KINGDOM HEARTS Melody of Memory: la recensione

L'ouverture della serie targata Square Enix su Switch: buona composizione, ma con qualche nota stonata.

Se finora ne ho parlato piuttosto bene, cos’è allora che non mi ha convinto? Il problema non indifferente di non essere né carne, né pesce. Per intenderci, Melody of Memory non riesce ad avere il carisma e la rilevanza di un capitolo di Kingdom Hearts, una serie in cui è noto che tutti gli episodi sono canonici e non esiste spin-off che non sia rilevante ai fini della trama orizzontale. Ad intervalli più o meno regolari si sbloccano infatti dei video (per di più scattosi) in cui la voce fuori campo di Kairi – la protagonista femminile della serie – ripercorre la storia di Sora e compagni, raccontando in breve i punti salienti del complesso intreccio narrativo. Ma la sintesi necessariamente stringata è probabilmente il modo peggiore per un neofita di vivere la grande epopea che è Kingdom Hearts; mentre per i veterani è l’ennesimo riciclo di una storia che, bisogna ammetterlo, gli sviluppatori hanno cercato diverse volte di rendere “leggermente” ingarbugliata. E’ vero, alla fine della modalità avventura (che se giocata a fondo, vi durerà sulle 9 ore) è presente un epilogo con Kairi che funge da anticipazione per quello che sarà il futuro della serie, ma mezz’oretta di video non può valere la stessa soddisfazione di un capitolo tradizionale.

Allora prendiamolo semplicemente come un gioco musicale basato su musiche di ottima qualità. Peccato che anche su questo versante, il risultato è poco soddisfacente. Viene implementato una sorta di meccanica à la giochi di ruolo, con punti esperienza e statistiche dei personaggi, ma a parte la barra della salute, questi parametri sembrano non avere alcuna rilevanza in termini di gameplay. Così come la possibilità di cambiare fra quattro trii storici della serie, senza però che questo vada ad impattare se non meramente a livello estetico. C’è anche un sistema di elaborazione oggetti con i tanto cari Moguri: mettendo insieme diversi materiali ottenuti completando le canzoni in qualsiasi modalità, si possono creare pozioni e altri strumenti per le battaglie, oppure elementi collezionabili come figurine di Keyblade e personaggi. Un’aggiunta potenzialmente interessante, che però si rivela di nuovo essere più fumo che arrosto, messa lì soprattutto in nome di una vena completista che dovrebbe spingere a rigiocare all’infinito alle solite canzoni per avere tutte le figurine, per di più non particolarmente belle e in due versioni (oro e platino) IDENTICHE se non per qualche sberluccichio in più dello sfondo.

Il confronto con Theatrhythm è impietoso, sia sull’integrazione di elementi RPG (dove creare la propria squadra era una componente fondamentale per superare indenni certi livelli), ma anche per la varietà proposta. Praticamente tutti gli scenari sono costituiti dalle battaglie sul campo descritte sopra, intervallate sporadicamente da pochissime battaglie boss nelle quali alla differenza di visualizzazione non corrisponde poi più di tanto una differenza di gameplay. Certo, è carina l’idea di combattere alcuni boss iconici della serie in ambientazioni altrettanto iconiche, però se oltre ad essere poche sono pure praticamente identiche come meccaniche…

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Esiste anche una terza tipologia di brano denominata “tuffo musicale nella memoria”, nella quale sullo sfondo appare un montaggio di cutscene legate solitamente ad un personaggio, mentre in primo piano c’è il nostro avatar che si libra nell’aria, con noi che dobbiamo sempre premere gli stessi tasti delle altre modalità. Devo ammetterlo, vedere come un personaggio sia cambiato nell’aspetto fisico e nel carattere nel corso di un’intera saga, fa il suo effetto a livello emozionale, ma sul mero versante di gameplay, non aggiunge davvero niente. Altri “tuffi” invece ripropongono intere sequenze di gioco, ovvero riassuntoni non della trama orizzontale, bensì della sottotrama del singolo mondo Disney. Peccato che siano tutti concentrati nell’ultima parte di gioco, ovvero quella dedicata a KH3. Probabilmente dettata da una grafica più avanzata dal punto di vista tecnologico, questa scelta non fa che sbilanciare ancora di più la varietà di gameplay, oltre a far sembrare la sezione dedicata al terzo capitolo più che altro una succursale della Disney (con buona pace dell’intera scena di Let it go da Frozen ricreata al fotogramma).

Anche a livello di longevità, una volta terminata la campagna principale, ci sono pochi incentivi a passare molto altro tempo sulle note del gioco. Di nuovo, a differenza di Theatrhythm (sul quale ho passato più di 100 ore, pur non essendo un fanatico di Final Fantasy), se non si è interessati a completare ogni singola missione, non ci sono altre modalità se non quella Versus, anche questa riproposta praticamente identica dal gioco per 3DS. Bisogna sfidare un avversario (la CPU o un altro giocatore online) a chi riesce ad ottenere il punteggio più alto, lanciandosi a vicenda dei “trucchi” che modificano le condizioni di gioco, come ad esempio la comparsa di molteplici guide ritmiche fuorvianti, la sparizione o la comparsa dei nemici a pochi istanti dal comando ritmico corrispondente. Per quanto sia anche questo un riciclo dal 3DS, rimane comunque il modo più avvincente e variegato di rigiocare le tracce. E’ possibile sfidarsi anche in locale oppure giocare in modalità cooperativa (in due su un’unica console, fino a 7 collegandosi con altre console), ognuno controllando il suo personaggio su binari differenti.

Probabilmente potrebbero essere state le aspettative molto alte a pregiudicare la mia esperienza con Kingdom Hearts: Melody of Memory, ma se facciamo il confronto con la serie principale e i rhythm ‘n’ game sviluppati in passato da Indies Zero, l’esordio di KH su Switch non è certamente dei più brillanti. Gameplay poco ispirato, quel che c’è di buono mutuato per lo più da Theatrhythm, questa volta persino con una grafica che sembra presa direttamente dai capitoli per PS2. Pur rimanendo un titolo comunque valido, era lecito aspettarsi qualcosa di più. Sperando che questo sia solo un modo per Square Enix di tastare il terreno e capire se valga la pena far uscire qualcos’altro di Kingdom Hearts su console Nintendo. E speriamo che se mai quel giorno arriverà, sia tutt’altra musica.

La recensione

7 Il voto

Pur rimanendo un titolo comunque valido, era lecito aspettarsi qualcosa di più: gameplay poco ispirato, quel che c’è di buono mutuato per lo più da Theatrhythm. Sperando che questo sia solo un modo per Square Enix di tastare il terreno e capire se valga la pena far uscire qualcos’altro di Kingdom Hearts su console Nintendo.

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