Devil Inside Us: Roots of Evil: la recensione

Avete mai vestito i panni di un anziano esorcista, deciso a scacciare il male da ogni anfratto in cui si nasconda? Beh, c'è sempre una prima volta...ma attenzione! Potrebbe anche essere l'ultima..!

Inutile negare come l’orrore e la paura continuino da sempre a esercitare il loro misterioso fascino sull’uomo sotto molte forme, anche legate all’intrattenimento: sia esso letterario, cinematografico o videoludico, questo genere di attrattiva è rimasta un punto fermo nella nostra storia, attraverso forme diverse che hanno semplicemente seguito l’evoluzione tecnologica e dei costumi, continuando però ad accompagnarci nel nostro viaggio di vita e, inevitabilmente, di morte. Discorsi complessi, ma in fondo tanto sociali quanto antropologici, vicini al nostro stesso modo di essere e di concepire il mondo, con proiezioni rituali che ci aiutino a visualizzare, iconograficamente, le nostre più recondite paure al fine di esorcizzale. Sarà quindi forse per questo che anche lo scenario di sviluppo indipendente, cui tanto siamo affezionati, si esercita spesso e volentieri nella messa a schermo di demoni, di mostri, di decessi ed uccisioni di varia foggia e natura, con il nostro avatar sempre al centro di disavventure atte a salvare se stesso e, possibilmente, i proprio cari. Oppure il mondo intero, ovviamente! Ed è in questo filone di esorcismi che, letteralmente, si inserisce l’opera che oggi analizziamo per voi.

August Heylel, sacerdote dotato di capacità medianiche ed esorcista acclamato dal Vaticano, si ritrova immerso in un viaggio impegnativo quando racconta, in una lettera, la missione più terrificante della sua lunga vita: il caso “Radici del Male”, iniziato nel 1984…La sua iniziale missione era indagare su una residenza afflitta da manifestazioni paranormali, ma presto si rese conto che il problema era infinitamente più profondo di quanto le sue previsioni potessero cogliere. Questo caso intrigante ha perseguitato Aughust per più di 30 anni, e ora il è arrivato il momento cruciale per risolverlo. I presupposti narrativi appaiono intriganti, tanto che spiace come la sceneggiatura in-game tenda a sminuire gli snodi narrativi, quantomeno in fase iniziale: il titolo infatti inizia senza preamboli, gettandovi letteralmente nell’oscurità, tanto ambientale quanto contestuale, lasciando che il canovaccio si dipani solo progressivamente lungo il cammino. Non necessariamente una scelta di registro sbagliata, ma la sensazione è che avrebbe senza dubbio giovato al coinvolgimento del fruitore inserirlo in un world building più esplicito in fase di avvio, per catturare meglio la sua curiosità. Perseverate, comunque, perché man mano che sarete in grado di farvi strada tra ambienti bui e segreti nascosti, ne rimarrete senza dubbio maggiormente affascinati.

La struttura del gioco è sostanzialmente esplorativa e in prima persona, lungo ambienti non molto ampi ma spesso ricchi di elementi interattivi. Accompagnati da una onnipresente oscurità, a dirla tutta persino eccessiva visto quanto in più di una circostanza finisca per intralciare le fasi di orientamento e la ricerca degli oggetti ambientali, dovrete indagare tra documenti e accessori per scoprire la verità nascosta dentro al mistero narrativo, capire come proseguire sbloccando stanze o capitoli della trama e via discorrendo, il tutto condito e sorretto dal particolare twist pensato dal team di programmazione. Il titolo infatti si innesta interamente sulle difficoltà di deambulazione dell’anziano protagonista (un prete esorcista di 74 anni) ma al contempo sulle sue potenti facoltà medianiche.

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