanta all’interno dell’intera serie. Per gli appassionati di lunga data, sarà un po’ come ritornare a casa, riabbracciando i toni più gotici e malevoli di un canovaccio che, forse, con il terzo capitolo numerato si era un po’ edulcorato rispetto all’asprezza delle origini.