PlayStation 5: Dragon’s Dogma 2: la recensione

Una voce vi chiama a sé, il futuro del Vermund vi attende. Il Drago ha fatto la sua scelta.

Le pedine incarnano senza dubbio il principale vettore di unicità del titolo, eccezion fatta per la pedina principale, potremo evocarne altre due attingendo dalla faglia, piano dell’esistenza sospeso tra le realtà in cui è possibile collegarsi alle pedine principali degli altri giocatori per chiederne ausilio, valutandone la classe, la personalità, la missione, la relativa ricompensa, e il livello, primo parametro di valutazione in quanto, al contrario della pedina principale, le pedine aggiuntive non saliranno di livello, rendendo necessario sostituirle via via che si procederà nell’avventura. Le pedine aggiuntive possono essere assoldate mediante una specifica valuta di gioco, controbilanciata dalla ricompensa ottenibile soddisfacendo i requisiti di completamento della missione che il proprietario della pedina ha deciso di assegnarle, ma l’interazione con l’Arisen proprietario della pedina non si esaurisce qui, le pedine evocate nel nostro mondo portano infatti con sé la memoria delle imprese già affrontate nel proprio mondo, facendo strada, alla stregua di un navigatore, nel qual caso avessero già terminato una certa quest o indicando il luogo in cui si nascondono oggetti preziosi e forzieri, un aiuto davvero prezioso in Dragon’s Dogma 2, data l’assenza di navigatori in minimappa, oscurata se non già esplorata, e la posizione di alcune risorse, che spesso non si notano finché non ci si inciampa sopra. In combattimento le pedine utilizzeranno al meglio le proprie abilità in base alla loro personalità, ad esempio una pedina “gentile” penserà sempre prima a prendersi cura dei suoi compagni che a colpire il nemico o a preservare la propria incolumità, mentre una pedina “distaccata” penserà sempre prima alla propria incolumità. Lasciando qualcosa all’immaginazione, le pedine sono una continua scoperta, esprimendo alcuni comportamenti e funzionalità solo in determinate circostanze, come afferrare l’Arisen al volo qualora dovesse cadere da un’altura o trasportare le pedine svenute ai piedi dell’Arisen perché possa rianimarle in sicurezza durante un combattimento, ma non è tutto oro quello che luccica, se le pedine sono infatti vitali per avere la meglio in combattimento e affrontare i lunghi viaggi che ci separano dalle nostre mete, saranno una condanna a morte se a metà di un lungo viaggio dovessero cadere in acqua dopo essersi avvicinate pericolosamente al ciglio di una scogliera, lasciandoci soli con la miriade di mostri che ci aspettano dietro l’angolo, insomma, parliamo di un’ottima IA, ma non a prova di bomba.

Partendo dal cuore dell’esperienza di gioco, raggiungiamo i margini più esterni dell’ultima produzione Capcom, il mondo di gioco. Dragon’s Dogma 2 non presenta una tipologia di open world che ci si aspetterebbe da una produzione contemporanea, già durante i primi spostamenti tra luoghi di interesse ci si rende conto che più che in un mondo davvero aperto e liberamente esplorabile si stia avanzando in un intricato sistema di percorsi interconnessi, ricchi di anfratti che nascondono ricchezze, maestose creature da sconfiggere e luoghi di interesse secondari, ma anche di vicoli ciechi e di tantissimi, troppi, incontri casuali con nemici minori, che, uniti all’impossibilità di cambiare in viaggio la vocazione e le abilità in uso, rendono a tratti ripetitiva l’esperienza di gioco. L’intento del world design e delle meccaniche di esplorazione è di non relegare il viaggio a una mera attività di intermezzo tra una quest e l’altra, prefiggendosi invece di elevarlo a parte integrante dell’avventura, a tal fine è ad esempio impossibile recuperare parte della vita persa se non riposando a un falò o nelle locande presenti nei vari insediamenti, i viaggi rapidi sono merce rara e se si pianificano male le tappe si rischia di affrontare la notte, durante la quale non si vede a un palmo dal naso ed è necessario l’utilizzo della lanterna, inoltre la probabilità di incontrare nemici aumenta. Lodevole e divertente, il buio reale durante la notte colpisce nel segno, passi anche per la scarsità di viaggi rapidi, ma la quantità di incontri casuali sommata alla tipologia di gameplay e di open world rischiano di trasformare un nobile intento in un apparente tentativo di allungare il “percorso”, in una mappa di gioco per altro abbastanza risicata. Non aiuta particolarmente una direzione artistica che sa di già visto e che in ogni caso non brilla se non nelle animazioni, con particolare accento alle creature di grandi dimensioni, dotate di moveset spettacolari, capaci di farci sorvolare sulle imprecisioni nel movimento e degli attacchi destinati all’Arisen, in generale si nota l’intento di puntare ad un’estetica realistica, ravvisabile soprattutto nel design degli ambienti e ben riuscito nei piccoli paesi e negli ambienti naturali, al contrario delle grandi città, che invece risultano meno credibili, eccessivamente pulite e ordinate, ma il reale punto di rottura avviene con alcuni capi di vestiario ed equipaggiamento, che, al di là dei gusti personali, cozzano irrimediabilmente con il realismo espresso tutto intorno, spesso infatti le migliori statistiche di un indumento o di un’armatura corrispondono con l’aumento delle porzioni di pelle esposta di pedine e Arisen femminili. La colonna sonora si posiziona, senza particolari guizzi, nella zona di comfort J-RPG, sicuramente più interessante e suggestiva durante l’esplorazione piuttosto che in combattimento. Purtroppo il difetto oggettivo di maggiore impatto sull’esperienza di gioco risiede nel comparto tecnico, affiancando ad un colpo d’occhio che rasenta la generazione passata un frame rate che su PlayStation 5 non supera i 30 FPS, e che addirittura crolla a più riprese durante i combattimenti e quando si attraversano le aree più affollate, una gradevole illuminazione e una buona profondità di campo non sono quindi che una magra consolazione. Buona, ma non eccelsa, l’integrazione delle funzioni aptiche del DualSense, non pervenuti invece i grilletti adattivi.

In Dragon’s Dogma 2 passato e originalità si incontrano anche nell’approccio alle quest, mentre le quest principali possono essere svolte in qualsiasi momento, le quest secondarie sono molto spesso legate al passare del tempo, rendendo più reale la richiesta di aiuto di un NPC preoccupato per la sorte del fratello, avventuratosi nel bosco e di cui non si hanno più tracce da ore, starà a noi decidere se correre in suo soccorso immediatamente o attendere e portarne indietro solo le spoglie, tuttavia molto spesso, che piaccia o meno, le indicazioni che riceveremo saranno limitate, spingendoci a ragionare attentamente sulle informazioni ricevute, in odore di antiche produzioni. Per quanto riguarda l’interazione con gli NPC, in generale siamo ben lontani dalle possibilità di interazione offerte in Baldur’s Gate 3, potremo al massimo scegliere se accettare o rifiutare un incarico, ma saremo liberi di fare strage di comprimari, rinunciando chiaramente alle ricompense garantite dalle quest che non potranno più assegnarci, ma senza che sia mai messa a rischio la possibilità di concludere l’avventura. Hideaki Itsuno è chiarissimo sin da subito con il giocatore: Dragon’s Dogma 2 vuole essere uno specifico tipo di esperienza videoludica, un parco giochi in cui sappiamo con assoluta certezza dove siano l’entrata e l’uscita, ma all’interno del quale possiamo scegliere con cosa intrattenerci e come, se infatti ci sarà concesso un ottimo grado di libertà per quanto riguarda il “come” affrontare l’avventura in termini di puro gameplay, per quanto riguarda esplorazione e interazione con il mondo di gioco siamo lontani da ciò che l’open world RPG generalmente richiama. L’open world action RPG di Capcom si esibisce in una danza scandita da contrasti e assonanze che spinge ad indagare più a fondo il significato della terminologia di settore e, soprattutto, ci ricorda che nell’odierna corsa del mercato all’action RPG in stile Souls abbiamo dimenticato quante altre possibilità valesse la pena esplorare in cambio di un panorama di genere ben più variopinto.

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La recensione

8 Il voto

Semplice nell'approccio, permette di immergersi in una classica avventura Fantasy RPG senza troppi preamboli, mettendo al primo posto divertimento e spettacolarità, restano purtroppo indietro comparto tecnico e pulizia generale delle meccaniche di gioco.

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