Crisis Core – Final Fantasy VII Reunion: la recensione

Il prequel del Final Fantasy più famoso di sempre torna su Switch, tirato a lucido e più in forma che mai

Il rapporto tra Final Fantasy VII e Nintendo è uno tra i più affascinanti della storia dei videogame, senza ombra di dubbio. Per capirlo fino in fondo bisogna tornare indietro davvero di tanti anni, rivivendo l’epocale passaggio dalle console 2D ai primi passi dei giochi poligonali, con l’introduzione del 3D nell’intrattenimento digitale casalingo. Parliamo dell’era in cui Nintendo primeggiava sulla concorrenza grazie al successo del Nintendo Entertainment System prima e del Super Nintendo poi, soprattutto in patria, tanto da comandare a bacchetta moltissime terze parti, con contratti fortemente vincolanti e politiche commerciali da leader di mercato privo di scrupoli. Un’azienda con precise strategie tanto sul versante software quanto sotto il profilo hardware, da sempre orientato al compromesso tra componenti funzionali e tecnologie rodate, mirando a fornire prodotti in grado di generare guadagni per il Gruppo, oltre che divertimento per il fruitore. Un insieme di fattori che in quei tempi lontani, quando la casa di Kyoto stava perfezionando le caratteristiche di calcolo del Nintendo64, creò non pochi attriti soprattutto con alcuni team particolarmente ambiziosi sotto il profilo prettamente grafico, come l’importante SquareSoft, proprietaria di uno dei brand più rilevanti del mercato giapponese: quel Final Fantasy capace di registrare milioni e milioni di copie anche nel solo Sol Levante e che nell’epoca del passaggio alla tridimensionalità spingeva verso l’utilizzo del supporto CD, a discapito delle consuete cartucce. Non tanto per elementi di gioco, quanto per poter contenere numerosi filmati audiovisivi, nuova chimera di un intrattenimento indirizzato in ambito cinematografico, ancor prima che ludico: vade retro! Fedele a un imprinting intatto sino ai giorni nostri e che da allora si è anzi addirittura inasprito come allontanamento dalla corsa puramente grafica intrapresa tanto dalla concorrenza quanto dalle terze parti, Nintendo rifiutò di cambiare I propri piani in merito al supporto ottico della console e questo favorì una vera e propria diaspora da parte dei collaboratori esterni all’azienda.

Sul mercato, infatti, stava per affacciarsi un nuovo attore: un concorrente diretto, con un business model antitetico proprio a quello dell’autoritaria Grande N, improntato alla partnership assoluta con le terze parti, grazie a condizioni di supporto tecnico e concessioni economiche impensabili fino a quel momento, con kit di sviluppo hardware condivisi sin dalle fasi di pianificazione, una lineup first party secondaria persino in termini di marketing e disponibilità di sperimentazioni tecnologiche all’avanguardia. Trattasi ovviamente di Sony, che con PlayStation era intenzionata ad accaparrarsi il panorama delle terze parti in maniera assoluta, offrendo uno scenario fortemente attrattivo per tutti quei team di sviluppo ormai stanchi sia delle vessazioni commerciali, che della tradizionale struttura hardware di Nintendo. Senza contare quanto ingombrante fosse la lineup di giochi sviluppata direttamente dalla casa di Kyoto, sempre pronta ad offuscare intitola altrui, vuoi per qualità, vuoi per (meritata) nomea. Ed ecco così che, attratta dal supporto ottico dei CD, dell’estrema apertura di Sony nel promuovere brand altrui e dell’effettiva capacità di calcolo in ambito poligonale della nuova console, SquareSoft decide l’impensabile: sviluppare il nuovo capitolo dell’amata saga di Final Fantasy in esclusiva per PlayStation, abbandonando la nave di Nintendo per la prima volta nella sua storia. L’episodio VII diventa allora icona di una nuova era, una vera e propria rivoluzione che sposterà gli equilibri nell’ambito dell’intrattenimento digitale casalingo in via definitiva, per almeno due intere generazioni di hardware, stringendo un connubio di grande successo: Final Fantasy diventa simbolo del marchio PlayStation in tutto il mondo, e viceversa.

Da allora il solco si è allargato, diventando più profondo generazione dopo generazione, come ampiamente testimoniato dalla dicotomia di tipologia di offerta rappresentata proprio dalla versione originale del titolo che andiamo oggi ad analizzare. Se guardiamo indietro ai tempi di Nintendo DS e PlayStation Portable, infatti, è proprio nell’approccio cinematografico, action e fortemente orientato a uno specifico target di riferimento (fatto da giovani adolescenti maschi) che le produzioni di Square-Enix (e molte altre case di sviluppo, in particolari giapponesi) si concentrano, quando si tratta di supportare il primo hardware portatile a marchio Sony. Il tutto contrapposto invece alle dinamiche più sperimentali, fortemente mordi&fuggi e con l’aspirazione di coinvolgere una fetta di mercato molto più ampia (dai più piccoli agli adulti) che hanno caratterizzato invece l’handheld a due schermi della casa di Kyoto. L’interfaccia touch contrapposta alle dinamiche da home console riproposte su hardware dalle dimensioni più contenute è icona di due filosofie agli antipodi, ironicamente rappresentate ancora una volta anche dalle diverse scelte operate in chiave di supporto ottico: le care vecchie cartucce per il Nintendo DS e l’arzigogolato sistema UMD inventato da Sony per la PSP. Un flusso di pensiero, o di approccio strategico al mercato, figlio di tempi antichi e ancora oggi fortemente radicato nell’industria, per quanto l’enorme successo di Switch (tanto in Giappone, dopo sostanzialmente rappresenta la quasi totalità del mercato delle console tradizionali) e soprattutto la sua rivoluzione ibrida (in grado di superare gli antecedenti confini tra settore casalingo e settore portatile dell’intrattenimento digitale interattivo) stiano cambiano la forma mentis e il modus operandi di tantissime realtà di programmazione. Mai come su Switch, infatti, il supporto delle piccole e medie case di sviluppo giapponesi è stato così indirizzato verso il marchio Nintendo, dai tempi del GameBoy e del Super Nintendo, con tantissimi brand nati nell’era post-Sony che ora guardano con interesse quantomeno a uno sviluppo multipiattaforma che includa anche la console a marchio Grande N, se non addirittura con produzioni in esclusiva (temporale o assoluta), dedicati all’hardware ibrido della casa di Kyoto. Dinamiche pluridecennali ovviamente non possono variare nell’arco di pochi mesi, ma una nuova direzione è chiaramente stata intrapresa e la sua progettualità molto probabilmente darà i suoi frutti più maturi nell’arco della prossima generazione hardware di Nintendo, a patto che lo sviluppatore giapponese decida (contrariamente a quanto fatto spesso in passato) di muoversi in continuità anche con il successore di Switch, in termini di concept di prodotto, avanguardia hardware, condivisione informativa con i partner più importanti e via discorrendo…Un cambiamento che è in ogni caso in atto, sotto gli occhi di tutti, simbolicamente rappresentato proprio anche da Final Fantasy VII, sotto forma di Crisis Core – Reunion.

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Commenti 1

  1. Serpex says:

    Aspetto uno sconto, non perché non mi interessi (tutt’altro, non vedo l’ora di giocarlo), ma perché ho titoli in arretrato da chiudere. So già che non lo giocherei, se lo prendessi ora.

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