Xenoblade Chronicles DE: la recensione

Xenoblade Chronicles, ma in versione Definitiva: occorre altro per convincervi a spendere un centinaio di ore della vostra vita attaccati alla Switch?

L’opera prima di questo talentuoso team di sviluppo si ripropone su Switch in maniera molto fedele all’originale, ma allo stesso tempo offrendo svariati passi avanti sotto diversi punti di vista. Innanzitutto, ovviamente quello tecnico e grafico: il gioco non si limita ad aggiornare la risoluzione (dinamica ma per lo più attorno ai 540p in modalità portatile e a 720p su schermo TV), aggiornando i contenuti per i più moderni schermi a nostra disposizione rispetto all’epoca, ma ne migliora anche il framerate (sostanzialmente quasi sempre solido a 30fps, in entrambe le modalità di fruizione) e in generale l’impatto visivo. Moltissimi elementi sono infatti stati rifatti completamente, aumentandone il polycount e rendendoli molto più puliti, dettagliati e completi. Il trattamento è stato riservato in particolare ai modelli dei personaggi principali, sia protagonisti che antagonisti, ma in realtà moltissime bestie erranti e moltissimi NPC risultano in ogni caso ben più che ritoccati. Una sorte simile, anche se meno rifinita, è stata riservata anche ad alcune delle aree di gioco, laddove il lavoro più generale è stato focalizzato sul miglioramento delle texture. Non ultimo, il sistema di illuminazione, presente e piuttosto moderno e convincente, capace di restituire una sensazione ancora più immersiva in particolare per quanto riguarda il ciclo giorno-notte. L’occhio vuole la sua parte, ma anche l’orecchio, per cui ecco arrivare anche una OST completamente riarrangiata e orchestrata, capace di restituire una sensazione al contempo familiare ma nuova ai motivi classici del primo capitolo. E per gli amanti dell’originale, non temete: è disponibile anche la versione di allora, dell’accompagnamento sonoro! Insomma, il versante tecnico mette questa opera a metà strada tra un remake e una semplice remaster, regalandoci una versione più che godibile delle meraviglie frutto della fantasia degli sviluppatori, in linea non soltanto con il seguito, ma con la sua espansione (Torna: The Goden Country), che forniva lievi migliorie al motore grafico dell’episodio main.

Non poche sono poi le novità offerte sotto il profilo della “qualità della vita” per il fruitore, nota non di poco conto per una produzione così titanica anche sul versante della vastità e della complessità dei contenuti; una delle critiche infatti che veniva mossa all’originale era legata alla complessità del sistema di combattimento e conseguente livello di difficoltà (poiché se era vero che le macro dinamiche di lotta erano chiaramente sufficienti per una progressione graduale dell’esplorazione del mondo di gioco, non altrettanto si poteva dire per alcuni scontri-boss, per altro chiaramente obbligatori per gli snodi narrativi dell’epopea di Takahashi & co.) e il team di sviluppo è andato incontro al giocatore medio in particolare con due aggiunte: da un lato esiste la possibilità di attivare una modalità “casual“, che sostanzialmente rende tutto quanto più facile in termini di rapporti di forza e statistiche di combattimento, riducendo per altro il range di “visibilità” di nostri personaggi nelle fasi di esplorazione da parte dei mostri erranti (e conseguentemente abbattendo la frequenza degli scontri) e dall’altro sono stati aggiunti segnali visivi che evidenziano in maniera inequivocabile quale tra le nostre “Arti” attive sia la migliore da utilizzare in tempo reale durante uno scontro. Inoltre, è stato reso molto più snello, semplice e chiaro anche l’albero delle affinità tra i lottatori del nostro party, in modo da riuscire a migliorare i rapporti di “alleanza” sul campo di battaglia in maniera più rapida ed efficace. Il tutto senza dimenticare un altro elemento fortemente criticato una decina di anni fa e cioè la gestione degli obiettivi e delle missioni. Vuoi per la messa in rilievo degli elementi necessari a completare tali richieste da parte degli NPC o delle missioni principali della storia nel vastissimo mondo di gioco, vuoi per una gestione che definiremmo quasi ottimale della mappa (sia la mini mappa sempre visibile che quella richiamabile a piacere da parte del giocatore, sia in sovraimpressione rispetto alle normali immagini di gioco che nel suo menu specifico) orientarsi su Bionis o Mechonis in questa versione “definitiva” dell’opera magna dei Monolith Soft. è molto più gestibile, se non addirittura piacevole. L’insieme di tutti questi aspetti rende il titolo semplicemente molto più fruibile, migliorando nettamente l’esperienza di gioco.

XENOBLADE CHRONICLES: ECCO I NUOVI SCREENSHOT

Ma non è tutto: con un’operazione che diremmo semplicemente perfetta, il team ha deciso di rendere appetibile questa riproposizione anche agli appassionati di vecchia data non soltanto attraverso la cosmesi estetica e la modernizzazione delle interfacce di gioco, ma anche grazie a una porzione di storia del tutto inedita. Cosa ancor più importante calcolando la natura di questa operazione, il nuovo capitolo è accessibile come fosse un titolo separato sin dallo schermo iniziale di gioco, un po’ come se Torna: The Golden Country fosse contenuto in Xenoblade Chronicles 2 in versione base. Questo nuovo arco narrativo si svolge un anno dopo le avventure raccontate nel gioco base (pertanto consigliamo a tutti coloro che non avessero mai ancora provato il racconto originario di procedere in rigoroso ordine cronologico) e vede come protagonisti principali Shulk e Melia, in viaggio (ovviamente travagliato) verso la capitale Alcamoth. Senza entrare in ulteriori dettagli della trama, possiamo però confermare alcuni punti piuttosto significativi di questa aggiunta, ben più che gradita soprattutto a chi, come noi, avesse già affrontato le (minimo) 90 ore di gioco dell’avventura principale: vediamoli con ordine.

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