Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon: la recensione

La strega di Umbra non è sempre stata tale: scopriamo l'origine dei suoi poteri, in un'avventura poetica e misteriosa

Sì perché se lo scheletro di gioco richiama davvero Okami, con fasi di esplorazione ambientale con tanto di piccoli enigmi di interazione atti ad aprire sempre più i percorsi da compiere governando i nostri personaggi, alternati a momenti di battaglia in cui entrare in conflitto con esseri e creature fatate di questa misteriosa foresta, in un contesto estetico prevalentemente pittorico, è altrettanto vero che Bayonetta Origins sa differenziarsi in maniera netta sotto il profilo del sistema di controllo (per altro fortemente e intrinsecamente legato alle due macro-fasi di gioco sopra descritte). Seguendo le (lente, va ammesso) orme di un (lungo, va ammesso) tutorial, gli sviluppatori vi accompagneranno prendendovi per mano nell’illustrare quanto segue: l’intera periferica sinistra è dedicata agli input da trasmettere alla giovane ragazza che, spostandosi con la leva analogica o agendo attraverso la semplice e intuitiva combinazione di tasti dorsali o frontali della stessa mano, potrà muoversi lungo gli scenari o attivare diverse magie capaci di differenti esiti a seconda del contesto. L’esecuzione delle mosse, infatti, segue sempre uno schema semplice, che prevede al massimo il coordinamento della leva e di un tasto, mentre il fine e la conseguenza delle vostre azioni sarà determinata dalla scena: se sarete di fronte a un nemico da ingabbiare con una maglia di rovi acuminati, questo sarà il risultato dell’utilizzo del tasto dorsale ZL; se invece dovrete evocare una magia per far crescere delle piante, in modo da creare un nuovo percorso, la pressione dello stesso tasto darà vita a un alone magico, lungo il cui perimetro andare a spostare la leva analogica sinistra con il giusto tempismo, per generare l’incantesimo prestabilito dal contesto. Allo stesso modo, Cheshire sarà invece governato dal JoyCon destro, con la leva analogica adibita al suo spostamento nelle arene di combattimento e il dorsale ZR dedicato ai suoi potenti attacchi. Per spostarvi lungo i vari percorsi sarà necessario utilizzare entrambe le leve analogiche (e questo movimento parallelo sarà forse il più difficile a cui abituarsi, tra le varie opzioni a vostra disposizione), laddove ritrovandovi nella stessa area di una sfida, sarà fondamentale coordinare al meglio le evocazioni con gli attacchi, le trappole con le schivate, gestendo ciascun personaggio al meglio delle proprie possibilità di azione e interazione. Chiunque abbia avuto modo di provare la demo avrà già avuto occasione di testare questo bizzarro impianto di interfaccia che, preme confermarlo, verrà assimilato piuttosto in fretta, essendo tutto il game design e il level design ricamato attorno a questo concetto centrale di controllo e interazione, aprendo anche le porte a una giocabilità multiplayer locale talmente inaspettata da non essere nemmeno stata pubblicizzata in fase promozionale ma, sorprendentemente, davvero funzionale e appagante.

Appagante come il colpo d’occhio, semplicemente sublime nella sua carica poetica. Come in Okami (ancora una volta) l’ispirazione è pittorica, con un filtro di toon shading arricchito in molti frangenti da un effetto tratteggio, mutuato in qualche modo dall’opera strategica di SEGA che va sotto il nome di Valkyria Chronicles, altrimenti visibile ma in maniera meno invasiva per facilitare la lettura degli ambienti durante le fasi più concitate. Ma non solo: outline in neretto e forme geometriche spezzate, accompagnate da colori vivaci, riportano alla mente anche la forma artistica del mosaico, ripresa in particolare dalle architetture religiose di stampo europeo. La qualità dell’immagine, dettata anche dall’ottima gestione della risoluzione, è affascinante, anche in modalità portatile. Il tutto è poi accompagnato da una fluidità costante, dove oltre al frame rate vanno lodate soprattutto le animazioni, in particolare per Bayonetta e Cheshire ovviamente (al centro tanto della scena quanto del progetto), semplicemente raffinate nella loro concatenazione, capace di restituire movimento sinuosi e un grande senso di padronanza, oltre che di messa in scena. In ultima analisi, oltre a confermare l’ottima implementazione dei JoyCon sopra descritta, preme evidenziare l’ottimo accompagnamento audio: ottimamente doppiato in inglese (e sottotitolato in italiano), il gioco riesce ad offrire una colonna sonora forse più fiabesca e meno aggressiva dei capitoli principali (considerazione che si può estendere al progetto nella sua interezza), ma allo stesso tempo assolutamente di livello, sotto il profilo della direzione artistica e della capacità di comunicazione diegetica che il team voleva esprimere con questa opera.

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La recensione

8 Il voto

Progetto volontariamente fuori dal consueto seminato, il titolo di Platinum Games offre un lato meno aggressivo e più poetico dell'universo di Bayonetta, altrettanto carico però sia di qualità artistica che di originalità ludica. Lo stile adottato, il sistema di controllo semplice ma innovativo, la narrazione e la colonna sonora: tutto compartecipa nella messa in scena di un'avventura a tratti onirica, capace di far sognare anche noi giocatori.

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