PlayStation 5: Dragon’s Dogma 2: la recensione

Una voce vi chiama a sé, il futuro del Vermund vi attende. Il Drago ha fatto la sua scelta.

THE OUTER WORLD – Benvenuti a un nuovo appuntamento dedicato alla nostra rubrica intitolata “The Outer World”, una finestra nuova per Switchitalia, con vista sui mondi videoludici che si espandono fuori dalle consuete e familiari mura dell’universo Nintendo. Se volete più dettagli sulla nostra iniziativa, vi rimandiamo all’articolo introduttivo con cui ve la presentiamo, sospinti dalla curiosità esplorativa tipica degli amanti dei videogiochi. Zaini in spalla, dunque, il cammino è lungo e la strada è disseminata di pericoli, anche la più piccola distrazione potrebbe costarci caro.. ok, prima troviamo il modo di raggiungere quel forziere, poi però dritti alla meta senza interruz.. è un ciclope quello?

A 12 anni di distanza dall’acclamato primo capitolo, è finalmente giunto il momento di immergerci nuovamente nelle atmosfere dell’action-RPG open world di casa Capcom, ancora una volta affidato alla sapiente direzione di Hideaki Itsuno. Dragon’s Dogma 2, com’è consuetudine per la grande famiglia dei titoli RPG, necessita di un’analisi per compartimenti, prima di poter giungere a conclusioni più generali, a maggior ragione dato che Capcom, ancora una volta, ha preferito proporre la sua idea di action-RPG, senza lasciarsi condizionare dalla miriade di forme in cui il genere si è cristallizzato in questo vivissimo decennio di produzioni videoludiche, confezionando un titolo capace di essere originale e moderno pur mantenendo un forte legame con il passato. In Dragon’s Dogma 2 ci ritroveremo ancora una volta a vestire i panni dell’Arisen, scelto dal Drago e per questo destinato dal Vermund a ereditare il trono, non sarà tuttavia necessario aver giocato al primo capitolo per godere appieno del suo successore, in quanto la trama della quest principale è completamente indipendente e, mediante le numerose quest secondarie, sarà possibile approfondire ampiamente la lore di gioco, unico sostanziale raccordo tra i due titoli. Va detto che la trama non si distingua per originalità, demerito accentuato dalla scarsa profondità e caratterizzazione dei personaggi che la animano, riassumendola in poche parole: dovremo aprirci la strada tra i complotti dei reggenti provvisori del Vermund, per troppo tempo rimasti liberi di consolidare il potere in assenza dell’Arisen, il risultato è che l’esiguo apporto di trama e personaggi all’esperienza di gioco inviti il giocatore a concentrare la propria attenzione altrove, limitandosi ad incorniciarne il vero cuore pulsante, il gameplay. Come in ogni RPG che si rispetti, per prima cosa in Dragon’s Dogma 2 dovremo decidere le fattezze del nostro alterego e avremo a disposizione un character builder di eccezionale qualità, tanto dettagliato e pratico nella fruizione da aver permesso agli utenti più esigenti di riprodurre le fattezze di numerose celebrità, videoludiche e non, chiaramente al costo di qualche ora spesa tra i numerosi menù e slider che lo compongono. Oltre al nostro alterego ci sarà poi chiesto di creare l’avatar della nostra pedina principale, anche in Dragon’s Dogma 2 è infatti presente la meccanica delle pedine, in game companion che, animati da un’ottima IA, ci accompagneranno nelle nostre avventure, interagendo continuamente con noi e il mondo di gioco, e affiancandoci in battaglia.

Prima di essere finalmente catapultati nel mondo di gioco dovremo ovviamente scegliere una delle 4 classi (o vocazioni) disponibili sia per noi che per la nostra pedina principale, sarà poi possibile sbloccarne altre 6 durante l’avventura, per comprendere come il differente funzionamento delle vocazioni in Dragon’s Dogma 2 si inserisca nel sistema di gioco bisogna addentrarsi nelle meccaniche del combat design, il “compartimento” che prima di tutti ci presenta la convivenza tra originalità e passato che contraddistingue il titolo. Sia fuori che in combattimento controlleremo esclusivamente l’Arisen, potendo chiedere alle nostre pedine soltanto di attaccare il nemico, di fermarsi, di aiutarci o di raggiungerci, e, in funzione della vocazione scelta, avremo a disposizione solo alcune azioni che non consumeranno la nostra stamina, che spesso si dividono in attacco leggero e azione di supporto, più un aiuto che una soluzione, tenendo però premuto L1 potremo accedere alla ruota della abilità, reali protagoniste del campo di battaglia, spaziando dai potenti incantesimi di un mago ai letali fendenti di un guerriero, al prezzo di una percentuale della nostra stamina, ci permetteranno di dominare lo scontro, invitandoci costantemente a provare nuove combinazioni di utilizzo, sempre con un occhio rivolto ai tempi di recupero, perché terminare la stamina ci renderà esausti e quindi facili prede per il nemico, non potendo compiere nessuna azione per alcuni secondi. Persino il parry e la schivata sono meccaniche legate a specifiche classi, segno evidente che Hideaki Itsuno abbia voluto mantenere forte la componente RPG, una tipologia di RPG che ci ricorda i cooldown di un MMORPG, rinfrescato però da una buona fluidità per quanto riguarda i movimenti delle classi più agili e dall’utilizzo di una barra di stamina anziché del classico conto alla rovescia, sacrificando l’azione a vantaggio di un approccio più strategico, e di conseguenza meccanico. Il feedback dei colpi sui bersagli di fendenti e magie è ottimo e i nemici di grandi dimensioni reagiranno a determinate soglie di danno in diversi modi, aiutando l’immersione e restituendoci l’impressione che l’epica impresa sostenuta fino a quel momento abbia avuto reale effetto, inoltre, come nel precedente capitolo, è possibile arrampicarsi su di essi per raggiungere e colpire i loro punti deboli. A valle degli indiscussi pregi, il corpo a corpo pecca dell’assenza di un agganciamento del bersaglio, mancanza ingiustificata e incomprensibile che rende confusionario e casuale in molte occasioni un corpo a corpo già reso poco leggibile dalla quantità di magie ed effetti a schermo. Anche il level-up system in Dragon’s Dogma 2 è peculiare, sia l’Arisen che la nostra pedina principale acquisendo punti esperienza progrediranno contemporaneamente in due percorsi paralleli: il livello generale, che aumenta le statistiche di base, e il livello di vocazione, che permette di sbloccare e potenziare abilità passive e attive. Rispetto al livello generale, raggiungere il massimo livello di una vocazione è piuttosto facile, questo perché anche la sperimentazione e la progressione delle altre vocazioni sono componenti essenziali delle meccaniche di gioco, è infatti possibile cambiare vocazione senza limitazioni, semplicemente parlando con uno specifico NPC. Dopo poche ore di gioco diviene lampante che sia la somma delle parti a rendere appagante il gameplay, unico componente realmente sandbox dell’esperienza di gioco, se si vuole godere a pieno del titolo bisogna quindi abbandonare ogni preconcetto e tuffarsi in questa cesta piena di giocattoli da scartare, studiare e schierare in campo, se dopo un po’ ci si annoia di una vocazione si passa a quella successiva, barattando un bastone magico con uno spadone senza farsi troppe domande, e potenzialmente facendo lievitare le circa 30 ore di gioco, necessarie al completamento della quest principale, fino a sfondare la soglia delle 100, in base a quante vocazioni si vogliano sperimentare.

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