Pikmin 4: la recensione

Tornano i piccoli e amabili esserini alieni più amati di sempre, ancora una volta pronti a sacrificarsi in massa, per un bene superiore...quello del giocatore!

Come abbiamo spiegato solo pochi giorni fa qui, sulle nostre pagine in occasione della recensione di Pikmin 1+2, l’amata serie con protagonisti i piccoli alieni affonda le sue radici (!!!) ai tempi del GameCube, epoca in cui la geniale mente di Shigeru Miyamoto diede vita a una nuova visione videoludica, inventandosi le disavventure di Capitan Olimar, originariamente in solitaria su un pianeta sconosciuto e ostile. Naufrago spaziale, il nostro avatar doveva recuperare i pezzi mancanti della propria astronave entro un certo tempo limite, che segnava le sue scorte di sopravvivenza sulla superficie del globo alieno, destreggiandosi tra ostacoli ambientali, creature nemiche e problematiche varie…per sua fortuna non da solo, bensì accompagnato nell’avventura da tanti piccoli esserini, adorabili ma anche utilissimi. I famosi Pikmin, ovviamente, che danno il nome al gioco e che, nel corso dei decenni, si sono arricchiti di sempre nuove conoscenze; da quelli rossi (forti e resistenti al fuoco) a quelli gialli (più leggeri e in grado di maneggiare gli esplosivi), passando per i blu (in grado di nuotare e attraversare gli specchi d’acqua) siamo arrivati poi alle diverse novità introdotte dai seguiti: i Pikmin viola (lenti ma potenti) e quelli bianchi (veloci e velenosi) introdotti nel secondo episodio, oppure i Pikmin roccia (in grado di distruggere le barriere più resistenti) e quelli rosa (volanti, capaci quindi sia di trasportare oggetti superando diversi ostacoli che di attaccare esseri ostili a mezz’aria). Il tutto senza dimenticare per altro i compagni di viaggio umanoidi che hanno caratterizzato tanto il seguito diretto per GameCube quanto la terza incarnazione su Wii U prima, e Switch poi: nuovi capitani ad affiancare Olimar o pronti a sostituirsi a lui nell’esplorazione di lande sconfinate e tutte da scoprire, per recuperare fonti di energia o, più spesso…altri compagni di viaggio dispersi. Sì, perché Pikmin è sempre la storia di un naufragio su un mondo alieno, dove per vari motivi le astronavi dei nostri viaggiatori interstellari finiscono sempre per fare una brutta fine, spingendoci (attraverso un cliché narrativo così abusato da fare il giro e diventare una tradizione imprescindibile) verso la dinamica di gioco principale dell’intero franchise made in Nintendo: la gestione di poche risorse al fine di ampliare il nostro orizzonte esplorativo, così da recuperare abbastanza elementi sparsi per il mondo di gioco, da far ritorno a casa grazie al nostro mezzo di trasporto interplanetario.

Da sempre a metà strada tra diversi generi, come forse solo Nintendo sa fare, rimescolando elementi ludici senza vincoli preconcetti e cercando semplicemente di offrire il miglior prodotto interattivo possibile secondo la visione dei propri talentuosi team di programmazione, Pikmin 4 si muove in continuità con i valori cardini del brand, proponendo al suo fruitore una sorta di strategico gestionale in tempo reale, fatto tanto di esplorazione quanto di combattimento, seppur non diretto ma gestito altresì attraverso i diversi comandi impartibili alle nostre truppe, di ricognizione e di attacco. Il fine ultimo, al di fuori degli scontri obbligatori, necessari per superare un determinato snodo narrativo sconfiggendo i classici boss di metà o fine livello, è comunque quello di riuscire, tramite l’oculata amministrazione dei soldatini al nostro servizio, a recuperare diversi elementi collezionabili sparsi nelle differenti e variegate aree in cui il mondo di gioco è suddiviso, con l’obiettivo finale di allargare il bacino di risorse a nostra disposizione, fossero essere quelle energetiche per far ripartire l’astronave, piuttosto che quelle degli stessi Pikmin, fondamentali per l’esecuzioni di tutte le attività cardine su cui il gioco si fonda. Un gameplay molto particolare, capace per altro di fondere in maniera misteriosa relax e ansia in giuste dosi, risultando irresistibile proprio per la sua unicità derivante da questa personalità specifica e inimitabile: e già vi anticipiamo che anche il quarto capitolo si muove sul solco tracciato fino a oggi, con un discreto pizzico di novità, per non farsi mai mancare niente, in casa Nintendo. Quelle più immediate e che saltano subito all’occhio sono in particolare due: da un lato, la nuova inquadratura che varia il punto di vista del fruitore rispetto al mondo di gioco; posizionata più vicina al suolo, ravvicinata rispetto al passato ma anche posizionata con una diversa inclinazione, meno a volo d’uccello e più alle “spalle” dell’avatar principale, potrebbe inizialmente disorientarvi rispetto alla classica impostazione gestionale, che garantiva un colpo d’occhio più vasto, riuscendo a controllare un’area maggiore e, conseguentemente, un numero di elementi a schermo numericamente più complesso, ma finirà per aumentare a dismisura il senso di immedesimazione all’interno di questo universo finzionale. L’elemento di scala tra il proprio personaggio (e i suoi piccolissimi aiutanti) e il contesto ambientale all’interno del quale essi si muovono è sempre stato presente, come pilastro del world building e del level design delle produzioni di questo brand, ma arriva oggi ad assumere tutto un altro senso grazie a questo escamotage, capace di far percepire al fruitore stesso, in maniera piuttosto diretta, questa sensazione straniante in termini di proporzione e dimensioni, incrementando in maniera davvero significativa il grande valore del coinvolgimento. Nota secondaria ma non troppo, l’estrema vicinanza della visualizzazione del mondo farà assumere a ogni più piccolo elemento contestuale un grande significato comunicativo, tanto più per quegli elementi fortemente legati al mondo reale e al nostro pianeta, siano essi oggetti da raccogliere come il mitico Game Boy Advance, per potenziare l’energia della nostra nave spaziale, piuttosto che oggetti dello scenario coi quali interagire per spostarli o superarli, in ottica esplorativa, come staccionate, radici, piante o pietre. Senza contare l’enorme effetto fiabesco che otterrete nel girovagare, per la prima volta in un gioco di Pikmin, anche in aree “indoor”. Il secondo elemento poi che è chiaramente nuovo rispetto ai tre precedenti capitoli è ovviamente legato alle nuove tipologie di Pikmin che potrete incontrare, raccogliere, coltivare e comandare: da un lato le nuove creaturine ghiacciate, capaci sia di congelare alcuni avversari (a seconda ovviamente del loro possibile vantaggio numerico, come sempre!), piuttosto che elementi ambientali facendoli diventare a quel punto distruggibili, ma soprattutto specchi d’acqua, rendendoli così attraversabili, ampliando ovviamente le vostre possibilità di spostamento e movimento sulla mappa di gioco; dall’altro lato troviamo invece i nuovi esserini fluorescenti, indispensabili per le vostre scorribande…notturne!

Ebbene sì, un’altra grande novità è quella legata alle sessioni non-diurne, disponibili per la prima volta proprio in questo inedito quarto episodio della serie. Se, infatti, in passato al tramontar del sole il nostro Capitano di turno era obbligato a riparare nella propria astronave e decollare per stazionare lontano dalle grinfie delle pericolosissime creature aliene che popolavano l’ecosistema ostile in assenza del sole, in Pikmin 4 avrete invece la possibilità di fermarvi sul suolo e continuare la vostra esplorazione anche nelle fasi notturne. Coerentemente con quanto visto in passato, le normali creaturine che vi accompagnano durante le scorribande sotto i raggi del sole non potranno avventurarsi fuori delle proprie “Cipolle” in questi momenti, ma non temete perché non dovrete affrontare le tenebre da soli: i nuovi e affascinanti Pikmin “fantasma”, infatti, saranno in grado di illuminarvi (limitatamente) il percorso, consentendovi di muovervi lungo i diversi livelli alla ricerca di collezionabili di vario tipo, tra cui anche…i cadaveri dei temibili mostri notturni, piuttosto forti ed inquietanti, ma anche in grado di donarvi molta energia, qualora riusciste a sconfiggerli. Insomma, chi non risica non rosica, ma Nintendo riesce ovviamente ancora una volta a gestire al meglio l’equilibrio tra il giusto livello di difficoltà e quel grado di varietà e diversificazione rispetto alla tradizione che l’inserimento di questi nuovi elementi finisce per offrire al prodotto finale. Imparando anche dal passato: sì perché accanto alle aree illuminate solo dal chiarore della luna, sarà possibile esplorare anche le caverne, mutuate in parte dal secondo capitolo del brand, ma secondo una logica strutturale congegnata con più cura, senza sfociare in quel puro elemento “dungeon crawler” che si era vissuto in passato, con picchi di difficoltà piuttosto frustranti e lungaggini piuttosto noiose. In questa nuova incarnazione inedita per Switch, invece, il tutto mantiene la giusta curva di apprendimento, offrendo un ritmo di gioco variegato, ma gestito in maniera più leggera e meno invasiva. Un’esperienza meno “hardcore“, ma senza dubbio più godibile, in fin dei conti.

PUBBLICITÀ
PUBBLICITÀ

ARTICOLI CORRELATI

Prossimo articolo

Lascia un commento

ULTIMI COMMENTI

VIDEO

Ben tornato!

Effettua l'accesso

Crea un account!

Compila i seguenti campi per registrarti

Recupera password

Per favore, inserisci il tuo Username o la tua Email per recuperare la password.

Crea nuova Playlist