Xenoblade Chronicles DE: la recensione

Xenoblade Chronicles, ma in versione Definitiva: occorre altro per convincervi a spendere un centinaio di ore della vostra vita attaccati alla Switch?

Era l’ormai lontanissimo 2007 quando Nintendo, quasi in sordina rispetto a tutto il tam tam mediatico che circondava il lancio e i diversi progetti attorno al Wii, acquisì un team da Bandai-Namco: si trattava di Monolith Soft. che era al lavoro in quel momento a un action particolare e fuori dagli schemi, in esclusiva per la home console della casa di Kyoto (Disaster: Day of Crisis). Quel gruppo di sviluppatori si era reso però famoso negli anni per i propri titoli “JRPG“, un segmento di lineup poco coperto dalle produzioni interne dei team di Nintendo, pertanto erano in molti ad augurarsi di poter assaporare al più presto qualcosa di inedito sotto questo punto di vista. E, sempre piuttosto in sordina (a partire dalla stessa Nintendo, che lo presentò “off the records” rispetto alla pompa magna della conferenza E3 e si rifiutò persino di distribuirlo ufficialmente in America, scatenando le proteste dell’Operazione Rainfall che includeva anche The Last Story e Pandora’s Tower) effettivamente un JRPG arrivò, ed era pronto a sconvolgere le basi stesse dell’offerta di Nintendo. Si trattava proprio di Xenoblade Chronicles (allora conosciuto come “Monado”), capace di rivoluzionare la concezione di JRPG in ottica open world, nonché la gestione interna del portafoglio prodotti della casa di Kyoto. Da allora, infatti, il team di Takahashi e soci ha visto una continua espansione in termini di personale interno e un ruolo sempre più centrale negli sviluppi software del colosso giapponese: sia dal punto di vista della centralità dei progetti spontanei (con Xenoblade Chronicles X in prima fila della lineup di Wii UXenoblade Chronicles 2 e Torna come elementi cardini dell’offerta di Switch) che in fase di supporto dei titoli importanti della grande N (collaborando a moltissime delle produzioni fondamentali di Nintendo, da Zelda a Mario Kart, passando per Animal Crossing). Ed ecco così che, dall’essere boicottando persino internamente al suo esordio, oggi Xenoblade Chronicles diventa la punta di diamante dei primi mesi dell’anno 2020 per Switch, con la sue Definitive Edition, l’edizione limitata con tanto di vinile e un corposo addendum a completare l’opera anche per gli appassionati di vecchia data. Uno sguardo al passato, quindi, per gettare un ponte sul futuro della serie, del team di sviluppo e dell’amore di noi appassionati a queste meravigliose produzioni videoludiche.

Fatta questa dovuta premessa, cos’è Xenoblade Chronicles? Trattasi di un gioco di ruolo giapponese che mischia numerosi elementi classici (come la creazione di un party, la crescita dei personaggi, nemici di livello crescente e boss particolarmente ostici) a numerosi crismi di modernità, legati in particolare a due aspetti: il sistema di combattimento e la costruzione del mondo di gioco. Il primo mutua alcuni aspetti dai MMORPG più famosi, ma inserendoli in un contesto tutto particolare: una volta avvicinati gli avversari, sempre visibili sul campo di battaglia e in molti casi anche evitabili, qualora preferissimo continuare a spostarci sulla mappa anziché ingaggiare una lotta, entreremo nella fase di combattimento (il tutto in tempo reale, senza caricamenti di sorta); in questa modalità, i nostri guerrieri (compreso l’avatar che controlliamo direttamente) inizieranno ad infliggere danni in maniera automatica con gli attacchi di base al mostro preso di mira, caricando altre mosse ad ogni colpo portato a termine. A quel punto, potremo selezionare tra diverse azioni posizionate lungo una barra nella parte bassa dello schermo quale vogliamo mandare a segno, calcolando diversi fattori in gioco: la nostra posizione rispetto al nemico, il suo “stato”, piuttosto che la necessità di intervenire appannaggio dei nostri alleati. Una volta utilizzata, ciascuna mossa necessiterà di un determinato lasso di tempo per tornare disponibile, spingendoci così ad osservare anche quelle restanti a nostra disposizione, tra le quali anche quella “centrale”, solitamente la più potente del nostro armamentario. Ciascun personaggio ha a disposizione svariate possibilità, piuttosto ben differenziate, e ne potrà anche apprendere di nuove progredendo lungo l’avventura pertanto risulterà fondamentale creare strategicamente un party ben bilanciato non solo in termini di statistiche iniziali, ma anche sotto il punto di vista della “Arti”. Più facile a farsi che a dirsi, soprattutto in questa versione riveduta e corretta, dove utilissimi punti esclamativi metteranno in bella evidenza le mosse più efficaci in ciascun frangente della lotta, aiutando non poco la lettura di una interfaccia utente ricchissima e, potenzialmente, un po’ straniante.

Xenoblade Chronicles Definitive Edition: approfondiamo il combat system

Xenoblade Chronicles: Definitive Edition review - GodisaGeek.comL’altro aspetto che caratterizza l’opera di Takahashi è poi quello legato al mondo di gioco. Da un lato, i due titani che costituiscono il mondo in sé sono senza dubbio affascinanti e carismatici, ma quello che stupisce ancora oggi è soprattutto la trasposizione delle loro strutture in termini prettamente di level design. Dungeon e overworld? Non sia mai: in Xenoblade il concetto di open world incontra quello di gioco di ruolo, mettendovi davanti spazi enormi e pienamente esplorabili. La vastità delle aree è semplicemente impressionante, se si pensa come questo titolo girasse originariamente su Wii, ma non ha perso fascino nemmeno oggi, a dieci anni e più di distanza. Tutto quanto è connesso e interconnesso, lasciando che sia sostanzialmente solo il livello della nostra forza (in rapporto a quello degli animali selvatici o dei nemici meccanizzati che vivono in queste lande) a determinare quali zone siano esplorabili o meno. La famosa frase riferita a Zelda Breath of the Wild – “La vedi quella montagna là in fondo? Puoi raggiungerne la cima, se vuoi” – trae profonda ispirazione proprio da Xenoblade Chronicles (tanto che non a caso proprio Monolith Soft. è stata chiamata dagli studi centrali di Kyoto per supportare lo sviluppo delle ultime fatiche di Link) e ancor più che nel seguito diretto Xenoblade Chronicles 2 (che nascondeva i tempi di caricamento delle sue pur vastissime aree di gioco dietro la “scusa” narrativa dei Titani volanti) è proprio nel capostipite della serie che troviamo la massima espressione di questo concetto di universo di gioco “reale e verosimile” (surclassato, grazie al suo incredibile senso di esplorazione anche verticale, legata agli Skell, soltanto dallo spin off per Wii U Xenoblade Chronicles X). Un concetto che resta ovviamente intatto anche in questa edizione riveduta e corretta, dove per altro non mancano anche diverse aggiunte e migliorie. Scopriamo quali.

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