STEAM: Battlefield 6: la recensione

Forse valeva la pena aspettare 10 anni.

THE OUTER WORLD – Benvenuti a un nuovo appuntamento dedicato alla nostra rubrica intitolata “The Outer World”, una finestra nuova per Switchitalia, con vista sui mondi videoludici che si espandono fuori dalle consuete e familiari mura dell’universo Nintendo. Se volete più dettagli sulla nostra iniziativa, vi rimandiamo all’articolo introduttivo con cui ve la presentiamo, sospinti dalla curiosità esplorativa tipica degli amanti dei videogiochi. È finalmente giunto il giorno di un grande ritorno, il ritorno di una serie che aveva perso la memoria, la sua anima e, di conseguenza, il suo pubblico. Battlefield è di nuovo tra noi!

Non dovrebbe esserci bisogno di presentare la celebre serie sviluppata da Dice e pubblicata da EA nell’arco di un ventennio, ma per chi avesse atteso l’uscita dell’ultimo capitolo sotto a un sasso, spiego brevemente di cosa si tratti. Battlefield è un multiplayer FPS che deve la sua unicità all’approccio sandbox. Per capire cosa intenda immaginate una vasta mappa di gioco che sfuma dal deserto a strutture industriali, il vostro obiettivo è controllare dei punti chiave e difenderli dal nemico con ogni mezzo disponibile, potendo fare affidamento ad esempio su una buona selezione di mezzi, da combattimento e da trasporto, sfruttando la distruttibilità ambientale, che da la possibilità ai giocatori di alterare il campo di battaglia, rendendo unica ogni partita, e, ovviamente, equipaggiando armi e gadget del ricco arsenale di ogni classe di soldato (assalto, geniere, supporto e cecchino), il tutto immerso in un motore fisico che rende l’esperienza più concreta, dal lancio in paracadute alla parabola dei proiettili. Questo è Battlefield in due parole, ma parliamo di una serie ben più profonda e sfaccettata nelle sue meccaniche di gioco, ogni pezzo della scacchiera permette al giocatore di perdersi in nuove esperienze, come imparare a pilotare un elicottero o prendere confidenza con la discesa del colpo del nuovo fucile da cecchino sbloccato, con margine per centinaia di ore di gioco, molto diverse tra loro.

Purtroppo la serie ha avuto alti e bassi. Battlefield Bad Company 2 si può definire senza troppo indugio il capitolo che ha aperto l’epoca d’oro di Dice, di cui fanno sicuramente parte anche i capitoli successivi: Battlefield 3 e Battlefield 4. Come Bad Company 2, i sequel mettevano in scena conflitti ambientati nel presente, mostrando però qualcosa in più, una grafica impensabile per un videogioco multiplayer, una cura per la spettacolarità e il colpo d’occhio che nessun’altra software house sarebbe mai riuscita ad eguagliare. Il Frostbite engine di Dice avrebbe fatto parlare di sé per gli anni a venire. Subito dopo, Battlefield 1 sorprese tutti, in primo luogo per via del periodo storico scelto, la prima guerra mondiale, in secondo luogo per la capacità di Dice di far immergere i giocatori fino al punto che per capire davvero l’unico modo è provare. Tanto per cominciare, visivamente era una gioia per gli occhi, dal fango che sporcava il nostro soldato e il nostro fucile se ci rotolavamo a terra, al dirigibile che precipitando distruggeva qualsiasi cosa sotto di sé, tutto il lavoro portato avanti nei precedenti capitoli era stato esaltato alla massima potenza. La fan base però mormorava, seppur contenta dell’ottimo lavoro, in tanti si chiedevano quando avrebbero di nuovo potuto abbattere un elicottero con un RPG. Purtroppo Dice e EA non seppero ascoltare e il capitolo successivo fu Battlefield V, ambientato durante la seconda guerra mondiale, funestato da una comunicazione al pubblico fallimentare e da un Life Service che esplose in mano a developer e publisher. Con Battlefield 2042 probabilmente si voleva riparare al flop di BFV, ma si concluse con un buco nell’acqua ancor maggiore, a causa di moltissime ragioni, ma sicuramente per l’ambientazione futuristica, che non convinse i fan, per la nuova modalità a 128 giocatori (anziché 64), per l’impoverimento grafico e per l’assenza quasi totale della celebre distruttibilità ambientale, marchio di fabbrica del brand. Rinunce dovute probabilmente all’ampio numero di giocatori presenti contemporaneamente nello stesso match, un elemento che da solo ha causato una buona parte dell’insoddisfazione del pubblico (mappe inutilmente grandi e difficili da navigare, sbilanciamento mezzi-fanteria, game flow inconsistente.. e molto altro ancora). T

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Battlefield 6 era probabilmente per Dice (oggi Battlefield Studios) l’ultima cartuccia da sparare e sembrerebbe che siano stati messi nella migliore condizione possibile da EA, perché il risultato racconta un budget importante ed è una bella lettera d’amore ai fan di vecchia data. Eccoci infatti di nuovo alle prese con un’ambientazione contemporanea che ci porterà a combattere persino tra le strade di Manhattan, accompagnati dalle atmosfere di Battlefield 3 e da un Frostbite engine agghindato per l’occasione. Battlefield 6 ha avuto il lancio migliore della serie, con oltre 7 milioni di copie vendute e un picco massimo di oltre 700000 utenti connessi simultaneamente. Sporadici glitch a parte, parliamo di un lancio solido anche in termini di stabilità dell’app e dei server. Ottima persino l’offerta, con 9 mappe giocabili e 45 armi, a cui poi si aggiungono i mezzi di terra e d’aria. Unico neo, nemmeno troppo piccolo, i requisiti di sblocco sembrano tarati per un gioco free to play, lunghi e noiosi nella maggior parte dei casi, praticamente impossibili in altri, a meno di non voler sacrificare tempo e divertimento in modo davvero consistente. Si spera in una rettifica a breve. 

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